Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1167 del 17/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19498/2019 R.G. proposto da:

D.V.A., T.S., e T.N., rappresentati e difesi dall’Avv. Alberto Cassini, con domicilio eletto in Roma, Viale delle Milizie, 76, presso lo studio dell’Avv. Francesca Infascelli;

– ricorrenti –

contro

Groupama Assicurazioni S.p.a. (già Nuova Tirrena Assicurazioni S.p.a.), rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Simeoni, con domicilio eletto in Roma, Via Caio Mario, n. 27, presso lo studio dell’Avv. Francesco Alessandro Magni;

– controricorrente –

e contro

D.P.L., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Maurizio Zanchettin, e Massimo Colarizi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Antonelli Giovanni, n. 49;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Condominio *****, T.D., O.E., Sogedico Italiana S.r.l., Edilsoligo S.r.l.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, n. 1455/2019, pubblicata il 3 aprile 2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 2 novembre 2021 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato in data 12 luglio 2004 il Condominio *****, convenne in giudizio, avanti il Tribunale di Belluno, Sezione distaccata di Pieve di Cadore, i soggetti appresso indicati chiedendo accertarsene la responsabilità, ex art. 1669 c.c., in relazione ai problemi strutturali emersi a danno dell’edificio ed accertati all’esito di a.t.p..

L’azione venne promossa nei confronti di:

i. T.A. (progettista e direttore dei lavori delle opere strutturali), al quale subentrarono nel corso del giudizio di primo grado gli eredi D.V.A., T.S. e T.N., citati in riassunzione ex art. 303 c.p.c.;

ii. T.D. (progettista e direttore dei lavori architettonico);

iii. O.E. (progettista);

iv. D.P.L. (collaudatore);

v. Sogedico Italiana S.r.l. (impresa esecutrice dei lavori).

2. Con sentenza n. 42/2013 l’adito tribunale – pronunciando nel contraddittorio anche della Nuova Tirrena (ora Groupama) Assicurazioni S.p.a., chiamata in causa da T.A. per esserne manlevato in forza di polizza assicurativa, e della Edilsoligo S.r.l., interveniente volontaria quale impresa impegnata esclusivamente in alcuni lavori di finitura del fabbricato – accolse la domanda principale nei soli confronti degli eredi di T.A., che condannò quindi al pagamento, in solido, in favore del condominio, della somma di Euro 243.236,85 a titolo di risarcimento del danno oltre che alle spese di lite; in accoglimento della domanda di garanzia spiegata dal T. nei confronti della propria compagnia assicuratrice, condannò quest’ultima a tenere indenni i predetti eredi dagli oneri derivanti dalla pronuncia.

3. Tale sentenza fu impugnata:

a) dalla Groupama, con l’appello principale, per iterare l’eccezione, disattesa dal primo giudice, di inoperatività della garanzia assicurativa;

b) dagli eredi di T.A. e dal Condominio *****, con appelli incidentali: i primi contestando nel merito la ritenuta responsabilità del loro dante causa e, in subordine, chiedendo accertarsi la responsabilità concorrente di T.D., D.P.L. e Sogedico Italiana S.r.l., con graduazione delle rispettive colpe; il secondo per l’accoglimento della pretesa risarcitoria, in via solidale, anche nei confronti di questi ultimi e di O.E..

4. Con sentenza n. 1455/2019, pubblicata il 3 aprile 2019, la Corte d’appello di Venezia ha accolto integralmente l’appello principale e parzialmente quelli incidentali e, per l’effetto, per quanto in questa sede interessa, ha così statuito:

“in riforma per quanto di ragione della sentenza appellata, che nel resto conferma, rigetta la domanda di garanzia proposta dagli eredi dell’ing. T.A. nei confronti della Compagnia assicuratrice GROUPAMA ASSICURAZIONI; condanna T.D. e SOGEDICO ITALIANA S.R.L., in solido tra loro, oltre che con D.V.A., T.S. e T.N. (questi ultimi in proporzione delle rispettive quote ereditarie), a corrispondere al CONDOMINIO ***** la somma di Euro 243.236,85 (iva inclusa) a titolo di risarcimento del danno, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali nella misura e con le decorrenze indicate nella pronuncia di primo grado”.

3. Avverso tale sentenza D.V.A., T.S. e T.N. propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui resistono, con controricorsi, D.P.L. e la Groupama Ass.ni S.p.a..

Gli altri intimati non svolgono difese in questa sede.

La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

I ricorrenti e Groupama Ass.ni S.p.a. hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, relativo alla posizione del collaudatore ing. D.P.L., la cui responsabilità è stata esclusa sia in primo grado che dalla corte veneziana, i ricorrenti denunciano, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5:

– violazione o falsa applicazione dell’art. 1966 c.c., e, in subordine, dell’art. 2043 c.c., con riguardo agli artt. 1176,1218 e 2236 c.c., nonché delle disposizioni che disciplinano l’attività del collaudatore (L. 5 novembre 1971, n. 1086, art. 4, comma 3; art. 6, comma 2; art. 7; L. 2 febbraio 1974, n. 64, art. 4, comma 2; D.M. 20 novembre 1987, cap. 1 pt. 2.4 e cap. 4 lett. d); D.M. 11 marzo 1988, n. 28909, all. A, num. 4);

– omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti (mancata revisione dei calcoli statici e mancata verifica dell’idoneità del terreno).

Sostengono in sintesi che, se la responsabilità ascritta al proprio dante causa deriva, secondo quanto accertato, da errori di calcolo strutturale ovvero (anche) dalla mancata previa esecuzione delle occorrenti indagini geologiche e geotecniche, si sarebbe allora dovuta affermare anche la responsabilità del collaudatore, che avrebbe dovuto verificare congruità e adeguatezza del primo e rilevare la omissione delle seconde.

2. Con il secondo motivo – relativo all’operatività della garanzia assicurativa, esclusa dalla corte lagunare – i ricorrenti denunciano, con riferimento all’art. 360 c.p.c.,, comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale (art. 1362 c.c., con riguardo agli artt. 1, 1.1, 1.2 e 2 comma 1 delle condizioni di polizza) nonché la violazione o falsa applicazione delle norme che disciplinano il collaudo e la partecipazione dei professionisti (L. 5 novembre 1971, n. 1086, art. 4, comma 3; art. 6, comma 2; D.M. 20 novembre 1987, cap. 4 lett. d); D.M. 11 marzo 1988, n. 28909, all. A num. 4 e All. B num. 1).

La censura investe la sentenza impugnata nella parte in cui – premesso che la polizza assicurativa prevedeva, all’art. 2, comma 1, una clausola claims made, in virtù della quale la copertura era operante alla duplice condizione che: a) la richiesta di risarcimento fosse pervenuta all’assicurato nel periodo di vigenza della polizza; b) essa nascesse da comportamento colposo posto in essere non oltre due anni prima della data di effetto dell’assicurazione – ha affermato essere nella specie soddisfatta la prima ma non la seconda.

Ciò in quanto – si rileva in sentenza – il “comportamento colposo fonte di responsabilità del professionista non può che identificarsi unicamente in quelle condotte che si pongono in stretta correlazione sotto il profilo eziologico con i danni oggetto della domanda di risarcimento”, tali essendo, nella specie, solo quelle poste in essere dal T. nel suo ruolo di progettista delle opere strutturali tutte pacificamente concluse prima del 22 gennaio 1997 (oltre due anni prima della vigenza della polizza, decorrente dal 22 gennaio 1999), non rilevando invece la sua attività di direttore dei lavori, né il fatto che in tale qualità egli abbia partecipato alle operazioni finali di collaudo, in quanto non causativi del danno già realizzatosi in conseguenza dell’illecito già commesso.

I ricorrenti censurano tale motivazione sulla base dei seguenti rilievi:

– al collaudo il T. intervenne nella qualità non solo di direttore dei lavori ma anche di progettista delle strutture, dovendo fornire ragguagli circa i criteri di calcolo da lui adottati;

– le prestazioni quale progettista strutturale non si conclusero prima del biennio di retroattività, ma si protrassero invece sino al collaudo come prevede la disciplina di riferimento;

– i due ruoli non possono essere scissi: v’e’ infatti una stretta correlazione fra le funzioni di progettista delle strutture e quelle di direttore dei lavori strutturali, sia nella fase di realizzo sia in quella di collaudo; qualora emergesse infatti l’inadeguatezza del progetto e dei calcoli andrebbero comunque apportate “in corso d’opera” le necessarie integrazioni da parte dello stesso progettista su eventuale segnalazione del direttore dei lavori (ed è questa la ragione per cui le due figure abitualmente nella prassi coincidono);

– la stessa polizza offre copertura all’assicurato nella duplice veste di “progettista e/o direttore dei lavori”, sottolineando così la contestualità, cumulabilità e la connessione dei due ruoli, che possono coincidere nel medesimo soggetto;

– alla stregua, pertanto, di tali indicazioni (che, affermano i ricorrenti, trovano riscontro nelle indicate norme che disciplinano il collaudo) l’attività dell’Ing. T. – come progettista e anche direttore dei lavori strutturali – deve dunque ritenersi protratta sino al compimento del collaudo redatto l’11 febbraio 1997, entro il periodo di copertura assicurativa decorrente (col biennio retrodatato) dal precedente 22 gennaio.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. Deve anzitutto rilevarsi che la motivazione criticata dal motivo di ricorso si riferisce espressamente all’appello incidentale proposto contro il D.P. dal Condominio *****. Passando, infatti, a esaminare la questione che riguardava il collaudatore, la sentenza introduce le considerazioni della corte in questi termini: “Infine, si osserva che il CONDOMINIO ***** ha riproposto con gravame incidentale la richiesta di condanna anche del collaudatore ing. D.P.L. sul presupposto della ritenuta applicabilità dell’art. 1669 c.c….”. La motivazione che segue tale abbrivio sembra, dunque, voler rispondere al solo appello sul punto proposto dal condominio, nessun riferimento facendo al concorrente motivo di appello incidentale degli eredi T., sebbene della sua proposizione si fosse fatta ripetuta menzione nelle pagine precedenti (lo rilevano implicitamente gli stessi ricorrenti là dove, a pag. 14 del ricorso, riportano in corsivo la motivazione con l’incipit riferito all’appello del Condominio ***** inserendo fra parentesi tonda l’inciso: “ma l’hanno fatto anche gli eredi T. n.d.r.”).

Si potrebbe, dunque, ritenere che sul motivo che, nell’appello incidentale di questi ultimi, è dedicato alla posizione del D.P., la corte d’appello abbia omesso di pronunciare o, comunque, di motivare e se ne dovrebbe desumere che – non recando la sentenza motivazione e dunque decisione sull’appello incidentale dei ricorrenti – il suesposto primo motivo di ricorso, criticando una motivazione che non concerne l’appello incidentale dei ricorrenti, è per tale ragione inammissibile.

I ricorrenti avrebbero, infatti, dovuto denunciare o un’omessa pronuncia o la formale mancanza di motivazione su di esso e ciò cautelativamente – per il caso di un rigetto senza motivazione, oppure gradatamente tutti e due i vizi.

3.2. Da tale preliminare e assorbente rilievo potrebbe tuttavia prescindersi considerando, in un’ottica sostanzialista, che:

– la corte d’appello, oltre a dare chiaramente atto, nella parte narrativa della sentenza, pag. 13, della proposizione di appello incidentale degli eredi T. per l’affermazione di responsabilità solidale del D.P., la richiama anche nella parte motiva (a pag. 19, terzultimo cpv.), là dove scrive: “Ciò posto, per comodità espositiva, si deve ora esaminare il profilo della sussistenza o meno della responsabilità concorrente degli altri professionisti convenuti nel giudizio di primo grado, oggetto di appello incidentale da parte degli stessi eredi T. e di quello proposto dal CONDOMINIO *****”; nella struttura della motivazione a tale inciso si assegna il ruolo di introduzione alle successive considerazioni che, senza alcuna cesura, passano in rassegna le posizioni dei vari professionisti, senza per lo più distinguere le censure svolte dagli uni o dall’altro degli appellanti incidentali;

– passando in ultimo ad esaminare la posizione del D.P., riferisce la questione trattata, come detto, espressamente al gravame del condominio, ma non dice (come sarebbe stato da attendersi, data quella introduzione di pag. 19 che faceva riferimento generico e omnicomprensivo ad entrambi gli appelli incidentali come proposti nei confronti degli “altri professionisti”) che è il “solo” condominio “invece” a proporre gravame nei confronti del D.P.;

– nella detta prospettiva non e’, poi, privo di rilievo il fatto che gli eredi T. siano stati condannati, in solido con il condominio, al pagamento delle spese in favore del D.P. e ciò “per il principio della soccombenza” (v. motivazione), il che oggettivamente implica che la corte ha (quanto meno ritenuto di avere) rigettato l’appello incidentale T. anche in quanto rivolto nei confronti del D.P. (non vi era altra questione tra le due parti che potesse giustificare una tale condanna);

– la motivazione leggibile alle pagg. 22 e seguente, bensì, come detto, dichiaratamente riferita al gravame incidentale del condominio, vale comunque a rispondere, quanto meno indirettamente, anche al motivo di gravame sul punto svolto dagli eredi T., dovendosi al riguardo considerare che: a) tale motivazione può ancora considerarsi retta, nella struttura della sentenza, da quella frase introduttiva di pag. 19 che annunciava che da lì in poi si sarebbe passata in rassegna la posizione degli “altri professionisti” oggetto di appello incidentale sia da parte degli eredi T. che da parte del condominio; b) il suo contenuto corrisponde effettivamente alle ragioni di doglianza che la stessa sentenza, a pag. 13, riferisce come proposte dagli eredi T..

3.3. Nondimeno, pur ritenendo – alla stregua di questa seconda esegesi della sentenza – che sul punto l’appello incidentale trovi in essa risposta, il motivo che tale motivazione investe dovrebbe comunque dirsi inammissibile per aspecificità.

Esso non coglie, infatti, la ratio decidendi, la quale non consiste nella negazione del carattere negligente o imperito della prestazione professionale resa dal collaudatore D.P. – aspetto sul quale si concentrano esclusivamente invece gli argomenti censori, volti per l’appunto a rimarcare gli obblighi di specifica diligenza professionale imposti dalle norme evocate a carico del collaudatore – quanto piuttosto nel rilievo dell’assenza di alcuna relazione causale tra tali eventuali violazioni e il danno arrecato al condominio, essendosi questo già per intero consumato al momento e per effetto della realizzazione dell’edificio e potendo tutte le attività successive incidere soltanto sui tempi nei quali tale danno (ossia i gravi problemi strutturali) avrebbero potuto già emergere anteriormente alla instaurazione della causa: tempistica che però non risulta, ciò non essendo nemmeno dedotto, abbia inciso sulla individuazione e la quantificazione dei danni risarcibili.

Chiaro in tal senso il rilievo (leggibile a pag. 23, primi tre capoversi, della sentenza) secondo cui: “la responsabilità di cui all’art. 1669 c.c., non può prescindere dall’effettiva partecipazione del soggetto, contro cui è invocata, alla realizzazione dell’opera, costituendo una norma diretta a sanzionare, oltre che l’appaltatore, coloro che per colpa professionale – segnatamente il progettista e il direttore dei lavori – abbiano contribuito alla causazione del danno, costituito dall’insorgenza dei gravi difetti di costruzione.

“Non si vede allora come simile responsabilità possa essere invocata nei confronti di chi, come il collaudatore, non abbia partecipato né alla progettazione né alla costruzione del fabbricato minato dai gravi vizi, ma abbia svolto una attività successiva alla realizzazione dell’immobile.

“Detta attività non può in alcun modo porsi in rapporto di causalità con il danno, il quale deriva dalla costruzione in sé, e non certo dall’agibilità o dall’utilizzo della cosa a seguito delle operazioni di collaudo”.

E’ significativo che tale motivazione venga riprodotta anche dai ricorrenti, nell’illustrazione del motivo, ma che se ne termini però l’evocazione alla proposizione prima dell’inciso di pag. 23 (“detta attività”, etc.), che è quello decisivo, relativo al profilo causale.

3.4. Mette conto ancora soggiungere che i ricorrenti nemmeno dicono, venendo meno anche sotto tale profilo all’onere di specificità del motivo, se le considerazioni svolte a fondamento dello stesso fossero state svolte a sostegno dell’appello.

4. Per analoghe ragioni va affermata l’inammissibilità anche del secondo motivo.

Il profilo causale del danno e’, infatti, posto a fondamento, in sentenza, anche della esclusa operatività della polizza assicurativa e con tale ratio decidendi i ricorrenti omettono del tutto di confrontarsi.

Muovendo dalla testuale formulazione della clausola contrattuale di cui all’art. 2, comma 1, delle Condizioni particolari di polizza (secondo la quale “l’assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all’assicurato nel corso del periodo di efficacia dell’assicurazione, a condizione che tali richieste siano conseguenti a comportamenti colposi posti in essere non oltre due anni prima della data di effetto dell’assicurazione”), i giudici a quibus hanno, infatti, rilevato che “il comportamento “colposo”, fonte di responsabilità del professionista, non può che identificarsi unicamente in quelle condotte che si pongono in stretta correlazione, sotto il profilo eziologico, con i danni oggetto della domanda di risarcimento.

“Pertanto, nel caso di specie, in cui è stato accertato che i gravi difetti della costruzione sono dipesi da problemi di fondazione in conseguenza di errori di progettazione e dei calcoli relativi alla struttura e alla statica dell’edificio, le attività da prendere in considerazione agli effetti dell’art. 2, comma 1 delle condizioni particolari di polizza sono quelle poste in essere dall’Ing. T. nel suo ruolo di progettista delle opere strutturali, tutte pacificamente concluse in epoca anteriore al 22/01/1997 (avendo il professionista presentato la relazione di calcolo relativa al progetto per la costruzione del fabbricato in data 18/05/1995, e la relazione finale all’Ufficio del Genio Civile in data 15/11/1996).

“Che poi l’Ing. T. abbia diretto i lavori inerenti (al)le opere strutturali e, in tale sua qualità, abbia partecipato alle operazioni finali di collaudo, non consente di ritenere rilevanti, ai fini dell’operatività della retrodatazione della garanzia assicurativa, anche le condotte successive al fatto illecito generatore della sua responsabilità professionale.

“Ciò che rileva, infatti, è solo il comportamento causativo del danno, e non anche quello che il professionista abbia omesso di compiere al fine di porre rimedio alle conseguenze lesive dell’illecito già commesso”.

A fronte di tale motivazione, assai chiara nel senso sopra detto, del tutto inconferenti si appalesano le argomentazioni svolte in ricorso circa il protrarsi dei compiti del progettista anche in momenti successivi, fino al collaudo, e la stretta connessione di tali compiti e delle relative competenze con quelle di direttore dei lavori.

La condizione per l’operatività della copertura assicurativa viene, infatti, correlata in sentenza non già, soltanto, all’attività di progettista in quanto tale, ma in quanto denotata dalla sua efficacia causale rispetto al danno per il quale all’assicurato è stato chiesto il risarcimento: efficacia causale motivatamente esclusa per la parte di attività che, pur riferibile alle competenze del T. quale progettista, si è svolta successivamente “al fatto illecito generatore della sua responsabilità professionale”.

Con tale nucleo centrale della motivazione sul punto resa dalla Corte d’appello i ricorrenti omettono, come detto, di misurarsi.

Non illustrata da pertinenti considerazioni si appalesa, in particolare, la censura di violazione delle norme di ermeneutica contrattale, non essendo in alcun modo precisato in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato ovvero ne abbia dato applicazione sulla base di argomentazioni censurabili per omesso esame di fatto controverso e decisivo (v. Cass. 20/08/2015, n. 17049; 09/10/2012, n. 17168; 31/05/2010, n. 13242; 20/11/2009, n. 24539), essendo come noto inammissibile il motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o sul vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26/10/2007, n. 22536).

5. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido, alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, considerando che solo Groupama ha depositato memoria.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida: a) in favore di Groupama in Euro 7.000 per compensi; b) in favore di D.P.L. in Euro 5.600 per compensi; per entrambi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472