LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3038-2014 proposto da:
T.P., *****, T.L. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZA CAVOUR 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA LAZZARUOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO BERTOLO;
– ricorrenti –
contro
G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO SERPIERI 8, presso lo studio dell’avvocato GIOVAN BATTISTA MARRONE, rappresentato e difeso dagli avvocati VAIRETTI MASSIMO, MASSIMO GIRO;
– controricorrente –
e contro
I.S.S., REALE MUTUA ASSICURAZIONI;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1756/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 13/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/01/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
I. T.L. e T.P. hanno proposto ricorso (contraddistinto con numero R.G. 3038/2014) articolato in otto motivi avverso la sentenza n. 1756/2013 della Corte d’Appello di Torino, depositata il 13 agosto 2013, che aveva, fra l’altro, accolto l’appello incidentale dell’impresa I.S.S. contro la pronuncia resa in primo grado il 22 dicembre 2011 dal Tribunale di Verbania, rigettando invece l’appello principale di T.L. e P..
Resiste con controricorso il solo G.M..
Rimangono intimati senza svolgere difese I.S.S. e la Reale Mutua Assicurazioni.
G.M. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..
II. T.L. e T.P. avevano peraltro proposto altro ricorso (questo contraddistinto con numero R.G. 28697/2014), articolato in unica censura, avverso la sentenza n. 1722/2014 della Corte d’Appello di Torino, depositata il 1 ottobre 2014, che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione per revocazione avanzata contro la già citata sentenza n. 1756/2013 della Corte d’Appello di Torino. Tale ricorso è stato accolto da questa Corte con ordinanza n. 23014 del 26 settembre 2018.
II.1. La causa ebbe inizio con citazione del 6/8 agosto 2008, allorchè T.L. e P. convennero l’architetto G.M. (il quale chiamò in causa, per esserne garantito, la Reale Mutua Assicurazioni) e l’impresa edile I.S.S. davanti al Tribunale di Verbania, domandandone la condanna ad eseguire o completare le opere e ad eliminare le difformità e i difetti, o, in alternativa, a rimborsare agli attori le corrispondenti spese occorrenti, il tutto in relazione ai lavori murari di ristrutturazione dell’immobile sito in *****, lavori appaltati con contratto del 6 dicembre 2004. Il Tribunale rigettò la domanda proposta nei confronti di G.M. ed invece condannò l’impresa I.S.S. al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 4.040,00.
La Corte d’appello di Torino respinse l’appello principale di T.L. e P., confermando la legittimità del recesso dell’architetto G.M., attuato quando l’opera era quasi ultimata (9 settembre 2005), dopo che il compenso era già stato ridotto e versato nell’importo di Euro 7.500,00, recesso del tutto motivato, visti i rapporti ormai compromessi fra le parti. La Corte di Torino escluse che vi fossero inadempimenti imputabili all’architetto G., nè danni da questo cagionati ai clienti, negandosi l’obbligo solidale del professionista con l’appaltatore per l’esatto adempimento ex art. 1668 c.c.. Non venne presa in considerazione dalla Corte di Torino la domanda di risarcimento danni per la mancata osservanza delle distanze legali da una proprietà limitrofa, in quanto pretesa nuova inammissibile in appello. Viceversa, i giudici di secondo grado, pronunciando sull’appello di I.S.S., rilevarono come il Tribunale non avesse detto nulla sulle eccezioni di decadenza dalla garanzia per vizi per tardività della denuncia e di prescrizione dell’azione, eccezioni invece entrambe fondate alla luce delle prove documentali, e perciò respinse la domanda avanzata da T.L. e P. verso l’impresa.
II.1.La sentenza n. 1756/2013 della Corte d’Appello di Torino, come detto, è stata oggetto sia del ricorso per cassazione numero R.G. 3038/2014 che di domanda di revocazione proposta da T.L. e P., nella parte in cui tale pronuncia della Corte di merito aveva affermato che fosse nuova, e perciò inammissibile, la domanda di risarcimento danni per la mancata osservanza delle distanze legali, trattandosi, piuttosto, di pretesa già esposta nell’atto di citazione del giudizio di primo grado. Tale domanda di revocazione era stata dichiarata inammissibile dalla stessa Corte d’Appello di Torino con la sentenza n. 1722/2014. La menzionata ordinanza di questa Corte n. 23014 del 26 settembre 2018 ha, tuttavia, cassato la sentenza n. 1722/2014 della Corte d’Appello di Torino e rinviato la causa ad altra sezione della medesima Corte d’Appello, perchè decida sulla domanda di revocazione. L’ordinanza n. 23014 del 26 settembre 2018 ha affermato che la sentenza di appello la quale, come nella specie, dichiari “del tutto nuova e quindi inammissibile in appello, ai sensi dell’art. 345 c.p.c.”, una domanda (quale quella di risarcimento dei danni per mancata osservanza delle distanze legali fra costruzioni) che, invece, era stata proposta in primo grado, senza far precedere l’erronea supposizione della novità della domanda da alcuna attività valutativa diretta a fornire dimostrazione dell’assunto, ha natura di vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in quanto, deducendo una fallace valutazione espressa di inesistenza di un fatto processuale, lamenta un errore di percezione e non di valutazione, sicchè è ammissibile la censura fatta valere con il mezzo della revocazione.
La medesima ordinanza n. 23014 del 26 settembre 2018 negò la riunione dei due ricorsi numero R.G. 3038/2014 e numero R.G. 28697/2014, proposti, rispettivamente, contro la sentenza d’appello e contro quella che aveva deciso l’impugnazione per revocazione avverso la prima, ed entrambi discussi all’adunanza camerale del 3 luglio 2018, rivelandosi la trattazione congiunta dei giudizi di cassazione inopportuna per l’impossibilità di immediata decisione del ricorso numero R.G. 3038/2014 dovuta all’esigenza di procedere ad esame diretto dei fascicoli d’ufficio del giudizio di merito.
D’altro canto, l’accoglimento del ricorso per cassazione contro la sentenza emessa nel giudizio di revocazione non condiziona l’esito del ricorso contro la sentenza resa in grado di appello con riguardo alle altre domande che erano state cumulate in questa causa, risultandone unicamente sciolta la connessione (arg. da Cass. Sez. U, 29/05/1971, n. 1602).
III. Il primo motivo del ricorso R.G. 3038/2014 di T.L. e T.P. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 166, 167 cpv., 183, 343 e 345 c.p.c. e dell’art. 2938 c.c.. Si assume che I.S.S. si fosse costituito in primo grado direttamente all’udienza di comparizione con comparsa non depositata nel termine di cui all’art. 166 c.p.c., senza proporre nè eccezione di decadenza nè eccezione di prescrizione dalla garanzia ex art. 1667 c.c.. Soltanto in sede di appello I.S.S. aveva per la prima volta lamentato la “omessa pronuncia in ordine all’eccezione di prescrizione della garanzia per vizi e difformità”, con ciò inducendo la Corte di Torino ad accogliere sia l’eccezione di prescrizione che quella di decadenza, l’ultima nemmeno mai formulata dalla parte.
Il secondo motivo del ricorso R.G. 3038/2014 denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c., quanto alla mancata proposizione dell’eccezione di decadenza.
Il terzo motivo del ricorso allega in subordine ai motivi 1 e 2, la violazione degli artt. 1665,1666 e 1667 c.c. e dell’art. 2697c.c..
Il quarto motivo allega, in subordine ai motivi 1 e 2, la violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c..
Il quinto deduce, in subordine ai motivi 1 e 2, la violazione dell’art. 1667 c.c. e art. 115 c.p.c..
Il sesto motivo del ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 1667 c.c..
Il settimo motivo lamenta la violazione degli artt. 2944 e 2697 c.c..
III.1. I primi due motivi, in quanto connessi, vanno trattati congiuntamente. Essi risultano fondati e il loro accoglimento giustifica l’assorbimento dei motivi terzo, quarto, quinto, sesto e settimo.
Essendo col primo e col secondo motivo di ricorso dedotti “errores in procedendo”, in relazione ai quali la Corte di Cassazione è anche giudice del fatto, deve procedersi direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito. Risulta così che T.L. e P. convennero davanti al Tribunale di Verbania con citazione del 6/8 agosto 2008 l’architetto G.M. e l’impresa edile I.S.S. per l’udienza de117 dicembre 2008. G.M., nel costituirsi, chiese al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza per chiamare in causa la Reale Mutua Assicurazioni. Il giudice provvide così a fissare la data della nuova udienza ex art. 269 c.p.c., comma 2, per il giorno 8 aprile 2009. I.S.S. si costituì, quindi, con comparsa di risposta a ministero dell’avvocato Adamczyk, direttamente all’udienza dell’8 aprile 2009, come attestato nel relativo verbale. In tale comparsa I.S.S., peraltro, negò unicamente l’imputabilità di qualsiasi inadempimento nell’esecuzione dei lavori appaltati. La Corte d’Appello ha quindi accolto l’eccezione di decadenza e di prescrizione dell’azione ex art. 1667 c.c., di cui la seconda spiegata da I.S.S. per la prima volta in appello, in violazione degli artt. 167 e 345 c.p.c., e la prima di fatto rilevandola d’ufficio, non potendosi certamente ritenere l’eccezione di decadenza dalla garanzia per inosservanza dell’onere di denuncia dei vizi dell’opera realizzata dall’appaltatore implicitamente contenuta in quella di prescrizione dell’azione (arg. da Cass. Sez. 6 – 2, 07/06/2017, n. 14199).
Tanto l’eccezione di decadenza che l’eccezione di prescrizione ex art. 1667 c.c. devono essere eccepite dalla parte interessata nella comparsa di risposta e nel termine fissato dall’art. 166 c.p.c. (determinato con esclusivo riferimento alla data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di citazione, nella specie il 17 dicembre 2008, ovvero a quella differita ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c., comma 5, e non anche eventualmente a quella successiva, cui la causa sia stata rinviata d’ufficio, ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., comma 4, o su istanza di parte, ai sensi dell’art. 269 c.p.c., comma 3, per consentire la citazione di un terzo): tali eccezioni sono perciò inammissibili, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., ove proposte per la prima volta con l’atto di appello.
IV.L’ottavo motivo del ricorso R.G. 3038/2014 deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 cpv., 1218, 2226 e 2236 c.c., quanto all’adempimento della prestazione dovuta dal direttore dei lavori architetto G.M..
IV.1. Anche questa censura è fondata.
La Corte d’Appello di Torino ha sostenuto che, quanto agli accertati vizi e difformità “di poco momento” dei lavori edili eseguiti dall’impresa S. (avendo compromesso meno di 1/10 del totale delle opere), non vi fosse corresponsabilità del direttore dei lavori, non essendo lo stesso “tenuto ad essere costantemente presente in cantiere e a rilevare tutto quanto eseguito (come al microscopio)”, ed essendo perciò da imputare soltanto all’appaltatore le manchevolezze accertate. I ricorrenti evidenziano come tali difetti accertati consistano nel cattivo funzionamento della fossa biologica e nell’errata contabilizzazione dello sbancamento del cortile.
Va qui ribadito il costante orientamento di questa Corte (del quale non ha tenuto conto la sentenza impugnata, non avendo svolto la corretta sussunzione delle risultanze di causa in tali principi giurisprudenziali), secondo cui, in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto”; rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonchè l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi. Non si sottrae, dunque, a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonchè di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e di riferirne al committente; in particolare l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere nè il compimento di operazioni di natura elementare, comporta comunque il controllo della realizzazione dell’opera nelle sua varie fasi e pertanto l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati (Cass. Sez. 2, 03/05/2016, n. 8700; Cass. Sez. 2, 24/04/2008, n. 10728; Cass. Sez. 2, 27/02/2006, n. 4366; Cass. Sez. 2, 20/07/2005, n. 15255).
V. In definitiva, vanno accolti il primo, il secondo e l’ottavo motivo del ricorso R.G. 3038/2014, vanno dichiarati assorbiti i restanti motivi di tale ricorso, e va cassata la sentenza n. 1756/2013 della Corte d’Appello di Torino, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, che deciderà la causa uniformandosi ai principi richiamati e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolerà altresì le spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il primo, il secondo e l’ottavo motivo del ricorso R.G. 3038/2014, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza n. 1756/2013 della Corte d’Appello di Torino, e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2019
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