Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.926 del 13/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16045/2015 proposto da:

Formenti Seleco S.p.a., in persona del commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giovanni Caselli n. 39, presso lo studio dell’avvocato Gigante Caterina, rappresentata e difesa dall’avvocato Biga Francesco, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

Banca di Credito Cooperativo di Carugate e Inzago soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Pisanelli n. 4, presso lo studio dell’avvocato Gigli Giuseppe, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Villa Gianroberto, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Formenti Seleco S.p.a., in persona del commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giovanni Caselli n. 39, presso lo studio dell’avvocato Gigante Caterina, rappresentata e difesa dall’avvocato Biga Francesco, giusta procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1709/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/10/2021 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

FATTI DI CAUSA

1. – Formenti Seleco S.p.a. in amministrazione straordinaria ricorre per sei mezzi, nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Carugate soc. coop., contro la sentenza del 21 aprile 2015 con cui la Corte d’appello di Milano ha respinto i rispettivi contrapposti appelli avverso sentenza resa tra le parti dal locale Tribunale, che, accogliendo parzialmente le revocatoria fallimentare spiegate dalla procedura nei confronti della banca in due distinti giudizi, poi riuniti, aveva revocato i pagamenti della complessiva somma di Euro 582.111,15, portati da rimesse solutorie in conto corrente affidato, condannando la banca al relativo pagamento.

2. – La Banca di Credito Cooperativo di Carugate soc. coop. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale condizionato per due mezzi, contrastato da Formenti Seleco S.p.a. in amministrazione straordinaria a mezzo di controricorso.

3. – Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. – Il ricorso principale contiene sei motivi così rubricati:

i) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117,artt. 1419,1350,1321,1327,2710 e 2697 c.c., L. Fall., art. 67, comma 2, nel testo previgente alla riforma di cui alla L. n. 80 del 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su detti fatti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 (pagine 24-32);

ii) violazione e falsa applicazione dell’art. 2704 c.c., L. Fall., art. 67, comma 2, nel testo previgente alla riforma di cui alla L. n. 80 del 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, motivazione illogica e insufficiente su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (pagine 3234);

iii) violazione e falsa applicazione degli artt. 1823,1842,1858,2697 c.c., L. Fall., art. 67, comma 2, nel testo previgente alla riforma di cui alla L. n. 80 del 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che rii è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, comunque motivazione insufficiente e contraddittoria su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (pagine 34-53);

iv) violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2, nel testo previgente alla riforma di cui alla L. n. 80 del 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, motivazione illogica e insufficiente e contraddittoria su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (pagine 53-54);

v) violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., L. Fall., art. 67, comma 2, nel testo previgente alla riforma di cui alla L. n. 80 del 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, motivazione illogica e insufficiente e contraddittoria su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (pagine 54-59);

vi) violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c., L. Fall., art. 67, comma 2, nel testo previgente alla riforma di cui alla L. n. 80 del 2005, art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, motivazione illogica e insufficiente e contraddittoria su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (pagine 54-59);

5. – Il ricorso incidentale condizionato contiene due motivi così rubricati:

i) motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, artt. 159,163,183,273 c.p.c. e art. 111 Cost., nonché dell’art. 88 c.p.c., artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all’impiego abusivo degli strumenti processuali (pagine 5475);

ii) motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, artt. 159,163,183,273 c.p.c. e art. 111 Cost., nonché dell’art. 88 c.p.c., artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all’impiego abusivo degli strumenti processuali (pagine 75-76);

6. – Il ricorso principale è fondato nei limiti che seguono.

6.1. – La Corte d’appello di Milano ha adottato, nel pronunciare sull’appello proposto dall’odierna ricorrente, la tecnica della motivazione per relationem, sicché, per il tramite della sentenza impugnata, è alla sentenza del Tribunale che occorre soprattutto rapportare le censure prospettate da Formenti Seleco S.p.a. in amministrazione straordinaria.

Vale allora osservare che il Tribunale, a pagina 6 della sentenza impugnata, nel replicare alla difesa dell’originaria attrice, secondo cui il fido “mobile” invocato dalla banca difettava del requisito formale richiesto dall’art. 117 del Testo Unico Bancario, ha richiamato uno scambio di missive tra le parti da cui emergeva l’esistenza di affidamenti denominati volta a volta “smobilizzo effetti sbf”, “finanz. effetti sbf occasionale”, “portafoglio occasionale”, “portafoglio sbf temporaneo”, “castelletto anticipo effetti sbf temporaneo”, “portafoglio partita… da assorbire nel fido ordinario”, aggiungendo che vi era prova scritta “dell’accordo per la concessione degli affidamenti occasionali, delle comunicazioni di richiesta e conferma dei fili nonché dell’effettiva concessione degli stessi negli estratti del libro fidi e negli estratti di conto corrente, mentre la loro opponibilità alla procedura, ai sensi dell’art. 2704 c.c., discende dalla certezza della datazione attribuita alla segnalazione dei dati relativi al fido concesso alla Centrale Rischi”.

Quanto al concreto contenuto dell’affidamento, poi il Tribunale ha riconosciuto come “non vi sia documentazione contrattuale che espliciti chiaramente le specifiche pattuizioni intercorse tra BCC di ***** e Formenti Seleco l’utilizzo della linea di credito occasionale… qualche chiarimento, sebbene non del tutto esaustivo si può ricavare dal “Regolamento di portafoglio”, che costituisce l’insieme delle procedure tecnico operative per la gestione dei titoli adottate dalle BCC aderenti alla Federazione Lombarda”.

Dopodiché il primo giudice, recependo a propria volta le indicazioni del consulente tecnico d’ufficio, ha ritenuto che, ai fini dell’identificazione della soglia dell’affidamento, rilevante per la distinzione tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatoria, distinzione da cui discendeva la stessa revocabilità della rimesse in quanto suscettibili di essere considerate quali “pagamenti” (fin da Cass. 11 dicembre 1978, n. 5836; Cass. 30 gennaio 1980, n. 709; Cass. 18 ottobre 1982, n. 5413, impostazione superata dalla novella, nel nostro caso inapplicabile ratione temporis, della L. Fall., art. 67, comma 2, lett. b), ad opera del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005, come evidenziato da Cass. 9 gennaio 2019, n. 277), occorresse tenere conto dell’ulteriore affidamento mobile di cui si è detto.

6.2. – I primi tre motivi, tutti concernenti l’esistenza ed operatività di un simile affidamento promiscuo o mobile, affidamento che, secondo la ricorrente, sarebbe stato giudicato provato pur in mancanza di pattuizione scritta opponibile, possono essere simultaneamente esaminati, e vanno accolti.

6.2.1. – In generale, è scontato che l’apertura di credito richieda la forma scritta ai sensi dell’art. 117 del Testo Unico Bancario. Tuttavia la norma stabilisce anche che il C.I.C.R., mediante apposite norme di rango secondario, possa prevedere che particolari contratti, per motivate ragioni tecniche, siano stipulati in forma diversa da quella scritta. Ne discende che, in forza della Delib. C.I.C.R. 4 marzo 2003, il contratto di apertura di credito, qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto, non deve, a sua volta, essere stipulato per iscritto a pena di nullità (Cass. 27 marzo 2017, n. 7763), principio, questo, da intendere nel senso che l’intento di agevolare particolari modalità della contrattazione non comporta una radicale soppressione della forma scritta, ma solo una relativa attenuazione della stessa che, in particolare, salvaguardi l’indicazione nel “contratto madre” delle condizioni economiche cui andrà assoggettato il “contratto figlio” (Cass. 22 novembre 2017, n. 27836).

Nella specie, in causa non è stato neppure sollevato il tema della sostanziale regolamentazione dell’affidamento nel contratto di conto corrente, con conseguente attenuazione dell’obbligo di forma, sicché è senz’altro da ritenere che il primo fosse assoggettato al requisito formale “pieno” richiesto dall’art. 117 del Testo Unico Bancario. Ovvio, dunque, che gli affidamenti, sottoposti al menzionato requisito formale, dovessero provati mediante la produzione della relativa scrittura, non essendo sufficiente, come già chiarito da questa Corte, che l’affidamento risulti dal libro fidi (Cass. 5 dicembre 1992, n. 12947; Cass. 20 giugno 2011, n. 13445), e tanto meno, ovviamente, che il suo contenuto possa essere eventualmente ricostruito attraverso un regolamento (il “Regolamento di portafoglio”, che costituisce l’insieme delle procedure tecnico operative per la gestione dei titoli adottate dalle BCC aderenti alla Federazione Lombarda”) operante inter alios, in mancanza di “documentazione contrattuale che espliciti chiaramente le specifiche pattuizioni intercorse tra BCC di ***** e Formenti Seleco”.

Ne segue che la Corte d’appello ha errato nel ritenere che il fido mobile fosse sostenuto da una pattuizione tale da soddisfare il richiesto requisito formale, con il che viene a cadere anche l’affermazione concernente l’opponibilità dell’affidamento “mobile” al fallimento, tenuto conto che il contratto di apertura di credito non si sottrae al regime dettato dall’art. 2704 c.c., con riguardo all’opponibilità della data della relativa scrittura privata, nel caso in cui debba essere fatto valere nei confronti del terzo, ossia nella revocatoria fallimentare, al curatore (Cass. 19 novembre 2003, n. 17543).

6.2.2. – Quanto all’affermazione della Corte d’appello, mutuata dal Tribunale, secondo cui “vi era certamente un rapporto unitario, diverso rispetto all’esistenza di un castelletto affiancato dall’apertura di credito”, ossia il fido “mobile” tenuto in considerazione dalla banca, occorre anzitutto rammentare che, in tema di revocatoria fallimentare, in caso di “castelletto di sconto” o fido per smobilizzo crediti non sussiste la cd. copertura di un conto corrente bancario in quanto essi, a differenza del contratto di apertura di credito, non attribuiscono al cliente della banca la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono solo fonte, per l’istituto di credito, dell’obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato ammontare, dei titoli che l’affidato presenterà, sicché, ai fini dell’esercizio dell’azione predetta, le rimesse effettuate su tale conto dal cliente, poi fallito, hanno carattere solutorio ove, nel corso del rapporto, il correntista abbia sconfinato dal limite di affidamento concessogli con il diverso contratto di apertura di credito. Ne’ tale distinzione viene meno se tra le due linee di credito sia stabilito un collegamento di fatto, nel senso che i ricavi conseguiti attraverso sconti e anticipazioni siano destinati a confluire nel conto corrente di corrispondenza, trattandosi di meccanismo interno di alimentazione del conto attraverso le rimesse provenienti dalle singole operazioni di smobilizzo crediti, alla stregua di qualunque altra rimessa di diversa provenienza (Cass. 1 luglio 2015, n. 13510; Cass. 27 settembre 2017, n. 22597). Allo stesso riguardo, poi, le rimesse annotate sui conti anticipi non hanno natura solutoria e non sono revocabili, costituendo tali conti una mera evidenza contabile dei finanziamenti per anticipazioni su crediti concessi dalla banca al cliente, ove vengono annotati in “dare” le anticipazioni erogate al correntista ed in “avere” l’esito positivo della riscossione del credito, sottostante agli effetti commerciali presentati dal cliente. Il rapporto tra banca e cliente viene invece rappresentato esclusivamente dal saldo del conto corrente ordinario, ove affluiscono tutte le somme portate dai titoli, dalle ricevute bancarie o dalle carte commerciali presentate per l’incasso, che saranno oggetto di revocatoria nei limiti in cui abbiano contribuito a ridurre lo scoperto del conto medesimo (Cass. 16 marzo 2018, n. 6575).

Tuttavia, non può ritenersi precluso alle parti, nella loro autonomia contrattuale, che la banca si obblighi a tenere a disposizione del cliente una somma di denaro di entità variabile, rapportata (anche) all’importo risultante – ad esempio – da una distinta dei titoli (fatture, ricevute bancarie, titoli di credito, ecc.) che il correntista abbia man mano portato all’incasso: può cioè concretizzarsi, in tal caso, un congegno di incremento dell’ammontare del fido per cassa, derivante dalla presentazione alla banca da parte del cliente della menzionata distinta, incremento rapportato all’ammontare da essa risultante, sino al relativo incasso, contestualmente al quale il fido si riduce proporzionalmente all’accredito delle rimesse sul conto. Ma, perché possa parlarsi di “fido mobile”, ossia di un’apertura di credito ad importo variabile, occorre che la messa a disposizione della somma di denaro, ai sensi dell’art. 1842 c.c., non sia sottoposta ad una valutazione compiuta dalla banca ex post, cosa che pare verificarsi in caso di clausola salvo buon fine, la quale comporti che eventuali insoluti, in base ai quali era stato concesso un fido per cassa, determinino una riduzione retroattiva del saldo.

Verifica, questa, che la Corte territoriale non ha compiuto, sicché anche sotto tale profilo viene a cadere l’affermazione dell’esistenza di un fido “mobile”.

6.3. – Il quarto mezzo è stato spiegato in via subordinata al mancato accoglimento dei primi tre ed è perciò assorbito.

6.4. – Il quinto mezzo, concernente le partite bilanciate, è inammissibile sia perché si fonda su un inappropriato richiamo all’art. 2697 c.c., che può dirsi violato solo quando il giudice di merito abbia operato un ribaltamento dell’onere della prova (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949), e non per il fatto che abbia ipoteticamente male amministrato il materiale istruttorio, sia perché è per il resto svolto come censura motivazionale, non più riconducibile all’attuale previsione del numero 5 dell’art. 360 c.p.c., sia perché menziona in rubrica l’omessa considerazione di fatti decisivi e controversi, ma poi, nello svolgimento della doglianza, non ne indica circostanziatamente alcuno.

6.5. – Eguali considerazioni valgono per il sesto motivo, relativo alla conoscenza dello stato di insolvenza: non è richiamato a proposito l’art. 2697 c.c., la censura concerne in buona sostanza la sufficienza della motivazione, e non sono indicati specifici fatti storici decisivi che il giudice avrebbe omesso di vagliare.

7. – Il ricorso incidentale va respinto.

I due motivi possono essere trattati simultaneamente, poiché concernono entrambi la circostanza che il fallimento abbia proposto due successive domande sostanzialmente sovrapponibili, salvo che per il quantum, con le quali ha chiesto prima la revoca di un certo numero di rimesse e poi anche di rimesse ulteriori.

La Banca sostiene in breve che la proposizione della seconda domanda avrebbe comportato un inammissibile aggiramento dei congegni preclusivi che presiedono al funzionamento del processo civile: ma questa affermazione potrebbe meritare consenso in ipotesi di identità di domande, mentre, nel caso in esame, la seconda domanda si differenzia dalla prima in ragione di uno degli elementi identificativi, ossia il petitum.

Ne’ è richiamato a proposito neppure il principio dell’abusivo frazionamento del credito (peraltro fortemente ridimensionato da Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2017, n. 4090), sol che si consideri che vi è qui una pluralità di crediti aventi ad oggetto le somme portate dalla revoca delle singole rimesse solutorie, tanto più che non si versa in ipotesi di scissione “operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale aggravamento della posizione del debitore” (Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2017, n. 4090, che richiama Cass., Sez. Un., 15 novembre 2017, n. 23726), evidente essendo che in questo caso il creditore non ha inteso frazionare il proprio credito in distinte cause per appesantire la posizione del debitore, avendone egli stesso sollecitato la riunione, così da realizzare infine “la trattazione unitaria dei suddetti processi e comunque da attenuare o elidere gli inconvenienti della proposizione e trattazione separata dei medesimi” (così la citata pronuncia del 2017).

8. – La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, assorbito il quarto ed inammissibili il quinto ed il sesto, e rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022

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