LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13515/2013 proposto da:
R.T., R.P., nella qualità di eredi di C.M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA MASTROCOLA, rappresentati e difesi dall’avvocato ANNA TERESA ARNONE;
– ricorrenti –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
***** in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;
– controricorrenti –
e contro
– EQUITALIA SUD S.P.A. (Società incorporante della Equitalia Polis s.p.a. ora AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MARIA GAZZONI, rappresentata e difesa dagli Avvocati PAOLO MOLINARA, VIVIANA DE BELLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1149/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 28/11/2012 R.G.N. 85/2012.
RILEVATO IN FATTO
che:
La Corte d’appello di Salerno (sentenza del 23.11.2012) ha rigettato l’impugnazione proposta da R.T. e R.P. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede che aveva respinto l’opposizione promossa dalla loro dante causa C.M.A. alla cartella esattoriale avente ad oggetto l’intimazione di pagamento di contributi dovuti alla gestione previdenziale delle aziende;
la Corte territoriale ha rilevato che la cartella esattoriale era stata regolarmente notificata alla dante causa degli appellanti, nessun rilievo potendo avere il tardivo ed irrituale disconoscimento della conformità all’originale della fotocopia dell’avviso di ricevimento, e che l’eccezione di prescrizione quinquennale era infondata, atteso che la irrevocabilità della cartella, dovuta alla mancata opposizione nel termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comportava che il relativo credito si prescriveva con il decorso dei dieci anni, giusta il disposto di cui all’art. 2953 c.c.;
per la cassazione della sentenza ricorrono R.T. e R.P. con due motivi, cui resistono con controricorso l’Inps e la società Equitalia Sud s.p.a..
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1. col primo motivo, dedotto per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5, e per violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 214 c.p.c., artt. 2697 e 2719 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti assumono che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che il disconoscimento della copia dell’avviso di ricevimento della cartella, effettuato dalla difesa della C., fosse intervenuto solo con le note integrative depositate il 3.3.2011, laddove già nell’udienza di discussione fissata per l’esame dell’istanza di sospensione cautelare, tenutasi il 27.9.2010, lo stesso era stato formalmente eseguito;
2. il motivo denota profili di inammissibilità e di infondatezza per le seguenti ragioni: anzitutto, come questa Corte ha già avuto occasione di statuire (Cass. sez. 1 n. 19443 del 23/9/2011) “in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse” (conf. a Cass. Sez. 3, n. 10295 del 7/5/2007);
3. quanto al rilievo secondo cui il disconoscimento della conformità all’originale dell’avviso di ricevimento operato dalla dante causa degli appellanti era da considerare valido e tempestivo, essendo avvenuto già all’udienza del 27.9.2010 in cui doveva essere adottata la decisione sull’istanza di sospensione e nella quale veniva verbalizzata la seguente richiesta: “impugna la memoria difensiva di Equitalia spa e disconosce la documentazione prodotta in copia, in uno alle sottoscrizioni riferibili alla ricorrente”, si osserva che lo stesso è infondato per le seguenti ragioni: la Corte territoriale ha, anzitutto, correttamente evidenziato che nessun rilievo poteva esplicare nella fattispecie la circostanza dell’intervenuto disconoscimento della conformità all’originale della copia dell’avviso di ricevimento concernente la notifica della cartella esattoriale, in quanto la contestazione di cui all’art. 2719 c.c., non impediva al giudicante, diversamente dall’ipotesi del disconoscimento di scrittura privata, di accertare la conformità all’originale del documento anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni;
infatti, si è di recente ribadito (Cass. Sez. 5, sentenza n. 14950 dell’8.6.2018) che “In tema di prova documentale, il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2, in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c., non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni “(conf. a Cass. Sez. 3 n. 24456 del 21.11.2011);
4. inoltre, la Corte d’appello ha anche rilevato che il disconoscimento non era stato effettuato alla prima udienza di discussione del 16.2.2011, bensì solo con le note autorizzate, depositate il 3.3.2011, ed in assenza della controparte;
al riguardo questa Corte ha già avuto modo di statuire (Cass. Sez. 3, n. 6187 del 13.3.2009) che “In tema di disconoscimento della scrittura privata, la disposizione dell’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2), secondo cui la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta se la parte comparsa non la disconosce “nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione”, deve intendersi nel senso che la prima risposta è integrata da un atto processualmente rilevante compiuto alla presenza di entrambe le parti, attesa l’esigenza dell’immediatezza della conoscenza del disconoscimento in capo al soggetto che ne è destinatario. Ne consegue che non può intendersi come prima risposta il mero deposito di note difensive autorizzate, proprio perchè effettuato in assenza della controparte”;
si è, altresì, chiarito (Cass. Sez. 6 – 3, ord. n. 3540 del 6.2.2019) che “L’art. 2719 c.c., che esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche, è applicabile tanto alla ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, e, nel silenzio normativo sui modi e termini in cui deve procedersi, entrambe le ipotesi sono disciplinate dagli artt. 214 e 215 c.p.c., con la conseguenza che la copia fotostatica (nella specie, riproduttiva di una email) non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se non venga disconosciuta in modo formale e inequivoco alla prima udienza, o nella prima risposta successiva alla sua produzione”;
non ha, quindi, pregio la doglianza dei ricorrenti i quali ritengono che il disconoscimento era avvenuto nel corso dell’udienza fissata per la decisione sull’istanza preliminare di sospensione, atteso che non solo le espressioni utilizzate in quella circostanza e riportate nel presente ricorso non si rivelano inequivocabili ai fini del disconoscimento dello specifico atto in questione, stante la genericità del riferimento alla documentazione prodotta da una delle controparti, ma nemmeno viene rispettato nella circostanza il principio di autosufficienza che deve contraddistinguere il giudizio di legittimità, posto che non è dato sapere se in quella documentazione, tra l’altro riferita alla sola Equitalia spa, fosse ricompresa o meno la copia dell’avviso di ricevimento di cui trattasi;
5. col secondo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione degli artt. 2953,2907 e 2909 c.c., i ricorrenti lamentano che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale anzichè quello quinquennale, oggetto di espressa eccezione; i medesimi aggiungono che erroneamente la Corte territoriale ha riconnesso gli effetti del giudicato alla cartella esattoriale non opposta, avente natura di atto amministrativo che cumula in sè le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto ma che è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, per cui nella fattispecie non poteva trovare applicazione l’ordinario termine della prescrizione decennale connesso all’actio iudicati, ma solo quello quinquennale in materia di recupero dei crediti contributivi;
6. il motivo è fondato, in quanto le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., sentenza n. 23397 del 17.11.2016) hanno affermato che “Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.
7. in definitiva, il primo motivo va rigettato, mentre va accolto il secondo, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e con rinvio della causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese alla Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 6 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2019
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