LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16794/2019 proposto da:
S.F.R., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO CRISCUOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI CARLO TENUTA;
– ricorrente –
contro
AMISSIMA ASS.NI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
PROVINCIA DI COSENZA, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE PRISCO, ed elettivamente domiciliata presso la sede legale dell’Ente, in COSENZA, P.ZZA XV MARZO N. 1;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2059/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 22/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/11/2020 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
RILEVATO
che:
S.R.F. agì, ex art. 141 C.d.A., per essere risarcita dei danni conseguiti alle lesioni personali che aveva riportato mentre si trovava trasportata a bordo della vettura condotta dalla madre A.M., danni causati dal crollo di alcune strutture di un ponte che attraversava il fiume ***** e dall’apertura di una voragine in un tratto della strada provinciale fra *****;
la convenuta Carige Ass.ni s.p.a. (assicuratrice r.c.a. della vettura nella quale era trasportata l’attrice) resistette alla domanda e chiamò in causa la Provincia di Cosenza sull’assunto che la responsabilità del sinistro era da ascrivere esclusivamente a quest’ultima, quale proprietaria del tratto stradale in cui si era verificato il sinistro;
la Provincia si costituì contestando le deduzioni avversarie e chiamando in causa, per l’eventuale manleva, la propria assicuratrice Unipol Ass.ni s.p.a, che si costituì anch’essa nel giudizio contestando, a sua volta, la domanda attorea e quella di manleva ed eccependo, preliminarmente, l’inoperatività della garanzia assicurativa;
il Tribunale di Cosenza rigettò la domanda della S., con compensazione delle spese fra tutte le parti, ritenendo che ricorresse un’ipotesi di caso fortuito che valeva ad escludere l’applicabilità dell’art. 141 C.d.A. e, per altro verso, che neppure risultasse configurabile una responsabilità a carico della Provincia di Cosenza in quanto il fatto era da ascrivere ad un evento eccezionale ed imprevedibile;
la Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado, con compensazione delle spese, osservando – fra l’altro – che:
“le doglianze avverso il rigetto della domanda principale nei confronti della Carige Assicurazioni (…) risultano infondate”, atteso che “la giustezza della decisione del Giudice di prime cure appare evidente proprio alla luce delle argomentazioni dell’appellante nella parte in cui ha di fatto ricostruito una ipotesi di caso fortuito rappresentato dal fatto del terzo, l’Amministrazione provinciale di Cosenza. L’art. 141 comma 1 codice assicurazioni, infatti, nel prevedere l’azione diretta del terzo trasportato nei confronti della compagnia assicurativa che copriva il mezzo su cui viaggiava, fa espressamente salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”, ipotesi “che segna il limite di una azione diretta del terzo trasportato”;
“se da un canto non vi è dubbio in merito al fatto che nessun addebito può essere mosso al conducente di una vettura che vede aprirsi avanti a sè una voragine nella quale sta per precipitare, dall’altro è lo stesso appellante che diffusamente nell’atto di appello, nella misura in cui attribuisce il cedimento ad una sorta di omessa manutenzione/controllo del tratto di strada e del ponte da parte del proprietario/custode, finisce per ricondurre al fatto del terzo, la Provincia di Cosenza, la responsabilità del sinistro”;
quanto poi alla domanda proposta dalla Carige nei confronti dell’Amministrazione provinciale, doveva ritenersi che:
la circostanza che la Carige avesse chiamato in causa l’Amministrazione provinciale di Cosenza per sentirla condannare, quale unica responsabile, al risarcimento dei danni nei confronti dell’attrice risultava “di per sè sola idonea a consentire l’estensione automatica della domanda di parte attrice nei confronti del terzo chiamato”, in conformità ai consolidati orientamenti di legittimità (ex multis, Cass. n. 20610/2011 e Cass. n. 5580/2018);
“se da un lato correttamente il Giudice di prime cure ha deciso anche sulla domanda della S. per come estesa nei confronti della Provincia di Cosenza, dall’altro occorre esaminare le conseguenze che nel presente grado assume il fatto che l’appellante abbia espressamente limitato la sua domanda nei confronti dell’Amissima Assicurazioni spa. Tale volontà, peraltro espressa e non suscettibile di interpretazione alternativa, deve essere intesa come volontà di abbandonare una domanda (quella nei confronti del terzo chiamato) che (…) ha trovato rituale ingresso nel corso del giudizio. ed infatti, a fronte della chiara indicazione dell’appellante di non voler coltivare alcuna richiesta nei confronti dell’Ente pubblico (nessuna conclusione, neanche in subordine risulta rassegnata) non residua a questa Corte che ritenere che la parte abbia rinunciato ad ogni pretesa nei confronti dell’Amministrazione Provinciale di Cosenza”;
ha proposto ricorso per cassazione la S., affidandosi a due motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi, la Amissima Assicurazioni s.p.a. (già Carige) e la Provincia di Cosenza.
CONSIDERATO
che:
il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in relazione all’art. 111 Cost., D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 141,artt. 2697,2727,2043 e 2051 c.c., nonchè agli artt. 112,113,115,116,156,161 c.p.c., artt. 40,41 e 45 c.p., artt. 652,654 e 530 c.p.p.”;
per quanto emerge dalla sintesi del motivo (a pag. 2 del ricorso), la ricorrente sostiene che “la motivazione è apparente, manca il giudizio fattuale e controfattuale sul caso fortuito e sulla fase della caduta del veicolo nella buca la quale è successiva e non coincide con quella antecedente della formazione dell’insidia, la controparte, pur avendone l’onere, non ha fornito la duplice prova che il manto stradale fosse crollato sotto le ruote del veicolo che trasportava l’attrice e che il conducente fosse esente da colpa”;
per quanto si evince dall’illustrazione del motivo (alle pagg. da 5 a 18 del ricorso), la ricorrente mira a contestare sia l’affermazione della sussistenza del caso fortuito che l’esclusione di qualunque responsabilità del conducente del veicolo; assume, inoltre, che, a fronte di rationes decidendi tra loro inconciliabili, “non si riesce ad identificare la motivazione di rigetto del gravame”, determinandosi anche un vizio che “rileva sotto il profilo dell’art. 112 c.p.c.”;
il secondo motivo deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’art. 111 Cost., artt. 99,100,101,102,105,106,112,113,115,116,156,161,269,342,345,346 c.p.c., R.D. n. 262 del 1942, art. 12, artt. 2043,2051,2697,1362 c.c. e segg., artt. 40,41 e 45 c.p., D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 141”;
emerge dalla sintesi del motivo (a pagg. 2 e 3 del ricorso) che, “poichè la convenuta principale, l’Amissima Ass.ni s.p.a., aveva chiamato in causa l’Amm.ne P.le ritenendola, in base all’art. 2051 c.c., unica responsabile, del duplice evento della formazione dell’insidia nel manto stradale e della caduta nella buca dell’autovettura sulla quale l’attrice era trasportata e poichè quest’ultima aveva notificato il gravame al suddetto terzo e dichiarato, espressamente, di impugnare i capi della sentenza che escludevano la responsabilità e si era riportata alle conclusioni rassegnate in primo grado, non poteva ritenere abbandonata o rinunciata la estensione automatica della domanda di condanna o di garanzia nei confronti dell’Ente pubblico, ovvero statuire che la stessa non fosse stata proposta o dovesse essere formulata in via subordinata”;
nell’illustrazione del motivo (pagg. da 18 a 30 del ricorso), la S. evidenzia – richiamando specifici passaggi dell’atto di appello – di avere impugnato la sentenza di primo grado anche nella parte in cui aveva escluso la responsabilità della Provincia per la formazione della buca, di aver dichiarato di impugnare la sentenza nell’intera motivazione e nell’intero dispositivo e di avere concluso per la riforma della sentenza di primo grado e per l’accoglimento delle conclusioni rese avanti al Tribunale; assume, quindi, che non emergeva “la volontà (espressa o tacita) di non aver voluto interloquire con l’Amm.ne P.le (…), di non aver voluto impugnare i capi della sentenza che riguardavano la sua posizione, in una, di non aver voluto proporre gravame anche nei confronti di quest’ultima, ovvero di aver voluto rinunziare all’effetto di estensione automatica della domanda attrice al chiamato in garanzia, anzi emerge il contrario”;
i due motivi – che si esaminano congiuntamente in considerazione della sovrapposizione di alcuni temi di censura (che, peraltro, risultano talvolta di non agevole lettura) – sono, per più ragioni, inammissibili o infondati, tranne che in relazione ad un profilo, che merita invece accoglimento;
i motivi sono inammissibili, per difetto di specificità, nella parte in cui deducono, nella rubrica, plurime violazioni di norme di diritto senza tuttavia indicare, nell’illustrazione dei due motivi, in quali termini le medesime norme sarebbero state erroneamente interpretate o falsamente applicate;
sono egualmente inammissibili nella parte in cui – segnatamente col primo motivo – mirano a sollecitare a questa Corte un accertamento di merito in punto di possibile responsabilità della conducente del veicolo, funzionale all’esclusione della ricorrenza del fortuito (che la Corte ha individuato quale ragione ostativa all’applicazione dell’art. 141 C.d.A.);
il primo motivo è, inoltre, infondato laddove denunzia un vizio di apparenza della motivazione (anche in relazione alla sussistenza di rationes decidendi inconciliabili) che non trova riscontro nelle considerazioni svolte dalla Corte: esse delineano, infatti, un percorso argomentativo idoneo ad evidenziare chiaramente la ratio decidendi, che si sostanzia nel rilievo – per un verso – che l’attrice aveva ricostruito un’ipotesi di caso fortuito (“rappresentato dal fatto del terzo, l’Amministrazione provinciale di Cosenza”) che non consentiva l’applicazione dell’art. 141 C.d.A. e -per altro verso – che l’accertamento dell’eventuale responsabilità della Provincia non poteva essere compiuto a seguito della ritenuta rinuncia della S. ad ogni pretesa nei confronti di tale parte;
risulta, invece, fondata la censura con cui la ricorrente deduce proprio l’erroneità di tale ultimo assunto, escludendo che dagli atti del giudizio di secondo grado e dalla complessiva condotta processuale della appellante potesse trarsi la conclusione che la stessa aveva manifestato una volontà “espressa e non suscettibile di interpretazione alternativa” di “non voler coltivare alcuna richiesta nei confronti dell’Ente pubblico”;
al riguardo, deve considerarsi che:
la Corte di appello ha correttamente affermato che la circostanza che la Carige avesse chiamato in causa la Provincia di Cosenza per sentirla eventualmente condannare, quale unica responsabile, al risarcimento del danno nei confronti dell’attrice, era valsa – di per sè – “a consentire l’estensione automatica della domanda di parte attrice nei confronti del terzo chiamato, indipendentemente da qualsiasi manifestazione espressa in tal senso”;
non altrettanto correttamente ha ritenuto che una siffatta domanda – già estesa automaticamente nel rapporto fra la S. e la Provincia – sia stata rinunciata nel giudizio di appello, “a fronte della chiara indicazione dell’appellante di non voler coltivare alcuna richiesta nei confronti dell’Ente pubblico”, e ciò in quanto la S. aveva “espressamente limitato la sua domanda nei confronti della Amissima Assicurazioni spa” e, inoltre, non aveva rassegnato “nessuna conclusione, neanche in subordine” nei confronti della Provincia;
deve richiamarsi, al riguardo, il consolidato orientamento di legittimità, secondo cui “la mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni, di una domanda in precedenza formulata non autorizza alcuna presunzione di rinuncia tacita in capo a colui che ebbe originariamente a proporla, essendo necessario che, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte, possa desumersi inequivocabilmente il venir meno del relativo interesse” (Cass. 3593/2010; cfr. Cass. n. 14104/2008, Cass. n. 15860/2014 e Cass. n. 17582/2017);
alla luce di tale principio (da ritenersi operante anche nel caso di domanda estesa automaticamente all’attore per effetto della chiamata in causa, da parte del convenuto, del terzo ritenuto responsabile), la Corte di merito non avrebbe dovuto ritenere abbandonata dalla S. la domanda nei confronti della Provincia per il solo fatto che la stessa non fosse stata espressamente e specificamente reiterata con l’atto di appello, giacchè la rinuncia ad una domanda ritualmente introdotta nel giudizio richiede una volontà inequivoca di rinuncia che è mancata nel caso di specie;
ciò tanto più se si considera che, per quanto emerge dall’illustrazione del primo, del secondo e del terzo motivo di appello contenuta a pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata, la S. aveva censurato la pronuncia di primo grado anche nella parte in cui aveva ritenuto integrata un’ipotesi di caso fortuito che valeva ad escludere la responsabilità dell’Amministrazione provinciale; con il che risultava evidentemente riproposto dall’appellante il tema della responsabilità della Provincia, secondo una linea difensiva che appare incompatibile con la presunzione di abbandono della domanda nei confronti di quest’ultima;
in accoglimento della relativa censura, deve dunque cassarsi la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di non dover pronunciare sulla domanda della S. nei confronti della Provincia di Cosenza, sull’assunto che la prima avesse rinunciato ad ogni pretesa nei confronti della seconda;
la Corte di rinvio dovrà pertanto procedere a nuovo esame della vicenda in relazione alla pretesa risarcitoria della S. nei confronti della Provincia;
la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte, rigettato il primo motivo, accoglie il secondo nei termini di cui in motivazione, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021
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