Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n.45520 del 27/09/2022 (dep. 30/11/2022)
Le condotte vessatorie poste in essere da parte di uno dei conviventi more uxorio ai danni dell'altro, dopo la cessazione della convivenza, non sono riconducibili al reato di maltrattamenti in famiglia, potendosi ravvisare l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p., comma 2, ovvero, in difetto dei requisiti previsti da tale fattispecie, ulteriori e diverse ipotesi di reato (quali lesioni personali, minacce), attesa che terminata la convivenza viene meno la comunanza di vita e di affetti, nonché il rapporto di reciproco affidamento che giustificano la configurabilità della più grave ipotesi di cui all'art. 572 c.p.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.6323 del 30/01/2023 (dep. 15/02/2023)
La prova dell'evento del delitto di atti persecutori, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente e anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, Sentenza n.24331 del 26/04/2023 (dep. 06/06/2023)
Non è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bensì l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, in presenza di condotte illecite poste in essere da parte di uno dei conviventi "more uxorio" ai danni dell'altro dopo la cessazione della convivenza.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, Ordinanza n.36994 del 12/05/2023 (dep. 08/09/2023)
In tema di atti persecutori, la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, Sentenza n.39675 del 05/05/2023 (dep. 29/09/2023)
Il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all'art. 660 c.p. consiste proprio nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie. Sicché, si configura il delitto di cui all'art. 612-bis c.p. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'art. 660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.33986 del 14/05/2024 (dep. 06/09/2024)
Integra il delitto di atti persecutori la reiterata ed assillante comunicazione di messaggi di contenuto persecutorio, ingiurioso o minatorio, oggettivamente irridenti ed enfatizzanti la patologia della persona offesa, diretta a plurimi destinatari ad essa legati da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l'agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza, della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.