Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.137 del 08/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10085/2015 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA STANISLAO MANCINI 2, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CICERCHIA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO GIACOMO M.

BOLONDI, FORTUNATO TAGLIORETTI;

– ricorrente –

contro

CANTIERI DEL MEDITERRANEO SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato GASPARE SALERNO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MATTEO MORINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1290/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 17/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/07/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udivo il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del secondo motivo, assorbiti i restanti motivi del ricorso;

udito l’Avvocato CICERCHIA Pietro, difensore del ricorrente che si riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato MORINI Matteo, difensore del resistente che si riporta agli atti depositati.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Genova, con sentenza pubblicata in data 17 ottobre 2014, ha rigettato l’appello proposto da G.M. avvero la sentenza del Tribunale di Sanremo n. 367 del 2009 e nei confronti di Cantieri del Mediterraneo s.r.l..

1.1. Nel 2002 la società Cantieri del Mediterraneo agì per ottenere la condanna di G.M. al pagamento di Euro 15.338,84 a titolo di corrispettivo del deposito e rimessaggio dell’imbarcazione depositata nel novembre 1998, assumendo di avere ricevuto il pagamento fino all’aprile 2000, e con riserva di chiedere in via alternativa la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni.

1.2. Il convenuto contestò di non essere legittimato passivo della pretesa, poichè l’imbarcazione non era più di sua proprietà, essendo stato risolto il contratto con il quale l’aveva acquistata da Uniesse Marine s.r.l., di essendo più proprietario dell’imbarcazione, e addusse inoltre l’avvenuto mutamento del titolo della detenzione, da deposito contrattuale a custodia giudiziale. Lo stesso G., infatti, in data 9 febbraio 1999, aveva depositato l’imbarcazione ai sensi dell’art. 1210 c.c. e art. 77 disp. att. c.p.c. e successivamente, in data 1 giugno 1999, aveva proceduto al pignoramento dell’imbarcazione, e la depositaria Cantieri del Mediterraneo aveva assunto gli obblighi del custode ai sensi dell’art. 546 c.p.c., comma 1, con conseguente diritto al compenso da stabilirsi a cura dell’Ufficiale giudiziario o, in mancanza, dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 65 c.p.c., u.c..

1.2. Il Tribunale dichiarò risolto il contratto di deposito per inadempimento del G. e lo condannò al pagamento di Euro 38.393,38, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

2. La Corte d’appello ha confermato la decisione.

2.1. Dopo aver escluso l’efficacia liberatoria del deposito eseguito dal G. ai sensi dell’art. 1210 c.c., in mancanza dell’accettazione da parte del creditore o, in alternativa, della dichiarazione di validità con sentenza passata in giudicato, la Corte territoriale ha rilevato che non era stato documentato l’esito della procedura esecutiva, e che pertanto l’onere delle spese di custodia rimaneva a carico del creditore pignorante.

2.2. La Corte d’appello ha poi ritenuto corretta la determinazione dell’importo riconosciuto dal Tribunale, comprensivo del compenso maturato fino al momento della decisione, come da richiesta formulata in citazione.

3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso G.M., sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso Cantieri del Mediterraneo s.r.l..

Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 81 e 65 c.p.c. e si contesta che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità/improcedibilità delle domande proposte nei confronti dell’odierno ricorrente, per difetto di legitimatio ad causam. A partire dal mese di febbraio 1999, infatti, la società Cantieri del Mediterraneo aveva cessato di detenere l’imbarcazione a titolo di deposito contrattuale, assumendo l’incarico di custode giudiziario con diritto a pretendere il compenso per lo svolgimento della relativa attività.

2. Con il secondo motivo, che denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto del mutamento del titolo della detenzione che era seguito al pignoramento dell’imbarcazione, e dell’accettazione dell’incarico di custode giudiziario da parte della società depositaria, ciò che avrebbe fatto venir meno l’originario contratto di deposito.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione dell’art. 65 c.p.c., comma 2, assumendosi che, a seguito dell’esecuzione del pignoramento, la competenza a decidere sulla domanda di pagamento del compenso al custode apparteneva al giudice dell’esecuzione. La Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che l’esito del procedimento esecutivo non era stato documentato, posto che nel giudizio di primo grado, nelle rispettive comparse conclusionali, le parti avevano dato atto che il giudice dell’esecuzione aveva pronunciato ordinanza (in data 25 novembre 2005) di non luogo a provvedere sul compenso al custode, sul rilievo della pendenza della causa in esame. Infine, si contesta l’applicazione dell’art. 90 c.p.c., abrogato a far tempo dal 1 luglio 2002 e perciò non applicabile ratione temporis al presente giudizio che era iniziato nel dicembre 2002.

4. Con il quarto motivo, che denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, anche in relazione all’art. 116 c.p.c., si contesta la statuizione di condanna del G. al pagamento dell’intero periodo di deposito a fronte del rifiuto della depositaria Cantieri del Mediterraneo di restituire l’imbarcazione alla proprietaria Uniesse Marine srl, nonostante il precetto emesso dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Sanremo. A partire da tale momento, il deposito non poteva fare carico al G..

5. I motivi sono privi di fondamento quando non inammissibili.

5.1. Non è configurabile alcuna sostituzione processuale, e quindi non sussiste il difetto di legitimatio ad causam denunciato dal ricorrente con il primo motivo. La società Cantieri del Mediterraneo ha agito per far valere un diritto proprio – il diritto ad essere remunerata per l’attività di deposito e rimessaggio – non un diritto altrui, e ciò ha fatto nei confronti del soggetto che tale attività aveva richiesto.

5.2. Risulta del tutto inconferente il richiamo, contenuto nel terzo motivo, alla competenza funzionale del giudice dell’esecuzione a decidere del compenso al custode giudiziario dei beni pignorati, ai sensi dell’art. 65 c.p.c., comma 2, ed alla abnormità del provvedimento reso dal giudice dell’esecuzione. Il ricorrente prospetta, senza esplicitarla, una sorta di “osmosi” tra il processo esecutivo e quello di cognizione introdotto per il pagamento del corrispettivo del deposito, a fronte del principio di autonomia del giudizio di cognizione e della sua insensibilità alle vicende del processo esecutivo.

5.3. Il vizio di motivazione, denunciato con il secondo motivo, per omesso esame del fatto decisivo dell’avvenuto pignoramento dell’imbarcazione e del contestuale mutamento del titolo della detenzione, risulta inammissibile per carenza di decisività, intesa quale idoneità dell’omissione ad incrinare la plausibilità delle conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata (ex plurimis, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053).

La Corte d’appello ha rilevato la mancata documentazione dell’esito del procedimento esecutivo, ed ha ritenuto, di conseguenza, che l’onere del pagamento delle spese di custodia rimanesse a carico del G. in quanto creditore pignorante.

A fronte di tale motivazione, il ricorrente non chiarisce per quale ragione dal momento in cui ha proceduto a pignorare l’imbarcazione presso la società Cantieri del Mediterraneo, già depositaria e quindi detentore dell’imbarcazione (non possessore) in forza del contratto stipulato nel novembre 1998, il rapporto contrattuale sarebbe venuto meno e con esso la sua obbligazione di corrispondere il relativo compenso.

L’iniziativa del ricorrente, di pignorare l’imbarcazione da lui stesso depositata presso cantieri del Mediterraneo, a tutela del presunto credito verso Uniesse Marine srl, non comportava il venir meno del contratto, nè tale effetto poteva derivare dall’assunzione degli obblighi di custodia in capo alla società depositaria, che non implicavano affatto la perdita del diritto al compenso, peraltro corrisposto dal G. fino all’aprile del 2000.

La questione che si sarebbe potuta porre era un’altra, e cioè se, dal momento dell’assunzione della veste di custode giudiziario e fino alla conclusione della procedura esecutiva, la società Cantieri del Mediterraneo avesse diritto al compenso nella misura prevista dalla legge per la custodia. Tuttavia, anche sotto questo profilo la doglianza non avrebbe colto nel segno, poichè la Corte d’appello ha confermato la condanna del G. ritenendo che le spese di custodia dovessero essere da lui anticipate in qualità di creditore procedente.

In questa prospettiva risulta priva di decisività anche la circostanza dell’avvenuta definizione della procedura esecutiva – che il ricorrente assume erroneamente ritenuta non documentata dalla Corte d’appello. Il ricorrente riferisce, infatti, che la procedura esecutiva è stata dichiarata estinta per caducazione del titolo esecutivo (pag. 8 del ricorso), e ai sensi dell’art. 310 c.p.c., richiamato dell’art. 632 c.p.c., u.c., le spese del processo esecutivo estinto rimangono a carico delle parti che le hanno anticipate (ex plurimis, Cass. 25/05/2010, n. 12701).

5.4. Inammissibile per carenza di decisività è anche la doglianza prospettata con il quarto motivo. Il ricorrente non chiarisce per quale ragione l’inottemperanza di Cantieri del Mediterraneo all’ordine giudiziale di restituire l’imbarcazione alla proprietaria Uniesse Marine srl – che è pacificamente res inter alios – dovrebbe incidere sul presente giudizio, il cui oggetto è circoscritto al rapporto tra G. e Cantieri del Mediterraneo.

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, nella misura indicata in dispositivo, rimangono a carico del ricorrente. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020

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