LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16918/2015 proposto da:
L.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato ANGELO GIUGLIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO BUTTA’;
– ricorrente –
contro
CURATELA FALLIMENTO ***** SAS, E FALLIMENTO PERSONALE A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 388, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE MARIA PAPPALARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO BLANCO;
– controricorrente –
e contro
L.P., G.D., V.O., CURATELA FALLIMENTO C.V. in persona del Curatore pro tempore, S.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 461/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 17/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/01/2019 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.
FATTI DI CAUSA
La procedura fallimentare di ***** s.a.s. e della socia eponima in persona ebbe a proporre domanda di divisione del bene immobile in signoria – per la quota di 4/6 – alla fallita A.G. e per le restanti quote sino all’intiero in capo ai figli L.P. e V..
Si costituirono L.V., che propose domanda riconvenzionale di simulazione del contratto d’acquisto, da parte dei suoi genitori, dell’immobile oggetto di domanda di divisione, nonchè il marito e covenditore S.A., chiamato quale litisconsorte necessario, mentre gli altri soggetti evocati, il comproprietario L.P. ed i creditori ipotecari, rimasero contumaci.
Il Tribunale di Catania – Paternò con sentenza non definitiva ebbe a rigettare 1"eccezione di simulazione e ad accogliere la domanda di divisione proposta dalla curatela della procedura fallimentare e dispose la vendita all’asta.
Avverso detta decisione propose appello L.V. e resistette la sola procedura fallimentare di ***** sas e della socia eponima, mentre gli altri soggetti evocati rimasero contumaci.
Ad esito della trattazione la Corte d’Appello di Catania accolse parzialmente il gravame,assegnando a L.V. l’immobile già comune con l’obbligo di versare alla procedura fallimentare la somma di Euro 113.333,33, nonchè ulteriore somma al germano P., a titolo di conguaglio.
Osservava la Corte etnea come effettivamente costituisse cosa giudicata, anche in questo procedimento, l’accertamento circa l’inesistenza della simulazione in relazione al contratto con il quale la L. e suo marito S. nel 1980 vendettero l’immobile, oggetto della presente controversia, a A.G. e L.S. – ossia i genitori di L.V. -, reso in altro procedimento promossa dal fallimento di S.A. e del quale furono parti tutti i partecipi alla pattuizione.
La Corte distrettuale,tuttavia, accolse la domanda della L. – proposta solo in appello – di rendersi assegnataria dell’intero ben con onere di soddisfare in denaro i diritti dei comproprietari, poichè mera modifica consentita della posizione assunta in causa.
Avverso detta decisione L.V. ha proposto ricorso per cassazione articolando tre ragioni di doglianza, che illustra anche con nota difensiva.
Resiste con controricorso il Fallimento ***** sas e personale di A.G..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da L.G. s’appalesa privo di fondamento giuridico e va rigettato.
Con il primo articolato mezzo d’impugnazione spiegato, la ricorrente denunzia violazione del disposto ex art. 2909 c.c. e nullità per violazione di specifiche norme processuali con relazione alla ritenuta opponibilità, in questo procedimento,del giudicato formatosi in altro processo afferente precedente domanda di simulazione del medesimo contratto di compera vendita avanzato all’epoca dal fallimento del marito covenditore S.A..
In primo luogo la L. rileva violazione delle norme ex artt. 99 e 100 c.p.c., con conseguente nullità, poichè la Corte etnea non ha rilevato la diversa posizione sostanziale assunta nel presente procedimento da essa ricorrente, evocata quale erede comproprietaria del bene da dividere, mentre la sua domanda riconvenzionale,tesa alla declaratoria di simulazione, era stata spiegata quale soggetto terzo presentatosi siccome il vero proprietario.
Quindi la L. deduce violazione delle disposizioni, ex artt. 77,101 e 163 c.p.c., in quanto la Corte distrettuale si sarebbe limitata ad individuare la parte processuale semplicemente sulla scorta dell’identità fisica della stessa, senza anche accertare l’identità dell’azione, allora proposta, con quella agitata nel presente procedimento.
Infine la ricorrente denuncia violazione delle norme, ex artt. 100,103 e 104 c.p.c., poichè la Corte etnea non avrebbe rilevato che, nel precedente giudizio al fine di evitare l’altrimenti eclatante conflitto d’interesse,la curatela del fallimento S.A. ebbe ad agire quale soggetto terzo rispetto al contratto e,non già, anche quale sostituto della parte contrattuale, sicchè non v’è omologia con l’azione in questa causa sviluppata rispetto a una delle parti del contratto dedotto siccome simulato,ossia il covenditore S.A..
Le argomentazioni critiche illustrate dalla ricorrente appaiono mera proposizione di tesi difensiva fondata su propria ricostruzione giuridica astratta del concetto di azione,teso a dimostrare la dissimilianza tra la domanda esercitata dal fallimento del marito S., contro di lei e dei suoi genitori per recuperare a detta procedura l’immobile di cui oggi è chiesta la divisione, e la domanda riconvenzionale proposta dalla ricorrente in questa controversia.
In effetti,come rettamente sottolineato dalla Corte etnea, i soggetti nelle due controversie sono i medesimi – l’acquirente L.S. oggi è sostituito dai suoi eredi -, il petitum ossia l’immobile è il medesimo e così la causa petendi ossia la simulazione del contratto di compera vendita di detto immobile stipulato, tra i coniugi S. – L., quali venditori, ed i coniugi L. – A. quali acquirenti.
L’asserzione difensiva che il fallimento del S., nella precedente lite definita con sentenza nel 1996, ebbe ad agire quale mero terzo creditore e, non anche, in sostituzione del fallito quale parte contrattuale, si fonda sull’errata individuazione di un conflitto d’interessi in capo al curatore fallimentare nel proporre,allora, sia domanda in via principale di simulazione – omologa all’odierna mossa dalla L. – che domanda pauliana in via subordinata.
Difatti non sussiste alcun conflitto d’interessi posto che furono propose, come sottolineato, domande diverse in rapporto subordinata tra loro, sicchè nulla impediva al curatore, quale sostituto della parte contrattuale,di agire in tale veste con la domanda di simulazione ed, in via gradata, quale terzo a tutela della massa dei creditori, con la pauliana, stante che le domande svolte erano ben distinte. Anche in relazione alla posizione della L. non sussiste alcuna diversità circa la domanda proposta – sempre simulazione in relazione alla medesima cessione del medesimo immobile – sicchè la qualità di erede, su cui si fonda la sua evocazione nella causa di divisione,non incide in alcuna modo sull’azione proposta in via riconvenzionale che sempre si fonda sul contratto, di cui fu parte assieme ai genitori, già oggetto della precedente controversia definita con sentenza nel 1996.
Con il secondo mezzo d’impugnazione la L. rileva violazione del disposto ex art. 111 Cost. e nullità derivante d violazione degli artt. 101,112 e 115 c.p.c., in quanto i Giudici siciliani ebbero, incorrendo nel vizio di extrapetizione, ad assegnare a L.P., che alcuna domanda ebbe a proporre ed anzi esplicitamente ricusò di aver acquistato, quale erede, la quota parte del bene poichè non in signoria effettiva dei genitori.
Il dedotto vizio non sussiste posto che, a seguito del giudicato formatosi sulla domanda di simulazione nell’ambito del precedente procedimento tra le medesime parti compreso L.S., lo stesso rimane opponibile anche ai suoi eredi, quale è L.P..
Dunque l’accoglimento della domanda di divisione, fondata sulla qualità di titolare del diritto di proprietà anche di L.S. – oggi suoi eredi -, proposta non può configurare vizio di extra petizione, poichè accolta proprio la domanda svolta in causa dalla curatela fallimentare.
Inoltre L.P. è soggetto rimasto contumace per tutti i gradi del procedimento, sicchè in causa non ha espresso alcuna posizione e di certo le dichiarazioni extra processuali della parte non assumono valenza di prova ma al più di elemento liberamente valutabile dal Giudice,sicchè non appare concorrere alcuna violazione del disposto ex art. 115 c.p.c..
Con la terza ed ultima doglianza la L. rileva violazione di legge per il mancato rispetto delle norme ex artt. 952,1150 e 2031 c.c. nonchè art. 112 c.p.c., posto che la Corte etnea aveva risolto la questione sollevata dalla sua domanda, di aver stralciato dal valore del bene immobile quello afferente all’edificio da lei eretto, sulla scorta della disposizione legislativa in tema di accessione senza considerare che la domanda si fondava sulla disposizione ex art. 1150 c.c., od in alternativa art. 2031 c.c..
L’infondatezza della svolta censura risulta palese alla sola lettura del ricorso della L. nella parte in cui specifica le domanda svolte in causa di prime cure, posto che,in tale sede, venne in via subordinata chiesto solo l’accertamento della reale quota di spettanza del fallimento, questione cui la Corte ha data adeguata risposta con il richiamo all’istituto dell’accessione.
In questa sede la L. evoca suo diritto fondato sull’istituto del possesso ovvero sulla negotiorum gestio, ossia questioni non tempestivamente proposte in causa.
Infine la L. chiede nuovo regolamento delle spese di lite in dipendenza dell’accoglimento della sua impugnazione, situazione non verificatasi.
Al rigetto del ricorso segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna della L. alla rifusione in favore della curatela del fallimento ***** sas, unico resistente costituitosi in questa causa, delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi,oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense, siccome precisato in dispositivo.
Concorrono in capo alla L. le condizioni per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità in favore della curatela del fallimento ***** sas, che liquida in Euro 5.800,00,di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 16 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019
Codice Civile > Articolo 952 - Costituzione del diritto di superficie | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1150 - Riparazioni, miglioramenti e addizioni | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2019 - Effetti dell'ammortamento | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2031 - Obblighi dell'interessato | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2909 - Cosa giudicata | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 99 - Principio della domanda | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 100 - Interesse ad agire | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 101 - Principio del contraddittorio | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 103 - Litisconsorzio facoltativo | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 115 - Disponibilita' delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 385 - Provvedimenti sulle spese | Codice Procedura Civile