Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.17043 del 26/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8947-2017 proposto da:

TLC HOLDING SPA, in persona dell’Amministratore Unico e Legale Rappresentante pro tempore Dott. S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 18, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BERRUTI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PIERLUIGI COTTAFAVI, GIORGIO BARBIERI, BRUNELLA BERTANI;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA, ***** in persona del procuratore Avv. V.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI SPAGNA, 15, presso lo studio dell’avvocato MARCO D’OSTUNI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ARTURO LEONE, CARLO SANTORO, ANDREA GIUSSANI, CARLO FERDINANDO EMANUELE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 892/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avv. BRUNELLA BERTANI e BARBIERI GIORGIO;

udito l’Avv. MARCO D’OSTUNI, GIUSSANI ANDREA, LEONE ARTURO;

FATTI DI CAUSA

Con tre distinti atti di citazione notificati tra il 2001 ed il 2002, Galactica S.p.a. (oggi FU: Holding S.p.a.) convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, Telecom Italia S.p.a.” al fine di sentire: dichiarare l’illegittimità del recesso, comunicato da Telecom il 21.5.2001, dal contratto) inter partes; accertare che nulla era dovuto alla convenuta da tale data fino al 18.7.2001; accertare l’inadempimento contrattuale di Telecom e/o la sua responsabilità per atti di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.; riconoscere il proprio diritto alla prosecuzione del rapporto anche oltre il 18.7.2001, dichiarando quindi l’illiceità contrattuale e/o aquiliana della disconnessione dalle linee operata da Telecom; condannare la convenuta a risarcimento dei danni; accertare la violazione da parte della stessa Telecom dell’art. 2598 c.c., n. 3, con conseguente condanna al risarcimento dei danni derivanti da tale ulteriore condotta illecita; accertare la non debenza della somma pagata a Telecom in esecuzione del decreto ingiuntivo da quest’ultima ottenuto per il pagamento delle forniture nel periodo da luglio a settembre del 2001, con conseguente condanna della convenuta alla restituzione dell’importo ricevuto; accertare la responsabilità precontrattuale di Telecom, per violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nell’interruzione delle trattative per la prosecuzione del rapporto.

Espose:

– che Galactica operava come ISP (internet service provider), cioè come soggetto che offriva a chiunque ne facesse richiesta, dietro il pagamento di un corrispettivo, il servizio di connessione ad Internet;

– che il 13.4.2000, al fine di offrire alla propria clientela un servizio di accesso alla rete in modalità fiat (ovvero con modalità di pagamento forfettaria” indipendentemente dal tempo di connessione dell’utente) – servizio per il quale necessitava di un collegamento su linee telefoniche di dimensioni e velocità adeguate, all’epoca in possesso solo di Telecom – aveva stipulato con la società convenuta un accordo programmatico per la fornitura di linee ISDN, ad un prezzo determinato à forfait;

– che tale contratto, della durata di sci mesi, conteneva l’impegno delle parti, decorso tale termine, ad incontrarsi per valutare la correttezza del schema economico applicato in relazione agli effettivi consumi;

– che, dopo poco più di un mese dalla stipula del predetto accordo, le parti avevano stabilito la concessione in capo a Galactica di un numero di linee ISDN superiore a quello massimo previsto nel contratto;

– che, prima della scadenza pattuita, in data 18.7.2000, le parti avevano siglato un altro accordo che riproponeva le condizioni contrattualmente stabilite, ma ne ampliava la durata a 12 mesi, salva la stessa previsione di incontro trascorsi sei mesi;

– che, contestualmente alla sottoscrizione del secondo contratto, Telecom aveva inviato a Galactica il testo di un’offerta promozionale di prossima attivazione denominata *****, analoga a quella in essere fra le parti in quanto si rivolgeva agli ISP e prevedeva il pagamento di un canone fisso mensile per linea non dissimile da quello concordato nei suddetti contratti;

– che, su queste basi, Galactica, confidando nella stabilità futura dell’accordo, aveva posto in essere investimenti per decine di miliardi di Lire;

– che, tra novembre e dicembre 2000, avevano avuto luogo una serie di contatti tra le due parti diretti a promuovere l’aumento delle linee e ad ottenere sconti, in un contesto che preludeva alla generalizzazione della fornitura di linee a tariffa forfettaria (c.d. FIRM));

– che tuttavia, scaduto il termine semestrale, con e-mail del 27.2.2001, Telecom aveva comunicato di voler modificare le condizioni economiche dell’accordo, passando dalla modalità forfait ad una modalità semiforfettaria, con decorrenza dal 1.03.2001 e fino al 18.7.2001;

– che Telecom aveva comunicato con fax del 21.5.2001 che avrebbe considerato cessato a tutti gli effetti, a far data dal 29.5.2001, il rapporto contrattuale, provvedendo di conseguenza a staccare le linee;

– che Galactica aveva quindi proposto ricorso ex art. 700 c.p.c., in esito al quale il Tribunale di Milano aveva inibito la disconnessione sino alla data di scadenza del secondo contratto (18.7.2001);

– che, scaduto tale termine, Telecom aveva nuovamente comunicato la cessazione ad ogni effetto del secondo contratto, provvedendo a disconnettere le linee in data 7.09.2001;

– che il 20.9.2001, a causa dell’impossibilità di fornire ai clienti il proprio servizio per via dell’anzidetta disconnessione, Galactica era stata posta in liquidazione;

– che successivamente Telecom aveva ottenuto nei confronti di Galactica decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per la fattura emessa relativamente al periodo 19.7.2001-3.9.2001, in applicazione di una tariffa minutaria da essa unilateralmente adottata;

– che Galactica, di fronte alla minaccia di imminenti azioni esecutive ed al fine di non pregiudicare l’andamento della procedura di liquidazione aveva pagato la suddetta fattura con espressa riserva di ripetizione dell’indebito.

Si costituì in giudizio la convenuta, la quale chiese il rigetto delle pretese avversarie, rilevando che: entrambi contratti erano stati qualificati dalle parti come sperimentali, quindi con contenuti provvisori; proprio in seguito all’effettiva sperimentazione si erano evidenziate difficoltà legate all’eccesso di consumi che ne rendevano impossibile la prosecuzione alle stesse condizioni; il secondo contratto non aveva durata indeterminata ed anzi prevedeva il diritto di Telecom rivedere la tariffazione nel secondo semestre; Galactica non aveva comunque alcun diritto alla stipula di un nuovo accordo dopo la scadenza naturale del contratto al 18.7.2001; il Tribunale sarebbe stato incompetente a decidere domande aventi ad oggetto pretesi abusi di posizione dominante, poichè tali doglianze erano devolute alla cognizione della Corte d’appello L. n. 287 del 1990, ex art. 33. In via riconvenzionale, Telecom chiese la condanna di Galactica al pagamento dell’importo dovuto quale maggior prezzo relativamente al periodo gennaio – luglio 2001, nonchè l’accertamento del carattere concorrenzialmente illecito della diffusione, da parte dell’attrice, di un messaggio dal contenuto denigratorio nei confronti della stessa Telecom, con conseguente risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Milano, con la sentenza non definitiva n. 8578/2007, rigettò la pretesa di Galactica di accertamento della natura di lunga durata dell’accordo inter partes del 18.7.2000, evidenziando la personalizzazione e la sperimentalità dell’assetto economico previsto dallo stesso.

Il primo giudice accertò invece la responsabilità di Telecom ex art. 1337 c.c., per ingiustificato rifiuto di trattare, con conseguente riconoscimento di un risarcimento commisurato al solo interesse negativo) (spese sostenute e perdite derivanti dall’affidamento sulla conclusione di un nuovo contratto). Al riguardo, il Tribunale osservò che dalle deposizioni testimoniali era emersa un’assoluta chiusura da parte di Telecom ad ogni ipotesi di ridiscussione dei costi su base forfettaria e ciò in palese violazione sia della causa contrattuale (ossia la sperimentazione di tariffe flat), sia della regola di buona fede, il cui rispetto avrebbe imposto alle parti di sedersi al tavolo delle trattative per valutare e modificare il profilo economico in previsione dell’evoluzione dell’offerta di telefonia, definendo un ragionevole assetto di interessi che consentisse di mantenere e sviluppare la partnership tra Telecom e Galactica sino al momento della generalizzazione delle tariffe flat.

Il Tribunale rigettò poi: la domanda relativa all’accertamento della non debenza dell’importo versato da Galactica a Telecom nell’ultima parte della vigenza del rapporto, sul rilievo della definitività del decreto ingiuntivo che portava detta somma e comunque del consenso ravvisabile nel suo intervenuto pagamento; l’ulteriore domanda di accertamento della responsabilità extracontrattuale, anche ex art. 2598 c.c., n. 3, per abuso di posizione dominante L. n. 287 del 1990, ex art. 33 ravvisando la carenza dei necessari elementi probatori, anche indiziari, e ritenendo comunque che tale responsabilità si potesse ricondurre alla più generale violazione dell’obbligo di buona fede; le domande riconvenzionali di Telecom.

Il giudizio fu quindi rimesso in istruttoria al fine di eseguire la consulenza tecnica necessaria per quantificare il relativo danno.

Espletata la CTU, venne emanata la sentenza definitiva n. 4049/2011.

2. Entrambe le suddette pronunce sono state riformate dalla Corte d’appello di Milano con la sentenza n. 892/2016 del 7 marzo 2016.

Per quel che qui ancora interessa, la Corte territoriale ha rilevato che, alla luce della caratteristica di sperimentalità dell’accordo, in nessun modo Galactica poteva pretendere che il contratto avesse durata indeterminata, nè tantomeno che si rinnovasse tacitamente alla scadenza. Una simile richiesta, infatti, sarebbe stata contraria alla volontà fissata nel testo contrattuale.

Allo stesso modo, secondo il giudice dell’appello, sarebbe stata infondata la pretesa a che Telecom, una volta scaduto l’accordo, si rimettesse sul tavolo delle trattative per stipulare un accordo dallo stesso oggetto ed alle stesse condizioni inizialmente pattuite. Di conseguenza, l’unico impegno contrattualmente assunto delle parti era quello di incontrarsi per rinegoziare il profilo economico e non quello di rinnovare il contratto stesso, nè quello di contrarre nuovamente una volta scaduto l’accordo.

La Corte d’appello, diversamente dal giudice di primo grado, ha ritenuto che l’affidamento che Galactica aveva riposto nella stabilità degli accordi non fosse meritevole di tutela. Al riguardo, ha evidenziato che nel testo contrattuale era espressamente prevista la provvisorietà degli stessi accordi. Ciò risultava confermato dalle deposizioni testimoniali assunte in primo grado e non contestate. Del resto, la stessa richiesta di Galactica di stipulare un secondo accordo dalla durata più lunga appariva in radicale contrasto con la sicurezza di una rinnovazione tacita.

Nè poteva ritenersi, come aveva fatto il Tribunale, che l’installazione da parte del settore tecnico di Telecom di numerose linee (che apriva la possibilità per Galactica di stipulare decine di migliaia di contatti con l’utenza finale) fosse idonea a palesare una violazione del dovere di buona fede da parte della stessa Telecom. Tale circostanza infatti era conseguenza di una prassi consolidata, finalizzata all’ottimizzazione di esigenze tecniche progettuali, che privilegiano la realizzazione immediata di molte linee, anche a rischio di inutilizzazione di alcune di esse, piuttosto che un sottodimensionamento, suscettibile di richiedere una pluralità di interventi successivi.

La tesi di Galactica secondo cui il piano tariffario, per lei molto vantaggioso, fosse da ritenersi fisso e a durata indeterminata è smentito anche dal fatto che lo schema economico previsto nell’accordo era stato sviluppato sulla base di un consumo giornaliero ipotizzato di circa 8 ore, mentre la clientela di Galactica aveva ben presto sviluppato un profilo di consumo ben oltre soglia, con alcuni clienti che rimanevano connessi anche 24 ore al giorno, creando una barriera per gli altri utenti intenzionati a connettersi. La congestione del traffico aveva fatto aumentare i costi sostenuti da Telecom e di conseguenza le parti, approssimandosi il termine semestrale, avevano iniziato) a rinegoziare il contenuto del rapporto senza però trovare un accordo sulle modalità di tariffazione. Non era quindi possibile evidenziare un inadempimento imputabile a Telecom.

La Corte meneghina ha ulteriormente osservato che, nel testo contrattuale, non si rinveniva alcuna clausola che obbligasse le parti a tenere ferma, in ogni caso, la tariffazione forfettaria. L’unico obbligo previsto) era invece quello di rinnovare o modificare il profilo economico una volta valutata la correttezza dello stesso in relazione agli effettivi consumi. Poichè gli effettivi consumi erano notevolmente maggiori rispetto a quanto preventivato, le parti avevano correttamente iniziato delle trattative che, tuttavia, non avevano avuto esito positivo.

Peraltro, la Corte di merito ha evidenziato che nel corso delle suddette trattative, Telecom aveva proposto una tariffazione fiat, trovando un’assoluta chiusura da parte di Galactica, nonostante quest’ultima, in sede di conciliazione, avesse poi proposto di pagare una cifra non lontana dalla richiesta di Telecom per mantenere la modalità forfettaria.

D’altra parte, secondo il giudice dell’appello, Galactica, che operava già da tempo) nel settore delle telecomunicazioni non poteva non essere a conoscenza del fatto che l’AgCom avesse diffidato Telecom dal reiterare offerte personalizzate come quella pattuita con la stessa Galactica senza una preventiva comunicazione all’Autorità. Pertanto, tenuto conto dei tempi, non sempre brevi, di conclusione dell’iter di approvazione delle tariffe, non poteva non sapere che l’accordo del 18.7.2001 era destinato a terminare naturalmente i suoi effetti alla data di scadenza, tenuto conto dei tempi. Nè si vedeva perchè Telecom sarebbe stata tenuta a mantenere prezzi agevolati nei confronti di Galactica fino alla generalizzazione della tariffa flat a tutti gli altri operatori.

Non poteva poi essere imputata a Telecom la scelta di Galactica di non accettare la tariffa predisposta, in sede di conciliazione, dall’autorità e Telecom (i quali cercavano una soluzione ponte per consentire a Galactica di arrivare comunque all’introduzione della flat anche agli altri operatori) o l’errore commesso dalla stessa Galactica di stipulare con la clientela contratti di durata indeterminata o comunque maggiore rispetto alla scadenza dell’accordo con Telecom, nella speranza che nel frattempo venisse introdotta la FRIACO. Infatti, i tempi dell’istruttoria non potevano essere accelerati da Telecom, nè Galactica aveva alcun potere di mettere in mora l’Autorità, condizionando l’accettazione della proposta all’introduzione della FRIACO entro una certa data.

Nè vi era una responsabilità di Telecom per non aver dato tempestivo impulso alla presentazione della tariffa FRIACO o per aver sottoposto ad approvazione non una tariffa a forfait, ma una tariffa minutaria in aggiunta ad un canone fisso, che comunque era coerente con quella proposta a Galactica in sede di rinegoziazione nonchè con i risultati della sperimentazione avviati proprio con Galactica la quale quindi, almeno per i primi mesi, aveva potuto avvalersi di un’offerta estremamente vantaggiosa.

Nemmeno le perdite di Galactica erano imputabili a Telecom, poichè derivavano da precise scelte imprenditoriali. Galactica infatti aveva posto in essere ingenti investimenti nella speranza di trovarsi in posizione avvantaggiata rispetto ai concorrenti nel momento della generalizzazione della tariffa ed aveva cercato di aumentare e fidelizzare il più possibile la propria clientela fissando prezzi estremamente bassi per la propria offerta fiat, tanto da non essere in grado di coprire i costi, come era stato evidenziato anche nella c.t.u. svolta in primo grado.

La Corte d’appello ha infine escluso anche una responsabilità L. n. 192 del 1998, ex art. 9, comma 2, di Telecom per interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto, richiamando i caratteri di sperimentalità e temporaneità degli accordi nonchè la diffida a Telecom da parte dell’Agcom ed osservando come non si potessero considerare eccessivamente gravose le condizioni tariffarie proposte a Galactica, in quanto le stesse erano approvate dall’autorità di vigilanza del settore ed avevano poi costituito la base di partenza per la strutturazione della successiva tariffa FRIACO. Il rifiuto di una simile soluzione ponte per Galactica era un fatto sufficiente ad escludere anche la fattispecie di rifiuto a vendere. Nè pareva possibile ravvisare alcun profilo discriminatorio, tale da integrare un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi, alla luce notevole privilegio costituito dalla tariffa a forfait concessa in anteprima a Galactica.

Neppure sussisteva una responsabilità di Telecom per concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., n. 3, ovvero, in subordine, ex art. 2043 c.c. Secondo la Corte d’appello, non era stata Telecom a rifiutarsi di contrarre, ma Galactica ad a opporsi a tutte le proposte, anche di tipo forfettario, di Telecom, comprese quelle poi approvate dall’Autorità e offerte a tutti gli altri concorrenti. Non era plausibile un tentativo di estromissione da parte di Telecom finalizzata al lancio della propria offerta ADSL, ADSL e ISDN, infatti, costituivano mercati rilevanti diversi e non perfettamente sostituibili. Inoltre, l’offerta ADSL flat di Telecom venne lanciata a distanza di quasi quattro anni dal presunto boicottaggio. Infine, non poteva dirsi che Telecom avesse abusato della propria posizione dominante sul mercato delle offerte di connessione di Internet per impedire ai concorrenti operatori ISP di proporre offerte analoghe competitive, dal momento che proprio Galactica aveva avuto, grazie all’accordo sperimentale, la possibilità di proporre in anteprima alla propria clientela un’offerta estremamente vantaggiosa.

Infine, la Corte ha rigettato le domande di Galactica di assunzione dei mezzi istruttori non ammessi dal Tribunale, ritenendo le prove richieste non necessarie ed osservando che, comunque, le doglianze proposte avverso la decisione del Tribunale non configuravano nemmeno un vero e proprio motivo di appello, difettando dell’espressa indicazione delle ragioni che avrebbero reso erronea la mancata ammissione e che invece avrebbero dovuto indurre ad ammettere i suddetti mezzi.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione, sulla base di nove motivi, illustrati da memoria, TLC Holding S.p.a.

3.1. Resiste con controricorso Telecom Italia S.p.a.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la “violazione degli artt. 1375 c.c. e 1337 c.c. (norme c.d. elastiche)” nella parte in cui la Corte d’appello ha escluso l’esistenza di responsabilità a titolo contrattuale e precontrattuale in capo a Telecom per le condotte omissive e commissive dalla stessa tenute nei confronti di Galactica, omettendo l’applicazione del canone di buona fede nella valutazione della condotta di Telecom in sede di esecuzione del secondo contratto e di svolgimento delle trattative per il suo rinnovo.

In particolare, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto ritenere contraria a buona fede ex art. 1375 la radicale chiusura di Telecom rispetto alla tariffazione flat.

Un obbligo di applicazione della tariffazione flat, pur non affermato espressamente, avrebbe dovuto comunque ritenersi sorto con il regolamento contrattuale tra le parti, ove integrato in base alla buona fede ed interpretato alla luce della causa contrattuale (consentire, da un lato, a Galactica di sperimentare l’offerta di una connessione flat alla propria clientela e, dall’altro lato a Telecom di sperimentare la fattibilità tecnica ed economica di una simile offerta nella prospettiva di una sua generalizzazione, come veniva da qualche tempo sollecitato dall’Autorità).

Pertanto, il comportamento di Telecom in sede esecutiva avrebbe contravvenuto all’obbligo di buona fede, in quanto la società avrebbe preteso) di stravolgere unilateralmente la stessa funzione per la quale i contraenti avevano concluso i contratti.

L’obbligo, in capo ad entrambe le parti, di negoziare il rinnovo o la modifica del profilo economico da applicare avrebbe dovuto consentire alle stesse di aggiustare il tiro in relazione agli effettivi consumi ma avrebbe dovuto necessariamente rimanere all’interno di proposte tendenzialmente flat che non snaturassero la stessa causa contrattuale.

Per le stesse ragioni sarebbe stata contraria a buona fede l’invio della disdetta al secondo contratto motivata dal rifiuto di Galactica di accettare la transazione proposta, nella quale si prevedeva, oltre ad una tariffazione minutaria per il periodo successivo alla scadenza del contratto, anche l’applicazione di un’economicamente insostenibile tariffa mista per il secondo semestre di vigenza dello stesso contratto, variando unilateralmente le condizioni economiche in essere.

Inoltre, la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare quale inadempimento il fatto che Telecom non avesse sottoposto all’A’gCom per la necessaria approvazione la tariffa sperimentale prevista nel secondo contratto, come previsto dalla legge.

L’impedimento alla legittima applicazione della suddetta tariffa sarebbe quindi derivato da una condotta omissiva di Telecom, che non si era attivato per porsi nella condizione di adempiere il contratto.

Al riguardo era irrilevante la circostanza che Galactica, in quanto operante nel settore delle telecomunicazioni, dovesse essere conoscenza dei tempi di approvazione delle tariffe, essendo pacifico che nessuna tariffa era mai stata sottoposta all’Autorità garante per l’approvazione.

Costituirebbe poi violazione del dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto il fatto che Telecom non avesse notiziato Galactica del procedimento sanzionatorio avviato dall’AgCom nei suoi confronti i cui atti erano secretati), circostanza in grado di minare la stabilità del contratto sotto il profilo economico, potendo il procedimento concludersi (come poi effettivamente fu) nella diffida a praticare tariffe del tipo di quella prevista nel contratto.

Se Galactica avesse tempestivamente conosciuto tale circostanza avrebbe potuto apprezzare, a due mesi dalla conclusione del contratto, i rischi economici degli investimenti che stava attuando.

Il fatto che Galactica fosse poi, nell’aprile 2001, venuta a conoscenza del provvedimento dell’Autorità, non avrebbe effetto esimiente, in quanto a quel punto il danno economico si era già prodotto, poichè la ricorrente, avendo ormai maturato l’affidamento nell’istituzionalizzazione della tariffa forfettaria, aveva effettuato ingenti investimenti.

Quanto all’obbligo di Telecom di dare impulso alla presentazione della tariffa DRIACO all’Autorità, pur non essendo tale obbligo previsto espressamente nel contratto, esso ne sarebbe comunque derivato quale espressione del dovere di protezione e salvaguardia dell’interesse della controparte purchè senza apprezzabile sacrificio.

Infatti, poichè il contratto aveva la finalità della sperimentazione tecnica e commerciale della tariffa flat ai fini della sua generalizzazione, Telecom, in ossequio alla normativa del settore, avrebbe dovuto sottoporre all’Autorità garante la relativa tariffa, per poi poterla rendere istituzionale.

Ciò avrebbe consentito a Galactica, quale che fosse stato l’esito delle trattative per il rinnovo del contratto, di poter usufruire, al teunine della sperimentazione, di una tariffa compatibile con gli impegni contrattuali assunti nei confronti della propria utenza finale e quindi di non vanificare gli ingenti investimenti effettuati nella fase di sperimentazione.

La Corte avrebbe poi dovuto ritenere contraria alla buona fede ex art. 1337 c.c. l’aver Telecom ingiustificatamente rifiutato di proseguire nelle trattative, già in atto da oltre quattro mesi, dopo aver preteso di applicare al periodo successivo al 18 luglio 2001 la tariffa minutaria quale condicio sine qua non per la prosecuzione del servizio.

Telecom, nel corso di tali trattative, aveva ingenerato in Galactica una ragionevole aspettativa rispetto alla imminente introduzione di una tariffa flat generalizzata, inducendola a credere che, di lì a poco, avrebbe presentato la tariffa per l’approvazione all’autorità, potenziando il numero di linee ISDN consegnate, e dichiarando il proprio interesse a sviluppare una partnership con la stessa Galactica.

Il recesso di Telecom non avrebbe potuto giustificarsi sulla base dell’impossibilità della stessa di continuare ad applicare la tariffa sperimentale a Galactica a causa del provvedimento dell’autorità giudiziaria, poichè tale provvedimento derivava dall’omissione di un obbligo di legge da parte della stessa Telecom.

Nè poteva giustificarsi sulla base della pretesa non remuneratività dello schema economico applicato alla luce dei consumi effettivi, non essendo provato che tra le parti si fosse fatto riferimento ad un consumo ipotizzato risultato poi inferiore rispetto a quello effettivo o che tali consumi effettivi avessero necessariamente causato un maggior costo a carico del gestore.

4.1.1 Il motivo è inammissibile in quanto, pur evocando il vizio di violazione di legge (sebbene, erroneamente, in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. anzichè al n. 3 medesimo articolo), prospetta una diversa valutazione delle risultanze fattuali.

Al riguardo, va ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (Cass. n. 26110 del 2015).

Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 9097 del 2017).

Nè la sentenza impugnata appare censurabile sotto il profilo motivazionale, visti i ristretti limiti in cui tale vizio può ancora essere fatto valere – la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, la “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. Sez. U., n. 8053 e n. 9032 del 2014; cfr. Cass. n. 7472 del 2017 – ovvero, sub art. 360 c.p.c., comma 5 avendo la Corte d’appello compiutamente esaminato tutte le condotte indicate dalla ricorrente a fondamento dell’asserita responsabilità contrattuale e precontrattuale di Telecom.

4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, della “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte d’Appello statuito ultra petita che i danni lamentati da Galactica fossero stati causati, in via esclusiva, da autonome ed imprudenti scelte imprenditoriali non imputabili ad altri soggetti, ed in particolare a Telecom, in assenza di una specifica domanda o eccezione di Telecom sul punto”.

La difesa di Telecom in appello, infatti, si era limitata a chiedere in giudizio il rigetto delle domande di Galactica, assumendo di non aver tenuto nei suoi confronti una condotta in alcun modo illegittima, mentre, per il caso in cui fosse stata riconosciuta responsabile a qualche titolo, Telecom si era limitata a richiedere in via subordinata solo una minor quantificazione del danno rispetto a quanto liquidato dal Tribunale.

4.3. Con il terzo motivo, formulato in subordine al rigetto del secondo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la “illogicità manifesta della motivazione per avere la Corte d’appello, da un lato, travisato il contenuto della c.t.u., e dall’altro fatto proprio erronei e contestati apprezzamenti svolti dal consulente tecnico d’ufficio in primo grado circa la insostenibilità della politica dei prezzi praticata da Galactica e la erroneità del business plan e per avere di conseguenza concluso che non fosse ravvisabile alcun danno di Galactica imputabile a Telecom”.

La Corte d’appello avrebbe infatti riportato uno stralcio della relazione peritale (dove si legge che il servizio di Galactica alla clientela finale sarebbe stato in perdita) attribuendolo erroneamente al CTU, quando invece tali conclusioni sarebbero state da attribuire al CTP di Telecom.

Peraltro, contrariamente a quanto si afferma nella sentenza impugnata, il CTU non avrebbe mai esaminato il business plan di Galactica. Inoltre, la relazione tecnica si sarebbe erroneamente limitata ad esaminare i costi e gli investimenti recuperabili da Galactica in un orizzonte temporale circoscritto, fino all’introduzione erga omnes della tariffa di interconnessione forfettaria. Tali costi ed investimenti avrebbero dovuto essere invece valutati nella prospettiva di ragionevole consolidamento dell’attività imprenditoriale.

Entrambi i motivi di ricorso risultano infondati per difetto d’interesse.

Infatti, quand’anche tali motivi, relativi alla sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta di Telecom e le perdite subite da Galactica, risultassero in ipotesi fondati, non per questo la sentenza della Corte d’appello meriterebbe di essere cassata, trovando essa residuo fondamento nella definitiva esclusione della responsabilità di Telecom a qualsivoglia titolo per effetto del rigetto dei motivi che investono la suddetta statuizione.

4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 e 343 c.p.c. e art. 2909 c.c. per avere la Corte d’appello pronunciato, escludendola, in ordine all’esistenza in capo a Telecom della responsabilità nei confronti di Galactica L. n. 192 del 1998, ex art. 9 laddove la sentenza non definitiva aveva ritenuto esistente in fatto la condotta lamentata, concretatasi nella rottura arbitraria delle relazioni commerciali e nell’imposizione di condizioni di condizioni contrattuali gravose per la prosecuzione del rapporto, ma l’aveva sussunta nella violazione del generale dovere di buona fede che deve presiedere anche la fase delle trattative precontrattuale, con statuizione che non era stata investita dall’appello incidentale di Telecom e che Galactica aveva impugnato in via principale limitatamente alla qualificazione della natura (contrattuale o extracontrattuale non precontrattuale) della responsabilità, capo della sentenza non definitiva su quale pertanto deve essere considerato sceso il giudicato”.

La ricorrente, in primo grado, avrebbe chiesto di accertare la violazione da parte di Telecom della L. n. 192 del 1998, art. 9 sulla base della predominante posizione rivestita dalla stessa Telecom nel mercato delle comunicazioni, delle imposizioni di contratti condizioni contrattuali ingiustificatamente gravosi per la prosecuzione del rapporto, della successiva interruzione arbitraria delle relazioni commerciali e dell’impossibilità per Galactica di reperire delle alternative per la fornitura delle infrastrutture necessarie alla sua attività.

La sentenza non definitiva avrebbe riconosciuto, nella fattispecie, i presupposti applicativi della menzionata disposizione, ritenendo però assorbito il suddetto profilo nell’aver già riconosciuto tutela Galactica nell’ambito del superiore principio di buona fede nelle trattative Galactica avrebbe proposto impugnazione contro il predetto capo, censurando la decisione nella parte in cui aveva fatto coincidere l’ambito di operatività del predetto divieto con quello della buona fede nelle trattative precontrattuale e chiedendo di sussumere l’accertato abuso di posizione dominante nell’ambito della responsabilità contrattuale, o in subordine extracontrattuale, traendone in relazione al risarcimento del danno.

Telecom, costituendosi in giudizio, avrebbe solo contestato la fondatezza dell’impugnazione, senza impugnare incidentalmente la sentenza nella parte in cui aveva riconosciuto nel caso in esame la ricorrenza dei presupposti applicativi della dedotto responsabilità.

erroneamente quindi, la Corte d’appello avrebbe pronunciato in ordine all’esistenza in capo a Telecom della responsabilità L. n. 192 del 1998, ex art. 9 escludendola del tutto, invece di limitarsi a sindacarne la natura in termini di responsabilità contrattuale o extracontrattuale o di confermare la natura precontrattuale.

11 motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, poichè la ricorrente non ha trascritto in modo completo nè il capo della sentenza che avrebbe asseritamente riconosciuto sussistenti i presupposti applicativi della responsabilità per abuso di dipendenza economica, nè i passaggi del proprio motivo d’appello avverso il suddetto capo della sentenza, con il quale, in tesi, Galactica si sarebbe limitata a contestare la qualificazione della natura di detta responsabilità.

4.5. Con il quinto motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 e 343 c.p.c. e art. 2909 c.c. per avere la Corte d’appello pronunciato, escludendola, in ordine alla responsabilità in capo a Telecom, nei confronti di Galactica, per non avere Telecom sottoposto la tariffa sperimentale di cui al secondo contratto all’AgCom per la sua necessaria approvazione, laddove la sentenza non definitiva aveva ritenuto esistente detta responsabilità come espressione del dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c., capo della sentenza non definitiva che non era stato investito dall’appello incidentale di Telecom e sul quale, pertanto deve essere considerato sceso il giudicato.”

La sentenza non definitiva di primo grado aveva stabilito che integrasse violazione dell’obbligo di buona fede ex art. 1375 c.c. il comportamento di Telecom consistente nell’omessa comunicazione all’AgCom della tariffa forfettaria adottata nel contratto.

In sede di appello, Telecom avrebbe solo sostenuto che Galactica non poteva ignorare il carattere transitorio dell’accordo con Telecom, anche in considerazione del fatto che la relativa tariffa non era stata notificata all’Autorità, riferendosi espressamente alla responsabilità accertata nel giudice di prime cure ex art. 1337 c.c., mentre non avrebbe contestato la responsabilità qualificata dalla sentenza non definitiva come “grave violazione dell’obbligo di buona fede ex art. 1375 c.c.”.

Pertanto, essendosi formato il giudicato sulla suddetta statuizione, erroneamente la Corte d’appello avrebbe escluso la responsabilità di Telecom per violazione dell’obbligo di buona fede ex art. 1375 c.c.

Anche tale motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo riportate compiutamente nel ricorso le difese di controparte e, quindi, non essendo possibile per questo Collegio apprezzare se, effettivamente, Telecom aveva omesso d’impugnare la statuizione in esame.

4.6. Con il sesto motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 e 343 c.p.c. e art. 2909 c.c. per avere la Corte d’appello escluso la responsabilità di Telecom per il mancato rispetto del dovere di trasparenza e di informazione nei confronti di Galactica con riguardo ai profili economici in sede di verifica tra le parti della correttezza dello schema economico del secondo contratto e quindi delle trattative per la rinegoziazione dell’accordo, laddove la sentenza non definitiva aveva ritenuto esistente detta responsabilità, capo della sentenza non definitiva che non era stato investito dall’appello incidentale di Telecom e sul quale, pertanto, deve essere considerato sceso il giudicato”.

La sentenza non definitiva aveva riconosciuto la responsabilità di Telecom nei confronti di Galactica, in via specifica ed autonoma, anche per violazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, per non aver documentato tutti gli elementi di fatto utili per la riconsiderazione del prezzo alla luce dei costi del gestore (anche potenziale a fronte della generalizzazione dell’offerta) e nel rispetto della causa contrattuale.

Nel successivo grado d’appello Telecom non aveva mosso alcuna specifica censura avverso il predetto capo di sentenza determinandone, pertanto il passaggio in giudicato.

Erroneamente, quindi la sentenza di secondo grado aveva escluso la suddetta responsabilità.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, per le medesime ragioni indicate in relazione al quarto motivo.

4.7. Con il settimo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per violazione degli arti. 132 e 161 c.p.c. (omessa motivazione) per avere la Corte d’appello, senza svolgere alcuna motivazione, affermato che le parti, nel testo il secondo contratto, per “consumi ipotizzati”, cui rapportare “gli effettivi consumi”, avessero fatto concordemente riferimento ad una connessione media di otto ore giornaliere dell’utente finale di Galactica, nonchè affermato che i tempi di connessione media dell’utenza di Galactica avessero fatto lievitare i costi del gestore di rete, tale poi da giustificare da parte di Telecom l’abbandono della tariffa flat”.

La Corte avrebbe fondato la propria decisione in ordine alla inesistenza della responsabilità precontrattuale in capo a Telecom sui suddetti presupposti di fatto, controversi perchè contestati da Galactica sin dalla prima udienza, senza offrire alcuna motivazione sul punto.

In realtà, dai contratti non emergerebbe circa i consumi ipotizzati, nè tale circostanza risulterebbe provata in base alle deposizioni testimoniali.

Il motivo è infondato per difetto d’interesse, in quanto l’accoglimento delle censure in esso formulate e l’eventuale riconoscimento del fatto, affermato dalla ricorrente, che gli accordi non ipotizzassero alcuna soglia di tempo di utilizzo non porterebbero comunque a riconoscere la responsabilità di Telecom, esclusa dal giudice di secondo grado sulla base di ulteriori plurime argomentazioni (ad es. il carattere sperimentale e provvisorio degli accordi, l’inesistenza di un obbligo a rinnovare l’accordo o a contrarre nuovamente, nonchè a tenere ferma in ogni caso la tariffa forfettaria, l’impossibilità per Telecom di reiterare la formulazione di offerte di tariffe come quella pattuita con Galactica alla luce della diffida dell’Autorità).

4.8. Con l’ottavo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 e 161 c.p.c. (omessa motivazione) per avere la Corte d’appello omesso completamente la motivazione in punto alla non necessità delle istanze istruttorie avanzate da Galactica”.

Galactica aveva censurato la sentenza non definitiva e la sentenza definitiva: per aver implicitamente confermato il provvedimento istruttorio con il quale il giudice non aveva ammesso alcuni dei capitoli di prova dedotti dalla ricorrente, in quanto troppo genericamente formulati per essere ammissibili; per non aver accolto, del tutto immotivatamente, la richiesta di esibizione in giudizio, a carico di Telecom, di alcuni documenti, ovvero, in subordine la richiesta di esibizione, a carico dell’AgCom, degli atti o dei documenti relativi al procedimento contro Telecom; per non aver ammesso, anche in questo caso senza motivazione alcuna, l’interrogatorio formale del legale rappresentante di Telecom; per aver disposto una c.t.u. contabile con un quesito non coerente all’effettiva natura della responsabilità di Telecom, ovvero, in subordine, per non aver richiesto al c.t.u. chiarimenti e o un’integrazione della perizia, al fine di correggere i vizi del primo elaborato.

In particolare, quanto ai capitoli di prova per testimoni non ritenuti i ammissibili, Galactica aveva evidenziato come tali capitoli riguardassero con precisione voci di spesa che già potevano evincersi dai dati di bilancio e dalle altre emergenze di causa, non avendo nulla di generico.

Quanto all’interrogatorio formale del legale rappresentante di Telecom, Galactica aveva osservato che i relativi capitoli riguardavano la tariffa offerta Telecom alla propria clientela nell’agosto 2015, analoga a quella di Galactica, e avrebbero costituito la riprova della malafede di Telecom, nonchè della validità imprenditoriale degli investimenti fatti a suo tempo dalla ricorrente.

La ricorrente aveva poi osservato che il quesito richiesto per la ctu sarebbe stato coerente con l’effettiva natura della responsabilità di Telecom, in quanto comprensivo tanto del danno emergente e quanto del lucro cessante.

Infine, l’esibizione in giudizio degli atti e dei documenti relativi al procedimento dinanzi all’Autorità, pur nell’accertamento già contenuto nella sentenza definitiva della carenza di buona fede e di correttezza di Telecom, avrebbe fatto meglio comprendere la portata e la gravità della condotta di quest’ultima.

La Corte d’appello, nel non accogliere la domanda in tal senso proposta, non avrebbe esplicitato il ragionamento logico giuridico in base al quale avrebbe ritenuto non necessarie le prove non ammesse dal Tribunale.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza poichè la ricorrente omette di trascrivere i capitoli di prova articolati in relazione alla prova per testi e all’interrogatorio formale che non erano stati ammessi, rimanendo quindi preclusa a questo Collegio la possibilità di valutarne la rilevanza.

Le ulteriori censure risultano infondate per difetto d’interesse.

Infatti, le censure relative al quesito formulato dal giudice al ctu attengono alla quantificazione del risarcimento del danno, questione che risulta assorbita per effetto della esclusione della responsabilità di Telecom.

Quanto alla mancata acquisizione in giudizio dei documenti relativi al procedimento amministrativo dinanzi alla Agcom, è la stessa ricorrente a riconoscere che tali documenti avrebbero riguardato un fatto già pacificamente accertato nel giudizio (ovvero la mancata comunicazione, da parte di Telecom all’Autorità di garanzia, della tariffa applicata nel contratto inter partes).

4.9. Con il nono motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c. per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’appello proposto da Galactica con cui si censurava la mancata ammissione di alcune delle proprie istanze istruttorie da parte del giudice di primo grado non rispettasse requisiti di cui all’art. 342 c.p.c.”

Nel caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dalla corte di appello, Galactica avrebbe censurato specificamente la decisione del tribunale di Milano. Con riguardo alle prove orali e non ammessi in quanto ritenute troppo genericamente formulate, Galactica aveva rilevato come al contrario le stesse riguardassero con precisione alcune voci di spese. Per quanto concerne tutte le altre prove richieste, non essendo stata espresso alcuna ragione da parte il Tribunale di Milano a fondamento della mancata ammissione, la ricorrente non aveva potuto che ribadire le motivazioni per cui aveva ritenuto tali mezzi istruttori rilevanti al fine di accertare la responsabilità di Telecom.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, a causa della mancata trascrizione dei capitoli di prova orale e per interrogatorio formale non ammessi, nonchè per difetto d’interesse, alla luce della dichiarazione di inammissibilità dell’ottavo motivo di ricorso, attinente la concorrente argomentazione relativa all’irrilevanza dei mezzi di prova non ammessi.

5. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate in considerazione dell’esito alterno dei giudizi e della complessità e novità delle questioni trattate.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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