Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1180 del 17/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16493/2019 R.G. proposto da:

S.I., rappresentata e difesa dall’Avv. Salvatore Prestia;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Comune di San Calogero, Associazione “Pro Loco San Calogero”;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, n. 1969/2018, pubblicata il 13 novembre 2018.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 2 dicembre 2021 dal Consigliere Dott. Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 20 settembre 2016, il Tribunale di Catanzaro, in accoglimento della domanda proposta da S.I., condannò l’Associazione Pro Loco San Calogero e il Sindaco di San Calogero, quale Ufficiale di Governo, e per esso il Ministero dell’Interno, al risarcimento dei danni alla persona dalla predetta subiti a causa dell’esecuzione di spettacolo pirotecnico nel centro del paese in occasione dei festeggiamenti per il Capodanno del *****.

Ritenne in particolare sussistere la responsabilità del sindaco nella qualità predetta per avere omesso di adottare provvedimenti necessari a tutela della pubblica incolumità, imposti da specifiche disposizioni di legge oltre che dalle comuni norme di prudenza e diligenza, in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa ed in quanto tale prevedibile ed evitabile.

2. In accoglimento del gravame interposto dal Ministero e in conseguente parziale riforma di tale decisione, la Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato la domanda in quanto proposta nei confronti del sindaco, quale ufficiale di Governo, confermando nel resto la sentenza appellata.

In motivazione ha osservato che:

– risulta dagli atti di causa che la manifestazione organizzata dalla Pro Loco si era svolta nel cortile della vecchia scuola comunale, situata quasi di fronte al municipio;

– il sindaco era perfettamente a conoscenza di detta manifestazione avendo non solo autorizzato l’occupazione dello spazio pubblico del sito, ove doveva svolgersi l’evento, ma anche concesso un contributo economico;

– l’evento prevedeva, a chiusura, l’accensione di fuochi pirotecnici per i quali la Pro Loco non aveva richiesto la prescritta licenza;

– in tale contesto nessun addebito può essere mosso al sindaco in qualità di ufficiale di Governo, in quanto il mancato rilascio dell’autorizzazione comporta già di per sé che i fuochi d’artificio non erano consentiti;

– la responsabilità dell’ente per quanto riguarda l’accensione di fuochi d’artificio, ai sensi del t.u.l.p.s. va ricondotta alla necessaria licenza-autorizzazione dell’autorità di pubblica sicurezza e dunque da parte dell’ufficio di pubblica sicurezza o, in sua mancanza, del sindaco;

– ove tale autorizzazione sia concessa incombe sull’autorità che ha rilasciato la licenza, l’obbligo di sorvegliare il corretto espletamento dell’attività;

– a maggior ragione tale obbligo incombe quando essa non sia stata oggetto di alcuna autorizzazione, come nella fattispecie;

– il sindaco, quale ufficiale di Governo, non può essere ritenuto responsabile per non aver azionato i poteri extra ordinem al fine di vietare l’accensione di fuochi d’artificio, non rivestendo questa, sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica, caratteri di eccezionale gravità tali da giustificare l’esercizio di detto potere.

3. Avverso tale decisione S.I. propone ricorso per cassazione affidandolo a due motivi, cui resiste il Ministero dell’Interno, depositando controricorso.

Gli altri intimati non svolgono difese.

La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla violazione e falsa applicazione del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 57 (t.u.l.p.s.), e del R.D. 6 maggio 1940, n. 635, art. 110, comma 3”.

Rileva che, in virtù delle norme evocate, e considerato che il sindaco era a conoscenza del programma della manifestazione, l’assenza di un formale atto autorizzativo, non intervenuto per la mancanza della formale istanza di rilascio da parte della Pro Loco, non poteva valere ad escludere la responsabilità dell’ufficiale di Governo. L’atteggiamento antigiuridico dell’ufficiale di Governo si era infatti concretizzato nel comportamento omissivo rispetto all’acclarata intenzione della Pro Loco di fare esplodere fuochi d’artificio in luogo pubblico ed affollato dall’intera cittadinanza (tutta invitata all’evento).

Sostiene che l’accensione dei fuochi pirotecnici, la quale comporti un danno a terzi e pertanto una lesione di un diritto soggettivo privato alla propria incolumità, ha come conseguenza una responsabilità solidale ex art. 2050 c.c., tra l’Autorità di pubblica sicurezza e colui che ha acceso i fuochi, soggetti su cui incombe l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il pregiudizio.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 54 (t.u. enti loc.)”.

Sostiene che, costituendo attività pericolosa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2050 c.c., quella connessa all’uso e all’accensione di fuochi d’artificio, in quanto comportante l’impiego di sostanze esplosive, il sindaco, quale ufficiale di Governo, aveva l’onere – in assenza di istanza di autorizzazione all’accensione dei fuochi – di emanare l’ordinanza contingibile e urgente ex art. 54 t.u. enti loc., al fine di prevenire un grave pericolo per i cittadini, concretizzatosi poi in effettivo e concreto danno.

Proprio la mancata richiesta di autorizzazione obbligava il sindaco, quale ufficiale del Governo e nell’esercizio dei suoi doveri di vigilanza, a intervenire e vietare in maniera contingibile ed urgente lo spettacolo pirotecnico.

3. Il primo motivo è manifestamente fondato, nella parte in cui denuncia error in iudicando.

Ai sensi del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 57 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) è necessaria, per l’accensione dei fuochi di artificio, la licenza dell’autorità di pubblica sicurezza le cui attribuzioni, in campo locale, sono esercitate dal capo dell’ufficio di pubblica sicurezza, o, in mancanza, dal sindaco (art. 1, comma 4, del medesimo T.U.).

In tale veste il sindaco opera – in virtù della funzione esercitata, diretta al mantenimento dell’ordine pubblico oltre che alla tutela della sicurezza e dell’incolumità dei cittadini – non quale capo dell’amministrazione comunale, bensì quale ufficiale di Governo (v. Cass. Sez. U. 20/09/1990, n. 2726).

Va ancora rammentato che, ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 38, comma 1, lett. d), (Ordinamento delle autonomie locali) – ora abrogato e trasfuso nel D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 57 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ma applicabile nella specie ratione temporis – “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovraintende: d) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone il prefetto”.

A tale quadro normativo di riferimento non è poi certamente estraneo, come già avvertiva la citata pronuncia delle sezioni unite, la “clausola aquiliana” di cui all’art. 2043 c.c. e il principio generale del neminem laedere di cui essa è espressione, fonte di responsabilità (extracontrattuale) anche per la pubblica amministrazione se il danno è riferibile, per l’esistenza di un nesso eziologico, a un comportamento antigiuridico, commissivo od omissivo, della stessa.

La responsabilità a tal titolo della P.A. può in particolare certamente predicarsi anche in ipotesi di condotta meramente omissiva, qual è appunto quella di omessa vigilanza, configurabile ogni qual volta la pubblica amministrazione – che ne aveva la possibilità e, come nella specie, l’obbligo – abbia omesso di intervenire.

Nel caso di specie, come visto, emerge dalla stessa sentenza un contesto fattuale pacifico che di per sé evidenzia sia la condotta omissiva del sindaco, sia il suo carattere colposo, sia ancora la riferibilità causale dell’evento dannoso anche a detta condotta.

Si considerino in particolare:

a) la accertata piena consapevolezza del programmato spettacolo pirotecnico;

b) la prevedibilità del danno, insita nella natura dello spettacolo medesimo e postulata dalla necessaria previa autorizzazione dell’autorità di pubblica sicurezza per esso prescritta;

c) l’inerzia al riguardo serbata a fronte del programmato spettacolo, ben noto quanto a luogo, tempo e modalità di svolgimento: inerzia apprezzabile sia in fase preventiva (per la mancata adozione delle misure atte ad impedire il programmato svolgimento del non autorizzato spettacolo pirotecnico), sia in fase eventualmente repressiva (per non avere il sindaco informato il prefetto dell’organizzazione di giochi d’artificio non autorizzati);

d) la riferibilità causale dell’evento (anche) a tale condotta, non potendo dubitarsi che l’uso accorto dei poteri di vigilanza al riguardo lo avrebbe impedito.

Gli stessi giudici a quibus affermano a chiare lettere che incombe sulla P.A. l’obbligo di vigilare sul “corretto espletamento dell’attività”, “a maggiore ragione quando essa non sia stata oggetto di alcuna autorizzazione”, ma nondimeno – con patente contraddizione – escludono ogni responsabilità del sindaco e ciò sull’implicito rilievo, contraddetto appunto dalla detta premessa e comunque confutato dai rilievi che precedono, che il mancato rilascio dell’autorizzazione esaurisse i suoi compiti al riguardo.

4. In accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro, comunque in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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