Lesioni micropermanenti, danno morale normalmente assorbito nel danno biologico

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.6443 del 03/03/2023

Quando si tratta di riconoscere danno biologico di natura psicologica di lieve entità, è necessario un maggiore rigore nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate a titolo di danno morale. Ciò perché, in tali casi, si considerano normalmente assorbite nel danno biologico di lieve entità anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del cosiddetto danno morale, salvo la rigorosa prova contraria.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6443 del 3 marzo 2023, affrintando il rapporto fra danno biologico di lieve entità e danno morale.

Il caso di specie riguardava una controversia tra una società di assicurazione e un soggetto richiedente il risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale. In particolare il dannaggiato aveva lamentato in un ulteriore pregiudizio psicologico da stress emotivo causato dal decesso dell'amica trasportata a bordo. Il Tribunale di Foggia aveva ridimensionato l'importo della condanna pronunciata dal primo giudice. Da qui il ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte ha chiarito la distinzione tra il danno biologico e il danno morale, sottolineando che entrambi riguardano la sofferenza e il dolore, seppur su piani diversi. Il danno biologico riguarda gli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, mentre il danno morale riguarda la sfera psicologica ed emotiva.

Tuttavia, quando la sofferenza soggettiva causata da un evento diventa una lesione dell'integrità psicologica medicalmente accertabile, si tratta di un danno biologico e non più di un danno morale. In tali casi, il danneggiato ha comunque la possibilità di dimostrare la compresenza di conseguenze dannose sia sul piano del danno morale sia su quello del danno biologico. Tuttavia, sarà necessario fornire la prova rigorosa della specifica diversità di tali conseguenze, nonché dell'effettiva compresenza di entrambe le serie consequenziali dedotte, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie.

La Corte ha quindi confermato la sentenza del Tribunale di Foggia, ritenendo corretto il fatto che il danno morale fosse integralmente ricondotto al danno biologico, per evitare duplicazioni, dato che la parte danneggiata non aveva fornito alcuna prova ulteriore e diversa rispetto alla circostanza relativa allo stress emotivo causato dal decesso dell'amica.


Sul punto vedi anche:

Danno biologico di lieve entità, danno morale, maggior rigore nell'allegazione e nella prova, normalmente assorbito nel danno biologico

Al riconoscimento di danni biologici di lieve entità, corrisponderà un maggior rigore nell'allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di natura psicologica di lieve entità (salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale.

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Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n. 6443 del 03/03/2023

FATTI DI CAUSA


1. Con sentenza resa in data 23/6/2020, il Tribunale di Foggia, in accoglimento per quanto di ragione dell'appello proposto dalla Allianz s.p.a., in qualità di impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada, e in parziale riforma della decisione di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha ridimensionato l'importo della condanna pronunciata dal primo giudice a carico della Allianz s.p.a., in solido con C.R. e C.M., per il risarcimento dei danni subiti da M.B.M.P. a seguito del sinistro stradale dedotto in giudizio.

2. A fondamento della decisione assunta, il giudice d'appello ha rilevato come, nel caso in esame, la consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio di primo grado avesse individuato, a carico della M., un danno biologico consistente in una compromissione funzionale della caviglia (pari a 3-4 punti percentuali) e in un ulteriore pregiudizio psicologico da stress emotivo (anch'esso pari a 3-4 punti percentuali), con la conseguente possibilità di ricondurre il danno morale sofferto dalla M. al ridetto stress emotivo, facendolo rientrare nella valutazione operata dal c.t.u., in tal modo potendo elidersi la voce per danno morale liquidata dal primo giudice al fine di evitare duplicazioni, operando conclusivamente la complessiva valutazione del danno sofferto dalla M. nella misura di quattro punti percentuali di danno biologico, oltre al danno per invalidità temporanea.

3. Avverso la sentenza d'appello, M.B.M.P. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d'impugnazione.

4. La Allianz s.p.a., in qualità di impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada, resiste con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.

5. C.R., C.M. e M.T.A. (quest'ultimo danneggiato dal medesimo sinistro) non hanno svolto difese in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice d'appello accolto il gravame proposto dalla Allianz s.p.a. incidendo sull'entità del danno biologico subito dall'odierna ricorrente, in tal modo pronunciando oltre i limiti dei contenuti dell'atto d'appello proposto dalla medesima compagnia assicuratrice, nella specie limitato alla sola deduzione dell'ingiustizia della liquidazione del danno morale in favore della M. senza coinvolgere la correttezza della valutazione del danno biologico.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice d'appello dettato una motivazione meramente apparente a fondamento della decisione impugnata, avendo il Tribunale di Foggia rideterminato il danno biologico sofferto dalla M. nella misura di quattro punti percentuali rispetto ai sette punti percentuali liquidati dal primo giudice (peraltro mai censurati in sede d'appello dalla controparte), senza individuare alcuna specifica giustificazione al riguardo.

3. Il primo motivo è fondato e suscettibile di assorbire la rilevanza del secondo.

4. Osserva il Collegio come, attraverso la proposizione del primo motivo, l'odierna ricorrente abbia censurato l'avvenuta commissione, da parte del giudice a quo, di un error in procedendo, segnatamente consistito nella c.d. ultrapetizione verificatasi attraverso la modificazione dell'entità degli importi liquidati dal primo giudice a titolo di danno biologico, nonostante la compagnia assicuratrice appellante avesse limitato l'ambito del proprio gravame alla sola liquidazione del danno morale riconosciuto in favore della M., senza dolersi in alcun modo dell'avvenuta liquidazione, in favore di quest'ultima, del danno biologico e della relativa misura.

5. Sul punto, è appena il caso di evidenziare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, se è vero che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo (qual è indubbiamente il vizio di ultratrapetizione) è anche giudice del fatto e ha il potere-dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere-dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il ‘fatto processuale' di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di puntuale e completa allegazione del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr. ex plurimis, Sez. 1, Sentenza n. 2771 del 02/02/2017, Rv. 643715 - 01).

6. Nel caso di specie, la ricorrente, al fine di individuare gli specifici contenuti dell'atto d'appello proposto dalla Allianz s.p.a., ha espressamente richiamato la pag. 12 dell'atto d'appello proposto dalla compagnia assicuratrice avversaria, provvedendo altresì a localizzarlo nell'ambito degli atti del processo, siccome collocato al n. 4 dei documenti del fascicolo dell'odierna ricorrente in cassazione (cfr. pag. 5 del ricorso).

7. Ciò posto, soddisfatti dalla ricorrente gli oneri di puntuale e completa allegazione del ricorso ai sensi dell'art. 366 n. 6 c.p.c. (e potendo dunque questa Corte accedere all'esame diretto degli atti processuali), dev'essere obiettivamente dato atto, ad esito di tale verifica, dell'avvenuta limitazione dell'atto d'appello proposto dall'Allianz s.p.a. alla sola contestazione della liquidazione, da parte del giudice di primo grado, del danno morale sofferto dalla M., senza che a tale censura critica sia stata associata, oggettivamente e inequivocamente, alcuna doglianza riguardante l'avvenuta liquidazione, in favore dell'originaria attrice, del danno biologico e della relativa misura.

8. Tanto premesso, avendo il giudice d'appello proceduto alla rimodulazione dell'entità del danno biologico (dal primo giudice liquidato nella misura del 7%), ridimensionandolo nella diversa e inferiore entità del 4%, l'odierna censura proposta dalla M. deve ritenersi fondata, dovendo riconoscersi che il Tribunale di Foggia sia effettivamente incorso nel vizio di ultrapetizione denunciato in questa sede, ed altresì nella violazione del giudicato interno formatosi sul punto concernente l'entità del danno biologico concretamente liquidato dal primo giudice in favore dell'odierna ricorrente.

9. Da tale accertamento discende la necessaria cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura qui accolta, con il conseguente assorbimento della rilevanza dell'esame del secondo motivo di ricorso, segnatamente diretto alla censura della motivazione elaborata dal giudice d'appello con riferimento alla disposta riduzione dell'importo del danno biologico subito dalla M..

10. Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale erroneamente affermato che il danno morale sofferto dalla M. potesse essere fatto rientrare nello stress emotivo individuato nella consulenza tecnica d'ufficio svolta in primo grado (al prospettato fine di evitare duplicazioni risarcitorie), in tal modo confondendo la natura dei diversi pregiudizi consistenti, da un lato, nel danno biologico e, dall'altro, nel danno morale conseguenti al fatto illecito subito dalla danneggiata.

11. Con il quarto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di legge (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d'appello erroneamente omesso di riconoscere, in favore della danneggiata, alcun importo a titolo di danno morale, da liquidarsi autonomamente rispetto al danno biologico, anche avvalendosi di criteri presuntivi.

12. Entrambi i motivi - congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione - sono infondati.

13. Osserva il Collegio come le censure in esame, nella misura in cui deducono la pretesa avvenuta confusione, da parte del giudice d'appello, delle nozioni del danno biologico e del danno morale conseguenti al medesimo fatto (confusione nella specie asseritamente consistita nel ritenuto illegittimo assorbimento del danno morale nel danno biologico), impongano una preliminare ricognizione del significato delle voci di danno evocate, segnatamente in considerazione della particolarità del danno biologico riscontrato a carico dell'odierna ricorrente, nella specie consistito, secondo il giudice d'appello, accanto a un danno funzionale alla caviglia, in una compromissione di natura psicologica di lieve entità (pari al 4%), di per sé suscettibile di assorbire l'incidenza dello stress emotivo (quale potenziale estremo di danno morale) vissuto dalla M. per effetto della gravità delle conseguenze del sinistro (nella specie occasionate dall'evento della "morte dell'amica che viaggiava sull'autovettura guidata dalla M.", pag. 7 della sentenza impugnata) onde "evitare la duplicazione delle voci di danno", non avendo la M. fornito la prova di aver subito altre eventuali conseguenze negative al di là del ridetto stress emotivo.

14. Ciò posto, varrà considerare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, il giudice di merito, dopo aver identificato la situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, debba rigorosamente valutare, sul piano della prova, tanto l'aspetto interiore del danno (c.d. danno morale), quanto il suo impatto modificativo in peius con la vita quotidiana (il danno c.d. esistenziale, o danno alla vita di relazione, da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell'accertamento e della quantificazione del danno risarcibile - alla luce dell'insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 235 del 2014) e del recente intervento del legislatore (artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4 agosto 2017 n. 124) - è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti (cfr., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 901 del 17/01/2018, Rv. 647125 - 02).

15. Sul giudice del merito, pertanto, incombe l'obbligo di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze in peius derivanti dall'evento di danno, nessuna esclusa, e con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici.

16. Ne deriva che, a fini liquidatori, si deve procedere a una compiuta istruttoria finalizzata all'accertamento concreto e non astratto del danno, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, valutando distintamente, in sede di quantificazione del danno non patrimoniale alla salute, le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera interiore (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione) rispetto agli effetti incidenti sul piano dinamico-relazionale (che si dipanano nell'ambito delle relazioni di vita esterne), autonomamente risarcibili (Sez. 3, Ordinanza n. 23469 del 28/09/2018, Rv. 650858 - 01).

17. Ferme tali premesse, converrà insistere, in questa sede, sul tema della specifica natura dell'oggetto dell'accertamento del danno alla persona (e della connessa liquidazione) in relazione ad entrambe le sfere assunte in considerazione (quella meramente ‘interiore' ed emotiva del danno morale, e quella, c.d. esterna, d'indole dinamico-relazionale del danno biologico): con riguardo a ciascuna di tali sfere, infatti, varrà evidenziare il condiviso punto di caduta rinvenibile, in ultima analisi, nella comune dimensione propria del ‘dolore', ossia della ‘sofferenzà che - con riferimento, tanto agli aspetti riflessivi della persona nel suo rapporto con sé stesso, quanto a quelli che attengono al sé aperto alle dinamiche della vita quotidiana e alla relazione con l'altro da sé - viene avvertita come afflizione generata da una limitazione imposta, dalla percezione dell'incompiutezza provocata, dall'equilibrio interiore violato, dalla frustrazione generata da impedimenti.

18. Si tratta, com'e' intuibile, di dar voce ed esteriorità (e, dunque, una veste socialmente riconoscibile) a moti propri dell'animo umano (della psiche), a forme di un ‘interno psichicò che intimamente riflettono i toni di un equilibrio emotivo che violentemente si turba, o i tratti di una frustrazione dettata dalla forzata rinuncia ad appagamenti attesi e improvvisamente mancati nelle dimensioni della quotidianità o della vita di relazione.

19. L'operazione che (a fini risarcitori) traduce in termini monetari simili sfuggenti realtà interiori non può che affidarsi alla valorizzazione operativa di indicatori esterni collaudati sul piano dell'esperienza comune, come accade, con specifico riferimento al danno alla salute, nella valorizzazione operativa dei fatti notori, delle massime di esperienza o delle presunzioni (tutti legati alla lettura dei comportamenti individuali frustrati dalla specifica menomazione accertata) che sovente accade di riscontrare in tale ambito, allorché le ragioni della persona vengano colpite sotto la forma dell'aggressione dell'integrità psico-fisica.

20. La specificità ontologica del danno alla persona secondo la categoria della sofferenza, benché più agevolmente riconoscibile con riferimento al danno morale (per la ragionevole intuibilità del turbamento delle tonalità emotive che si esprime, esemplificativamente, nella vergogna, nella disistima di sé, nella paura, nella disperazione, etc. che di regola accompagnano il vissuto connesso a determinati eventi della vita), chiede d'esser rinvenuta anche con riguardo al danno biologico, giacché le conseguenze che derivano dall'aggressione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona (suscettibili di accertamento medico-legale), nella misura in cui esplicano un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato (indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla capacità di produrre reddito) (per riprendere testualmente la definizione fornita dall'art. 138 del codice delle assicurazioni private), altro non fanno che tradursi o riflettersi (mediate dall'accertamento medico-legale che le esprime come limitazioni funzionali della diade psiche/corpo) nei termini propri della ‘sofferenzà e, dunque del dolore che di regola (comunemente) tali limitazioni producono a carico del danneggiato (al di là del dolore fisico come sensazione più o meno spiacevole o fastidiosa) a cagione della forzata rinuncia alla coltivazione delle proprie abitudini quotidiane, o dell'imposto abbandono (temporaneo o meno) dell'ambito delle relazioni personali più significative, secondo le scansioni, i termini o la qualità delle consuetudini di vita sino ad allora conservate.

21. L'insistito riferimento alla dimensione della sofferenza (o del ‘dolore') quale dimensione ‘comuné delle differenti realtà del danno morale e del danno biologico (entrambi quali conseguenze avvertite dalla persona in interiore homine con immediatezza o, mediatamente, attraverso la frustrante sottrazione degli appagamenti della quotidianità e della vita di relazione che la lesione psicofisica impone) assume un particolare significato con riguardo al caso in esame, tenuto conto della specifica natura del danno alla salute concretamente riscontrato a carico dell'odierna ricorrente, che il consulente tecnico d'ufficio nominato nel giudizio di primo grado ha identificato (secondo quanto riferito dalla stessa ricorrente: v. pag. 4 del ricorso) in una globale limitazione ai gradi terminali dei movimenti della caviglia (idonei a determinare un danno biologico nella misura del 3-4%), nonché in lesioni psichiche "correlate al decesso (del quale probabilmente la perizianda si sente corresponsabile) di una cara amica che viaggiava a bordo dello stesso mezzo seduta accanto al posto di guida, è di tutta evidenza che il disturbo post traumatico da stress (...) è attualmente significativamente attenuato; residua tuttavia una modesta quota di ansia, in particolare in occasione della guida dell'automobile, che può essere ammessa al risarcimento con l'attribuzione di una ulteriore percentuale in misura del 3-4%" (v. pag. 4 cit.).

22. Tali esiti delle lesioni riportate dalla M. furono complessivamente ritenuti dal c.t.u. tali da determinare un'invalidità a titolo di danno biologico permanente pari al 7% (/0C. u/t. cit.).

23. A tale danno biologico (sia pure irritualmente ridotto alla misura del 4% dal giudice d'appello, in violazione del giudicato implicito formatosi sull'entità riconosciuta dal primo giudice) - il Tribunale di Foggia ha ritenuto di ricondurre integralmente il danno morale rivendicato dalla M.: e tanto, allo scopo di evitare duplicazioni, non avendo quest'ultima fornito alcuna prova ulteriore e diversa rispetto alla circostanza relativa allo stress emotivo provocato a carico della M. dal decesso dell'amica trasportata a bordo, già valutato ai fini della liquidazione del danno biologico (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).

24. L'operazione così eseguita dal giudice a quo, lungi dal manifestare una pretesa confusione tra le categorie del danno biologico e del danno morale (come asserito dall'odierna ricorrente, ma che lo stesso tribunale ha mostrato di tenere ben distinti nella rispettiva identità di conseguenze connesse alla dimensione dinamico-relazionale, da un lato, e alla sfera meramente psicologica ed emotiva, dall'altro: cfr. pagg. 4-6 della sentenza impugnata), dev'essere piuttosto intesa secondo la finalità espressamente evidenziata dallo stesso giudice d'appello, ossia come diretta a scongiurare l'evidente duplicazione risarcitoria che si sarebbe prodotta là dove, accanto alla liquidazione del danno biologico consistito nella compromissione psicologica dovuta allo stress emotivo sofferto dalla M. a seguito del decesso della persona trasportata sul proprio mezzo, si fosse liquidata un'ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno morale, in considerazione del particolare turbamento affettivo, psicologico od emotivo eventualmente connesso al medesimo evento (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).

25. Al riguardo, è appena il caso di sottolineare come, là dove la sofferenza soggettiva arrecata da un determinato evento della vita, non contenendosi sul piano di un'abituale, normale o comprensibile, alterazione dell'equilibrio affettivo-emotivo del danneggiato, degeneri al punto tale da assumere una configurazione medicalmente accertabile alla stregua di una vera e propria lesione della propria integrità psicologica, non più di un danno morale avrà a discorrersi, bensì di un vero e proprio danno biologico, medicalmente accertabile come conseguenza di una lesione psicologica idonea ad esplicare un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato (cfr. art. 138 c.d.a.) (in thema v. altresì Sez. 3, Ordinanza n. 18056 del 05/07/2019 in motivazione).

26. Con specifico riferimento alle aggressioni della persona che si traducono in una lesione della relativa integrità psicologica, infatti, il superamento della sottile linea di confine tra la mera compromissione emotivo-affettiva e la degenerazione patologica (un discrimine talora sfuggente, benché pur sempre determinabile, in termini logico-scientifici), vale ad imporre una corrispondente riformulazione categoriale della fenomenologia delle conseguenze dannose rilevate, dovendo ravvisarsi gli estremi del danno morale là dove quel confine non sia superato (rimanendosi sul piano di una maggiore o minore alterazione dell'equilibrio emotivo-affettivo del danneggiato), e dovendo, per converso, riconoscersi gli estremi del danno biologico là dove la compro-missione di quell'equilibrio sia accertabile, sul piano medico legale, come lesione psicologica capace di esplicare una rilevabile incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato.

27. Rimane naturalmente pur sempre aperta al danneggiato la possibilità di dimostrare l'eventuale compresenza di conseguenze dannose contestualmente avvertibili, in ipotesi, su entrambi i piani in precedenza rilevati (ossia di diverse conseguenze dannose concretamente coesistenti e correttamente collocabili sui diversi piani del danno morale e del danno biologico): in tal caso, tuttavia, sarà cura dell'interessato fornire la prova rigorosa, tanto della specifica diversità di tali conseguenze (al fine di evitare duplicazioni risarcitorie), quanto dell'effettiva compresenza di entrambe le serie consequenziali dedotte.

28. A tal fine, tuttavia, la possibilità di invocare il valore rappresentativo della lesione psicologica (in sé considerata come danno biologico) alla stregua di un elemento presuntivo suscettibile di (concorrere a) legittimare, in termini inferenziali, l'eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale, dovrà ritenersi tanto più limitata quanto più ridotta, in termini quantitativi, si sia manifestata l'entità dell'invalidità riscontrata, attesa la ragionevole e intuibile idoneità di fatti lesivi di significativa ed elevata gravità a provocare forme di sconvolgimento o di debordante devastazione della vita psicologica individuale (ragionevolmente tali da legittimare il riconoscimento dalla compresenza di un danno morale accanto a un danno biologico), rispetto alla corrispettiva idoneità delle conseguenze limitate a un danno biologico di natura psicologica di lieve entità ad assorbire, secondo un criterio di normalità, tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sul terreno del c.d. danno morale.

29. Da tanto segue la ragionevole affermazione del principio declinabile sul piano probatorio secondo cui, al riconoscimento di danni biologici di lieve entità, corrisponderà un maggior rigore nell'allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di natura psicologica di lieve entità (salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale.

30. Nel caso di specie, avendo il giudice a quo espressamente sottolineato la mancata offerta, da parte dell'odierna ricorrente, di elementi di prova o l'allegazione di circostanze o fatti diversi da quelli già considerati nella valutazione del danno biologico (di natura psicologica) riscontrato a carico della M. (nella misura del 3-4%), le odierne censure avanzate dalla ricorrente devono ritenersi radicalmente prive di fondamento.

31. Sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza del primo motivo, l'assorbimento del secondo e l'infondatezza delle restanti censure esaminate, dev'essere disposta la cassazione della sentenza pugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio al Tribunale di Foggia, in persona di altro magistrato, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbe il secondo, rigetta i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Foggia, in persona di altro magistrato, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2023.

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