Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.662 del 15/01/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15857-2019 proposto da:

R.E., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA ADRIANA 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BELCASTRO, rappresentato e difeso dagli avvocati DAVIDE BARILLA’, BEATRICE COLUCCIO;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempere, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CONSOLO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

A.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1373/2018 del TRIBUNALE di LOCRI, depositata l’08/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa GORGONI MARILENA.

RILEVATO

che:

R.E. ricorre per la cassazione della sentenza n. 1373/2018 del Tribunale di Locri, pubblicata l’88 novembre 2018, articolando tre motivi.

Resiste con controricorso Axa Assicurazioni SPA.

Il ricorrente espone in fatto di avere convenuto, dinanzi al Giudice di Pace di I.G., A.P. e Axa Assicurazioni, per sentirli condannare in solido al pagamento di Euro 2.598,00, per i danni materiali subiti dal proprio motociclo nell’incidente stradale causato da A.P..

L’impresa assicuratrice, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda. A.P. veniva dichiarata contumace.

Il Giudice di Pace di Locri, presso cui la causa veniva riassunta dopo la soppressione del Giudice di Pace di I.G., accoglieva parzialmente la domanda dell’attore, condannava i convenuti a corrispondergli la somma di Euro 1.229,00, oltre ad accessori, e compensava per metà le spese di lite e di CTU.

Il Tribunale di Locri, investito del gravame da R.E. – il quale lamentava la erroneità della motivazione della sentenza di prime cure in relazione all’applicazione dell’art. 2054 c.c. e l’erronea valutazione delle prove ex artt. 115 e 116 c.p.c. – rigettava l’appello, confermava integralmente la decisione di primo grado e condannava l’appellante al pagamento delle spese dell’appello.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in combinato disposto con l’art. 112 c.p.c. per omesso esame dei motivi di appello, avendo la sentenza gravata, in applicazione del principio tantum devolutum quantum appellatum, di cui all’art. 342 c.p.c., esaminato la decisione di prime cure solo sotto il profilo dell’attribuzione della pari responsabilità per il sinistro oggetto di causa, omettendo l’esame dei motivi di appello, costituiti: a) dalla dedotta violazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, là dove il Giudice di prime cure aveva ritenuto impossibile ascrivere la responsabilità del sinistro integralmente all’una o all’altra parte, disattendendo le emergenze processuali; b) dalla denuncia di omesso esame delle risultanze istruttorie, in particolare della CTU e delle prove testimoniali.

Secondo la ricostruzione prospettata, la sentenza mancherebbe di motivazione, essendo, per un verso, motivata per relationem alla sentenza di primo grado e, per l’altro, risultando talmente laconica da non consentire di appurare se fosse frutto dell’esame e della valutazione di infondatezza dei motivi di esame.

2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza gravata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5, in combinato disposto con l’art. 2054 c.c. e con l’art. 1227 c.c., per avere affermato che l’accertata responsabilità del conducente il veicolo antagonista non escludeva del tutto quella dell’odierno ricorrente, non avendo lo stesso dimostrato di avere fatto tutto il possibile per evitare il sinistro.

Secondo il ricorrente l’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno è a carico di chi ha cagionato un danno a terzi estranei, ma non può valere nel caso di scontro tra veicoli, perchè in tal caso su ciascun conducente grava l’onere di provare la colpa dell’altro.

Il Tribunale avrebbe erroneamente applicato l’art. 2054 c.c., ritenendo, come già la decisione di prime cure, che non fosse stato provato, da parte dell’odierno ricorrente, che egli avesse tenuto una condotta osservante dei dettati normativi – in particolare, non aveva tenuto una velocità consona allo stato dei luoghi – dopo avere accertato la condotta negligente, imprudente ed impedita da parte della conducente del veicolo antagonista.

3. Con il terzo motivo il ricorrente imputa al giudice a quo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 c.c. nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5, per avergli richiesto la prova di avere tenuto una condotta diligente, omettendo di valutare una serie di circostanze oggetto di discussione tra le parti e oggetto di riscontro: il punto di impatto tra il motociclo e l’autovettura, l’ottima visibilità, la ricostruzione della dinamica dell’incidente operata dai Carabinieri intervenuti, il suo tentativo di evitare l’impatto.

4. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività della notifica sollevata dalla società AXA, nel suo controricorso (p. 5), così argomentata:

– la sentenza impugnata risulta pubblicata l’8 novembre 2018;

– il ricorso sarebbe stato notificato il 24 maggio 2019, ben oltre il termine ultimo, quello dell’8 maggio 2019, perchè, a seguito della novella n. 69/2009, il termine per l’impugnazione è diventato semestrale, a decorrere dalla pubblicazione dell’impugnanda sentenza, per i procedimenti instaurati a partire dal 5 luglio 2009, come quello per cui è causa avviato con atto di citazione del 2 ottobre 2013.

L’eccezione non merita accoglimento.

Ai fini dell’individuazione del termine di impugnazione, annuale o semestrale, in rapporto al discrimine temporale segnato dall’inizio del giudizio prima o dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, che all’art. 46, comma 17, ha ridotto da un anno a sei mesi il termine previsto dall’art. 327 c.p.c., deve farsi riferimento alla data di introduzione del giudizio di merito di primo grado, cioè, in questo caso, il 2 ottobre 2013.

Come rilevato nel controricorso, il dies ad quern per la notifica del ricorso era l’8 maggio 2019.

Al ricorso risultano allegate due relate di notifica: la prima dell’Ufficiale Giudiziario I.N., attestante l’avvenuta notifica di copia conforme del ricorso ad Axa, mediante plico raccomandato e avviso di ricevimento, (racc. 78761462013-2, datata 7 maggio 2019), e la seconda con cui l’Ufficiale giudiziario N.S. dichiara di aver notificato, il 7 maggio 2019, a A.P., copia conforme del ricorso, rimettendone copia a mani della figlia convivente.

Il ricorso è stato, dunque, tempestivamente notificato e risulta depositato il 24 maggio 2019, nel rispetto dei termini di cui all’art. 369 c.p.c., vale a dire entro venti giorni dall’ultima notifica.

5. Passando allo scrutinio dei motivi si rileva, in merito al primo, che le censure formulate sono inammissibili.

La sentenza impugnata ha specificamente motivato le ragioni della sua adesione alle conclusioni cui era giunto il giudice di prime cure, e lo ha fatto dando rilievo all’esame delle emergenze istruttorie – stato dei luoghi, escussione dei due testi, comunicazione del sinistro redatta da personale operante della stazione dei Carabinieri – senza incorrere in omissioni e/o contraddizioni.

Peraltro, va ribadito che motivare la sentenza di appello per relationern non è vietato, a condizione che il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (tra le molte, cfr. Cass. 05/11/2018, n. 28139; Cass. 05/08/2019, n. 20883).

Nella specie, il giudice di secondo grado ha analizzato i motivi di gravame, per poi, dalla disamina delle risultanze istruttorie, ritenerli privi di fondamento e, dunque, in tal modo venendo a condividere, con propria e intellegibile motivazione, l’impostazione giuridico fattuale seguita dal giudice di primo grado.

Nè vi sono gli estremi per ravvisare la violazione dell’art. 112 c.p.c., giacchè il giudice, come già anticipato, ha dato contezza dei motivi di appello, come si evince dalle pp. 2 e 3 della sentenza, e, facendo corretta applicazione del principio devolutivo dell’appello (Cass. 08/11/2013, n. 25244) che presiede alla formazione del relativo thema decidendum, ha proceduto al riesame della sentenza di prime cure, limitatamente al capo relativo all’attribuzione di pari responsabilità per il sinistro stradale oggetto di causa in base alla ricostruzione della dinamica del sinistro sulla scorta delle risultanze probatorie acquisite nel corso del giudizio di primo grado.

6. Quanto al secondo motivo va innanzitutto rilevato che, in presenza di una pronuncia che ha confermato la sentenza di primo grado sulla scorta dei medesimi accertamenti di fatto, non può essere dedotto il vizio di omesso esame di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c..

In merito alla asserita violazione degli artt. 2054 e 1227 c.c. il motivo è infondato, almeno relativamente alla violazione dell’art. 2054 c.c., perchè nessun argomento è stato offerto a sostegno della supposta violazione dell’art. 1227 c.c..

Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di un principio che la giurisprudenza di questa Corte ritiene pacifico e cioè che, nel caso di scontro tra veicoli, solo l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, libera quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’art. 2054 c.c., comma 2, nonchè dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno Il Tribunale, sulla scorta di una complessiva valutazione delle risultanze istruttorie e condividendo il convincimento raggiunto dal primo giudice, non ha ritenuto raggiunta la prova della esclusiva responsabilità di A.P. nella causazione del sinistro, nè ha ritenuto che l’odierno ricorrente avesse tenuto una condotta di guida rispettosa del Codice della Strada: il che non esonerava affatto R.E. dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare l’impatto (il giudice ha tenuto conto anche del tentativo di frenare messo in atto dall’odierno ricorrente, ma ha ritenuto che esso non costituisse affatto la dimostrazione di un comportamento volto ad evitare verificarsi dell’impatto, ma la conferma indiretta, non essendo riuscito ad evitare “impatto con l’auto, che egli procedeva a velocità sostenuta in prossimità di una intersezione, violando le prescrizioni dell’art. 141 C.d.S.).

Nel caso di scontro tra veicoli, l’accertamento in concreto della responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente sancito dall’art. 2054 c.c., essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo che l’altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l’incidente (Cass. 05/03/2014, n. 5219).

7. In ordine al terzo motivo, oltre a ribadire che, nel caso di doppia conforme, non è possibile invocare la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si rileva che proprio sulla asserita omessa valutazione del punto di impatto e sulla sollecitazione ad una diversa valutazione di talune emergenze istruttorie (ad esempio, le riproduzioni fotografiche nn. 6 e 7) che si regge buona parte dell’argomentazione difensiva anche dei vizi ricondotti all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, con cui nella sostanza il ricorrente imputa al giudice a quo di aver preteso da lui la prova di non avere fatto tutto il possibile per evitare l’incidente, pure a fronte di un corredo probatorio che dimostrerebbe l’esclusiva responsabilità della conducente dell’auto antagonista.

8. In definitiva il ricorso va rigettato.

9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

10. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per porre a carico del ricorrente l’obbligo del pagamento del doppio contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472