LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al numero 24224 del ruolo generale dell’anno 2018 proposti da:
A.A.M., (*****), + Altri, rappresentati e difesi, in virtù di procure allegate in calce al ricorso, dall’avvocato Marco Tortorella (C.F.: non dichiarato);
M.M., (C.F.: *****), A.C., (C.F.:
*****), A.A., (C.F.: *****), A.D., (C.F.: *****), B.L., (C.F.: *****), G.L., (C.F.: *****), rappresentati e difesi, in virtù di procure allegate in calce al ricorso, dall’avvocato Dino Dei Rossi, (C.F.: DRSDNI55D09H501D);
D.M.L., (C.F.: *****), rappresentato e difeso, giusta procura allegata in alce al ricorso, dall’avvocato Fortunato Marrazzo, (C.F.: MRRFTN59R13F157K);
a.p., (C.F.: *****), S.E., (C.F.: *****), rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Francesco Di Giovanni, (C.F.: DGVFNC56P14H501Y);
P.P., (C.F.: *****) rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Rosa Troncelliti, (C.F.: TRNRSO57A63H501S);
– ricorrenti –
nei confronti di:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore (C.F.: *****), rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: *****);
– intimata – controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1017/2018, pubblicata in data 15 febbraio 2018;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 luglio 2021 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
I medici indicati in epigrafe quali ricorrenti, deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 per la frequenza di corsi di specializzazione universitaria, hanno agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedendo il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.
Le loro domande sono state accolte dal Tribunale di Roma, che ha condannato la Repubblica Italiana a pagare agli attori l’importo di Euro 11.103,83 per ogni anno di frequenza dei rispettivi corsi di specializzazione, oltre interessi dalla domanda.
La Corte di Appello di Roma, decidendo sugli appelli proposti, rispettivamente, in via principale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e in via incidentale da alcuni dei medici attori, dopo aver rilevato che la decisione di primo grado era passata in giudicato con riguardo ai medici non indicati nell’atto di appello della Presidenza del Consiglio (per i profili non oggetto dell’appello incidentale proposto dagli stessi medici), in accoglimento dell’appello principale e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto ad Euro 6.713,93 l’importo riconosciuto per ogni anno di frequenza dei corsi di specializzazione (con riguardo ai soli medici appellati, indicati nel dispositivo della sentenza); ha rigettato invece gli appelli incidentali.
Avverso tale decisione ricorrono, con cinque successivi distinti ricorsi, i medici indicati in epigrafe quali ricorrenti, rispettivamente sulla base di quattro motivi (ricorso proposto da A.A. ed altri), di due motivi (ricorso proposto da M. e altri), di tre motivi (ricorso proposto da D.M.), di due motivi (ricorso proposto da A. e S.) e di due motivi (ricorso proposto da P.).
La Presidenza del Consiglio dei Ministri resiste con controricorso, in relazione ai ricorsi del D.M., dell’ A. e della Strato, nonché della P..
E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Sono state depositate memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Vanno in primo luogo riuniti tutti i ricorsi indicati in epigrafe, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
2. Ricorso proposto da A.A. ed altri (con l’avvocato Tortorella).
2.1 Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, “error in procedendo” ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5".
I ricorrenti fanno presente che vi sarebbero alcuni tra i medici attori, nei confronti dei quali non era stato proposto l’appello dalle amministrazioni convenute e che, erroneamente, la corte di appello avrebbe, ciò nonostante, indicato invece tra quelli in relazione ai quali la sentenza di primo grado doveva intendersi riformata.
Si tratta dei seguenti medici:
1) D.P.L.;
2) D.R.L. (in relazione a due diversi corsi di specializzazione);
3) D.G.;
4) Eredi M.F.;
5) D.E.;
6) D.R.;
7) D.R.;
8) F.A.;
9) F.A.;
10) F.D.A.;
11) F.P.;
12) C.V.V. (deceduto; ricorso proposto dagli eredi);
13) M.N.;
14) N.U.;
15) N.R.;
16) O.A.;
17) P.M.;
18) P.P.;
19) P.P.;
20) P.A.A.;
21) P.A.M.;
22) P.G.;
23) P.G.;
24) P.G.;
25) P.M..
Il motivo è fondato.
I medici in questione risultano indicati nell’epigrafe della sentenza impugnata, nonché nel dispositivo, tra quelli per cui vi è statuizione di riforma della sentenza di primo grado e, d’altra parte, non risultano indicati (né nella motivazione, né nel dispositivo) tra quelli eccettuati dalla indicata statuizione di riforma per non essere stati destinatari dell’atto di appello.
Sulla base dell’esame degli atti, peraltro, essi effettivamente non risultano destinatari del gravame proposto dall’amministrazione, soccombente in primo grado (né quest’ultima ha dedotto alcunché in senso contrario, avendo notificato il controricorso esclusivamente in relazione ai ricorsi del D.M., dell’ A. e della S., nonché della P.).
La decisione impugnata va dunque cassata con riguardo alla posizione dei medici sopra indicati.
La cassazione deve avvenire senza rinvio, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai fini della decisione della controversia, in quanto il processo di appello non poteva proseguire per l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado pronunciata in loro favore.
2.2 Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE; delle Dir CEE 82/76, 75/363, e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; degli artt. 2,3,10 e 97 Cost.; D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11 – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L 139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982, (in G. U. C. E. 31 dicembre 1998, n. L539); degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.”.
Con il terzo motivo si denunzia “Violazione o falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., dell’art. 11 della Legge 370/99 e del D.Lgs. n. 257/91, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.”.
Con il quarto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE; delle Dir CEE 82/76, 75/363, e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; degli artt. 2,3,10 e 97 Cost.; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU (diritto al rispetto dei beni); del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11 – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982 (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. L539); degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.”.
Il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso hanno tutti ad oggetto l’importo liquidato dalla corte di appello a titolo risarcitorio, sono logicamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente.
Essi sono manifestamente infondati e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.
I ricorrenti, in sostanza, censurano la sentenza impugnata per non essere stato loro riconosciuto: a) quale danno conseguente alla mancata corresponsione dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei corsi di specializzazione, il compenso previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, per gli specializzandi iscritti ai corsi istituiti a partire dall’anno accademico 1991/92 (pari a Lire 21.500.000 per ciascun anno di frequenza del corso) invece dell’importo previsto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 (pari a Lire 13.000.000, ovvero Euro 6.713,94, per ciascun anno di frequenza del corso); b) il diritto agli interessi compensativi ed alla rivalutazione monetaria sulle somme riconosciute a titolo di danno.
Tali pretese sono manifestamente infondate.
I ricorrenti deducono infatti di avere frequentato corsi di specializzazione iniziati in anni accademici anteriori al 1991/92, e/o comunque non soggetti alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991.
La decisione impugnata, nel liquidare il danno conseguente al mancato riconoscimento dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei suddetti corsi di specializzazione, risulta dunque conforme al costante orientamento di questa Corte (che il ricorso non offre motivi per rimeditare) secondo cui “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore – dettando della L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, con la quale ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle citate direttive – abbia palesato una precisa quantificazione dell’obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11; a seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c. – gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621205; conformi, tra le tante: Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619541; Sez. 3, Sentenza n. 21498 del 18/10/2011, Rv. 620244; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 1157 del 17/01/2013, Rv. 625215; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23635 del 06/11/2014, Rv. 633541; Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 10/02/2015, Rv. 634216; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14376 del 09/07/2015, Rv. 636004).
Il suddetto indirizzo, con riguardo all’importo dovuto a titolo risarcitorio, è stato di recente confermato e ribadito dalle stesse SS.UU. di questa Corte, le quali hanno espressamente chiarito che “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore, con raestimatio” del danno effettuata dalla L. n. 370 del 1999, art. 11, abbia proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo valevole anche nei confronti di coloro non ricompresi nel citato art. 11, a cui non può applicarsi del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, in quanto tale decreto, nel trasporre nell’ordinamento interno le direttive in questione, ha regolato le situazioni future con la previsione, a partire dall’anno accademico 1991/1992, di condizioni di frequenza dei corsi diverse e più impegnative rispetto a quelle del periodo precedente” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 30649 del 27/11/2018, Rv. 651813 – 02). In tale decisione viene altresì precisato, quanto al criterio di liquidazione del danno nella misura dell’importo previsto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, invece che di quella del compenso previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, che “la C.G.U.E., tanto nella sentenza del 25/2/1999 quanto nella (in gran parte reiterativa) recente sentenza del 24/1/2018, non ha incluso tra i principi interpretativi vincolanti alcun riferimento all’una o all’altra delle due fonti normative interne sopra richiamate, avendo piuttosto rimesso al giudice nazionale la determinazione della misura dell’indennizzo”, il che esclude che sussistano i presupposti per rimettere la questione interpretativa alla stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Sono, d’altronde, da ritenere del tutto inammissibili le censure di vizi di motivazione avanzate ai sensi della formulazione abrogata dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile nella fattispecie, in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata.
3. Ricorso proposto da M. ed altri.
3.1 Con il primo motivo si denunzia “Violazione, del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Con il secondo motivo si denunzia “Violazione, degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c. e del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
I due motivi del ricorso sono connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente.
Si tratta, in sostanza, di censure del tutto analoghe a quelle di cui al secondo, terzo e quarto motivo del ricorso proposto da A.A. ed altri.
Anch’esse sono pertanto manifestamente infondate e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, per le medesime ragioni esposte nella motivazione relativa ai predetti motivi del ricorso proposto da A.A. ed altri, cui si fa integrale rinvio.
4. Ricorso proposto da D.M..
4.1 Con il primo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, n. 1, comma 5, in relazione all’appello incidentale sulla decorrenza degli interessi e rivalutazione monetaria dall’atto di costituzione in mora del 22 marzo 2007 e non dall’atto di intervento nel febbraio 2010”.
Il motivo è fondato.
La corte di appello, nella sentenza impugnata (segnatamente, nella alla seconda pagina dedicata allo svolgimento del processo), dà espressamente atto dell’avvenuta proposizione di uno specifico motivo di gravame, da parte del D.M., in relazione alla decorrenza degli interessi riconosciuti in primo grado sull’importo dovuto in suo favore a titolo di indennità, al fine di ottenerne il riconoscimento dalla data di una diffida, che assume intervenuta in data 22 marzo 2007, anziché dalla data della decisione.
Non si rinviene peraltro, nella motivazione della sentenza stessa, alcuna decisione in relazione a tale motivo di gravame. Deve quindi ritenersi sussistente la denunziata omissione di pronuncia.
La decisione impugnata va pertanto cassata con rinvio (anche per le spese), sul punto in contestazione.
Non è infatti possibile la decisione nel merito richiesta dal ricorrente, essendo necessari accertamenti di fatto in ordine alla tempestiva allegazione ed alla prova della data di eventuale effettiva costituzione in mora dell’amministrazione in data anteriore alla decisione di primo grado.
4.2 Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1219,1223,1224,1226, e 2056 c.c., in relazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Con il motivo di ricorso in esame vengono avanzate censure del tutto analoghe a quelle di cui al secondo e, soprattutto, al terzo e quarto motivo del ricorso proposto da A.A. ed altri.
Anch’esse sono pertanto da ritenersi manifestamente infondate e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, per le medesime ragioni esposte nella motivazione relativa ai predetti motivi del ricorso proposto da A.A. ed altri, cui si fa integrale rinvio.
4.3 Un terzo motivo di ricorso risulta solo “preannunciato” dal ricorrente nella “sintesi dei motivi” che precede l’esposizione degli stessi, anche se esso non viene in concreto sviluppato in tale ultima sede, dove risultano in effetti formulati esclusivamente i primi due motivi.
In ogni caso la censura esposta nella predetta sintesi (in cui si preannunzia la denunzia di “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2: per avere la Corte disposto la compensazione integrale delle spese di lite in assenza dei presupposti di legge in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), avendo ad oggetto le spese di lite, resta assorbita in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo, dovendo provvedersi nuovamente alla regolamentazione di dette spese, all’esito del giudizio di rinvio.
5. Ricorso proposto da A. e S.
5.1 Con il primo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3), D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, L. n. 370 del 1999, art. 11, in relazione alle Direttive n. 75/362/CEE, n. 75/363/CEE e n. 82/76/CEE, oltre che degli artt. 2043,2056,1223 e c.c.”.
Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3), degli artt. 1219, 1223 e 1224 c.c.”.
Con i motivi di ricorso in esame – connessi e quindi da esaminare congiuntamente – vengono avanzate censure del tutto analoghe a quelle di cui al secondo, al terzo e al quarto motivo del ricorso proposto da A.A. ed altri.
Anch’esse sono pertanto da ritenersi manifestamente infondate e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, per le medesime ragioni esposte nella motivazione relativa ai predetti motivi del ricorso proposto da A.A. ed altri, cui si fa integrale rinvio.
6. Ricorso P.
6.1 Con il primo motivo si denunzia “Violazione ex art. 360 c.p.c., n3, in relazione all’art. 137 c.p.c., ed agli artt. 101,324 e 327 c.p.c., nonché dell’art. 2909 c.c.”.
Con il secondo motivo si denunzia “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 4, error in procedendo in relazione all’art. 2909 c.c., ed agli artt. 324 e 327 c.p.c., per avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado”.
I motivi del ricorso sono connessi e quindi, possono essere esaminati congiuntamente, esprimendo in sostanza una unitaria censura.
Essi sono fondati.
La ricorrente sostiene che nei suoi confronti non sarebbe stato proposto appello da parte dell’amministrazione soccombente in primo grado e che erroneamente, quindi, la corte di appello l’avrebbe indicata tra i medici in relazione ai quali la sentenza di primo grado è oggetto di statuizione di riforma. Effettivamente, la P. risulta indicata nell’epigrafe della sentenza di secondo grado come appellata ed appellante incidentale (tra i medici assistiti dall’avvocato Tortorella); nella motivazione non è però indicata tra quelli cui l’appello non sarebbe stato indirizzato e, nel dispositivo, infine, viene indicata tra quelli per cui è riformata la sentenza di primo grado e non nell’elenco di quelli eccettuati da tale statuizione.
Sulla base dell’esame degli atti, peraltro, la P. non risulta destinataria del gravame proposto dall’amministrazione soccombente in primo grado (né quest’ultima ha dedotto alcunché in senso contrario, nel suo controricorso, che si occupa di altre questioni).
La decisione impugnata va dunque cassata con riguardo alla posizione della P..
La cassazione deve avvenire senza rinvio, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai fini della decisione della controversia, in quanto il processo di appello non poteva proseguire per l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado pronunciata in suo favore.
7. Conclusioni e spese.
Sono accolti il primo motivo del ricorso proposto da A.A. ed altri (in relazione alle sole posizioni dei medici interessati da tale motivo, elencati in motivazione e nel dispositivo), il ricorso proposto dalla P., nonché il primo motivo del ricorso proposto dal D.M..
Sono invece dichiarati inammissibili (nei sensi di cui in motivazione) tutti gli altri motivi dei suddetti e degli altri ricorsi.
La sentenza impugnata, in relazione al primo motivo del ricorso proposto da A.A. ed altri nonché in relazione al ricorso proposto dalla P., è cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, per l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado con riguardo alle posizioni dei medici interessati, indicati in dispositivo.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese, in relazione al primo motivo del ricorso proposto dal D.M.. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, in relazione al ricorso proposto da A. e S..
Le spese del giudizio di appello e di legittimità possono essere compensate con riguardo alla posizione dei medici vittoriosi di cui al ricorso proposto da A.A. ed altri, nonché della P., sussistendo motivi sufficienti a tal fine, anche in considerazione dell’alto numero delle parti, che ha potuto determinare l’erronea indicazione contenuta nel dispositivo della decisione impugnata, nonché (per quanto riguarda il solo ricorso proposto da A.A.) della reciproca soccombenza nel giudizio di legittimità.
Nulla è a dirsi in relazione alle spese del giudizio di legittimità, con riguardo alle posizioni degli altri medici di cui al ricorso proposto da A.A. ed altri, nonché di cui al ricorso proposto da M. ed altri, non avendo le amministrazioni intimate svolto attività difensiva con riguardo ai suddetti ricorsi.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in relazione ai ricorsi non accolti, neanche in parte (ricorsi proposti da M. ed altri, nonché da A. e S.).
PQM
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso proposto da P.P., nonché il primo motivo del ricorso proposto da A.A. ed altri e, per l’effetto, cassa senza rinvio la decisione impugnata, limitatamente alle posizioni dei medici interessati (più sotto elencati), in quanto il processo di appello non poteva proseguire nei loro confronti, per l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado:
1) D.P.L.
2) D.R.L. (in relazione a due diversi corsi di specializzazione);
3) D.G.;
4) Eredi M.F.;
5) D.E.;
6) D.R.;
7) D.R.;
8) F.A.;
9) F.A.;
10) F.D.A.;
11) F.P.;
12) C.V.V. (deceduto; ricorso proposto dagli eredi);
13) M.N.;
14) N.U.;
15) N.R.;
16) O.A.;
17) P.M.;
18) P.P.;
19) P.P.;
20) P.A.A.;
21) P.A.M.;
22) P.G.;
23) P.G.;
24) P.G.;
25) P.M.;
26) P.P.;
accoglie il primo motivo del ricorso proposto dal D.M. e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
dichiara inammissibili tutti gli altri motivi di tutti i ricorsi;
condanna i ricorrenti A. e S. a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito;
dichiara integralmente compensate le spese del giudizio di appello e di legittimità, con riguardo alle posizioni dei medici vittoriosi di cui al ricorso proposto da A.A. e altri, nonché della P..
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti M. ed altri, nonché A. e S., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022
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