Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27931 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6976/2013 proposto da:

Banca Alpi Marittime Credito Cooperativo Carrù s.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore (*****), elettivamente domiciliata in Roma, via Pacuvio n. 34, presso lo studio dell’avvocato Guido Romanelli, che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avv. Prof. Marino Bin e all’avv. Luciano Mittone, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.G. (*****), elettivamente domiciliato in Roma, corso Trieste n. 87, presso lo studio dell’avv. Arturo Antonucci, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avv. Roberto Vassalle, giusta procura a margine del controricorso;

– resistente –

avverso la sentenza n. 96/2012 della CORTE D’APPELLO di Torino, depositata il 20/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/05/2018 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).

FATTO E DIRITTO

1. V.G. ha convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Mondovì la Banca Alpi Marittime (all’epoca denominata Cassa rurale e artigiana di Carrù e del Monregalese), in relazione a un’operazione di acquisto di bond argentini, avvenuto nel gennaio 1997 sulla base di un mandato per la negoziazione di strumenti finanziari in precedenza conferito alla Banca.

Riscontrato di non avere percepito, a seguito del dissesto dello Stato argentino avvenuto alla fine del 2001, la restituzione del capitale così investito e i connessi interessi compensativi (salva peraltro la riscossione di quattro cedole), l’attore ha affermato che l’operazione di investimento era stata “posta in essere in assenza di un valido contratto di negoziazione”; che la Banca non aveva adempiuto all'”obbligo di informativo specifico”; che l’operazione, “posta in essere senza alcuna avvertenza”, era inadeguata per il ritaglio specifico dell’investitore; che vi era stata “violazione delle norme sul conflitto di interessi”; che vi era stato inadempimento al “dovere di best esecution”; che pure vi era stato inadempimento del “dovere di avvisare, nella seconda metà del 2001, del grave e reiterato declassamento dei rating che assistevano le obbligazioni argentine, annunciante l’imminente default; che sussisteva responsabilità solidaLE, ex artt. 1228 e 2049 c.c., tra la Banca e il funzionario in concreto responsabile dell’operazione.

In ragione di ciò, V.G. ha chiesto la dichiarazione di nullità o di annullamento dell’operazione ovvero la pronuncia di risoluzione del contratto di investimento, con contestuale condanna della Banca alla restituzione della somma investita e/o al risarcimento dei danni subiti, comunque con annessa rivalutazione monetaria e condanna anche al pagamento degli interessi legali, dal dì dell’operazione al saldo.

Costituitasi in giudizio, la Banca ha assunto la validità del contratto quadro, come pure di avere diligentemente rispettato tutti gli obblighi impostile dalla normativa del TUF e dai Regolamenti della Consob. Per il caso di accoglimento delle richieste attoree, ha chiesto in via riconvenzionale la condanna dell’attore alla restituzione dei titoli oggetto di causa e delle cedole percepite, oltre interessi e rivalutazione.

2. Con sentenza n. 94/2009, il Tribunale di Mondovì ha dichiarato la nullità del contratto quadro, sul presupposto dell’insufficienza della dichiarazione unilaterale sottoscritta dall’investitore in considerazione del requisito della forma scritta ad sustantiam, condannando la Banca alla restituzione della somma investita, più interessi.

In parziale accoglimento della riconvenzionale presentata dalla Banca, il Tribunale ha condannato l’attore alla restituzione dei titoli in questione.

3. La Corte di Appello di Torino, con pronuncia del 20 gennaio 2012, ha confermato la decisione del Tribunale in relazione alla dichiarata nullità dell’operazione per mancato rispetto della forma scritta imposta dalla legge per il contratto di negoziazione, rilevando in particolare che il requisito di forma imposto dalla norma dell’art. 23 TUF, comporta che non si possa “fare a meno della sottoscrizione del funzionario della banca, a conferma della stipula del contratto”.

La Corte ha invece accolto l’appello presentato dalla Banca per il punto in cui ha chiesto che, “qualora fosse stata confermata la nullità del contratto quadro”, dalla somma da restituire fossero comunque “detratti” i “proventi delle cedole” effettivamente percepiti dall’investitore V.. Ha rilevato, in particolare, che la “nullità del contratto, da riferirsi ab origine, con efficacia retroattiva al momento della stipula, ne travolge tutti gli effetti, ivi compresi gli utili percepiti dall’investitore”.

4. Contro la sentenza della Corte piemontese è insorta la Banca Alpi Marittime, che ha chiesto la cassazione della decisione relativa alla nullità dell’operazione sulla base di un motivo di ricorso.

Secondo l’avviso della ricorrente, la pronuncia viola, in particolare, le norme del D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 18, del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 e degli artt. 1325 e 1350 c.c. e art. 1418 c.c., comma 1. In realtà, assume il motivo, non occorre che la manifestazione di consenso della Banca sia apposta sullo stesso documento contrattuale, potendo il consenso essere desunto da altri elementi.

5.- V.G. resiste con controricorso.

Lo stesso ha anche articolato ricorso incidentale, per rilevare la violazione degli artt. 820,1147,1148 e 2033 c.c., in relazione alla decisione della Corte di Appello di condanna di pagamento a favore della Banca delle somme a suo tempo versate dallo Stato argentino a titolo di interessi: ad avviso del motivo, la buona fede del cliente nel percepire le somme di cui alle cedole esclude che le medesime siano travolte dalla dichiarata nullità dell’operazione e siano perciò soggette a ripetizione. Nell’atto, il resistente e ricorrente incidentale ha pure rilevato che, nel caso di accoglimento del ricorso principale, le questioni “rimaste assorbite dalla decisione d’appello” rimangono tuttora sub iudice, secondo i “termini sottoposti al giudice dell’appello”.

In replica, la Banca ha depositato “controricorso per resistere a ricorso incidentale”.

6. Chiamata la controversia all’udienza non partecipata del 12 aprile 2017, questa Corte – constatato che il ricorso formulato dalla Banca prospettava il problema “della validità o meno del contratto relativo allo svolgimento di servizi finanziari che sia sottoscritto solo dal cliente e anche dall’intermediario” – ha rilevato che la relativa questione era stata rimessa all’esame delle Sezioni Unite dell’ordinanza interlocutoria n. 10447/2017. Di conseguenza, ha disposto il rinvio a nuovo ruolo della controversia.

In prossimità dell’udienza, che è stata fissata in esito alla pubblicazione della decisione delle Sezioni Unite, entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c..

7. Risolvendo il problema sollevato dal caso del contratto di intermediazione finanziaria sottoscritto dal solo cliente, la sentenza di Cass., Sezioni Unite, 23 gennaio 2018, n. 1653 ha affermato il seguente principio di diritto: “il requisito della forma scritta del contratto quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.

Il motivo di ricorso formulato dalla ricorrente Banca, di conseguenza, si manifesta fondato.

8. L’accoglimento del ricorso principale comporta assorbimento del ricorso incidentale.

Questo ha infatti come suo presupposto necessario la dichiarazione di nullità dell’operazione di investimento, venendo a riguardare l’entità della somma da restituire, in questo caso, da parte della Banca (se data dall’investimento a suo tempo fatto o se depurata, invece, dalle cedole nel concreto percepite dall’investitore).

9. All’accoglimento del ricorso principale segue la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della controversia alla Corte di Appello di Torino che, in diversa composizione, si atterrà al principio di diritto sopra richiamato, procederà all’esame delle questioni riproposte in sede di appello e provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Torino che, in diversa composizione, provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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