LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6210/2018 proposto da:
S.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAURA MANTEGAZZA 24, C/O Dott. GARDIN MARCO, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO DIGERONIMO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ENEL ENERGIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SAN SATURNINO N. 5, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA NAPPI, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE NICOLI’;
– controricorrente –
e contro
ZEROCORP DI D.G.L.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1489/2617 del TRIBUNALE di BRINDISI, depositata in data 1/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in data 1/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.
FATTI DI CAUSA
Enel Energia S.p.a. propose appello avverso la sentenza n. 809/2011 emessa il 9 dicembre 2011 dal Giudice di Pace di Fasano, con la quale, in accoglimento delle domande proposte dall’attore S.I., era stata dichiarata la nullità, per difetto di firma dell’attore stesso, del contratto di fornitura di energia elettrica con Enel Energia S.p.a., era stato accertato che nulla era dovuto a detta società per la fornitura di energia elettrica e gas in favore dell’attore ed era stata pronunciata la condanna di Enel Energia S.p.a. alla restituzione di Euro 463,84 nonchè al risarcimento dei danni non patrimoniali nella misura di Euro 700,00; inoltre, erano state rigettate le domande proposte dalla stessa Enel Energia S.p.a. nei confronti della chiamata in causa Zerocorp di D.G.L.A., quale agente responsabile della falsificazione della firma del S. nelle scritture contenenti i contratti di fornitura di energia elettrica e di gas fra Enel Energia S.p.a. e il S..
L’appellante dedusse che erroneamente il Giudice di Pace aveva rigettato l’eccezione riconvenzionale di arricchimento senza causa proposta in via subordinata (v., per tale qualificazione, sentenza impugnata in questa sede p. 4, ricorso p. 6 e controricorso pp. 7-8), avendo illegittimamente applicato l’art. 57, comma 1, del Codice del Consumo, interpretando detta norma nel senso che, in caso di nullità del contratto, all’ente fornitore non competeva alcun compenso, nemmeno a titolo di arricchimento senza causa. Secondo l’appellante, invece, a tale ente competeva comunque l’indebito arricchimento pari al minor compenso che l’utente avrebbe continuato a corrispondere al precedente fornitore – Enel Servizio Elettrico S.p.a. – in base al preesistente contratto di fornitura con detta società. L’appellante contestò la decisione di primo grado anche nella parte in cui il Giudice di pace aveva rigettato le domande di manleva e risarcitorie avanzate nei confronti della chiamata in causa, Zerocorp di D.G.L.A., sostenendo che erroneamente quel Giudice aveva ritenuto non provata la riferibilità alla Zerocorp del modulo di adesione al contratto di fornitura che recava la falsificazione della firma del S., evidenziando che, invece, tale riferibilità risultava per tabular dal contenuto del modulo contrattuale in questione, su cui era annotato il codice dell’Agenzia “Zeroco”, che contraddistingueva solo ed esclusivamente quell’agente.
Censurò, inoltre, la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva accolto la domanda di risarcimento per i danni non patrimoniali ed evidenziò l’inesistenza del danno risarcibile, potendosi configurare al più un disagio corrispondente alle cosiddette lesioni di natura “bagatellare”, come tali non suscettibili di risarcimento in base alla giurisprudenza di legittimità.
Concluse affinchè, in totale riforma dell’impugnata sentenza, fossero rigettate le domande proposte in primo grado dall’attore, in base alla proposta eccezione riconvenzionale di arricchimento senza causa; in subordine, chiese affermarsi la responsabilità della terza chiamata in garanzia Zerocorp, con conseguente condanna della stessa al pagamento di qualunque somma dovesse risultare dovuta a qualsiasi titolo al S..
Il Tribunale di Brindisi, in accoglimento dell’appello e in totale riforma dell’impugnata sentenza, rigettò tutte le domande proposte da S.I. in primo grado e condannò lo stesso alla rifusione, in favore di Enel Energia S.p.a., delle spese del doppio grado del giudizio di merito.
Avverso la sentenza della Corte di merito S.I. ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi e illustrato da memoria.
Enel Energia S.p.a. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce “Violazione e falsa e/o erronea applicazione di norme di diritto con riferimento al D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 57, comma 1, vigente ratione temporis in relazione al concetto di “fornitura non richiesta” ed alla eccezione riconvenzionale di indebito arricchimento”.
Il S. censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto illegittima l’applicazione, da parte del Giudice di pace, del citato art. 57, con riferimento alla ritenuta mancanza di richiesta della fornitura, e ha conseguentemente accolto l’eccezione riconvenzionale di indebito arricchimento proposta in primo grado da Enel Energia S.p.a. e denuncia che il Giudice di appello abbia ritenuto “non richiesto” il nuovo fornitore ma non la fornitura, sul rilievo che il S., dopo aver contestato e disconosciuto il rapporto contrattuale con Enel Energia S.p.a., aveva formulato istanza di rientro con il precedente fornitore.
Sostiene, invece, il ricorrente che l’art. 57 citato sarebbe perfettamente applicabile al caso di specie, stante la nullità o l’inesistenza del contratto con Enel Energia S.p.a. decettivamente a lui intestato con sottoscrizione palesemente contraffatta e per la quale era stata presentata querela.
Premesso che per fornitura non richiesta deve intendersi “quella fornitura di beni o di servizi (tra cui anche quella di energia elettrica), che comporti una controprestazione economica per la quale il consumatore non abbia preventivamente manifestato il proprio consenso e/o non ne abbia previamente ordinato l’esecuzione”, il ricorrente assume che, nel caso all’esame, sussisterebbero tutti gli elementi individuati dal legislatore per l’applicazione del già richiamato art. 57, in quanto: a) vi è una fornitura elettrica mai richiesta dal consumatore, per la quale è previsto il pagamento di un prezzo, b) trattasi di fornitura diversa da quella precedente, unica richiesta dal S., che, prima del decettivo passaggio con Enel Energia S.p.a., si avvaleva della fornitura di Enel Servizio Elettrico S.p.a., diverso gestore; c) Enel Energia S.p.a., pur facendo parte del gruppo Enel, è società del tutto distinta da Enel Servizio Elettrico S.p.a., dalla quale si differenzia sia come soggetto giuridico (partita IVA, codice fiscale, intestazione, ecc.), sia in quanto opera nel cd. mercato libero dell’energia in concorrenza con le altre società elettriche laddove, invece, Enel Servizio Elettrico S.p.a. (ora Servizio Elettrico Nazionale S.p.a.) opera nel cd. mercato di maggior tutela, in regime di sostanziale monopolio, pur sempre a garanzia del consumatore; d) i contratti stipulati nei due mercati prevedono una regolamentazione del tutto diversa; e) nel caso all’esame non sarebbe configurabile nè una novazione soggettiva nè una novazione oggettiva.
Assume il ricorrente che “a non essere richiesta non è solo la fornitura da un soggetto diverso dal precedente ma proprio quella fornitura alle nuove e diverse condizioni contrattuali” e rappresenta di essere “stato costretto a richiedere l’immeditato rientro con il precedente fornitore senza che tale comportamento, peraltro necessitato, possa legittimare, come fa il Tribunale, l’assunto secondo cui l’interesse dell’utente era semplicemente quello di non ricevere la fornitura da un soggetto diverso e non quello di beneficiare dei servizi in oggetto. E che il S. non avesse mai avuto la volontà di usufruire dei servizi contrattuali forniti da Enel Energia S.p.A., peraltro a condizioni difformi e peggiorative, trova conferma anche nel fatto che ha dovuto sottoscrivere un contratt(o) ex novo con Enel S.E., pagando anche le relative spese”.
La ratio dell’art. 57, si coglierebbe ancor di più, ad avviso del ricorrente, analizzando l’art. 27 della direttiva 2011/83/UE, direttiva ora recepita dal D.Lgs. n. 21 del 2014, che ne ha trasfuso il testo nell’art. 66-quinquies Codice del Consumo che ha sostituito il già citato art. 57; trattandosi di norme imperative, sia l’art. 57, che l’art. 66-quinquies, prevalgono su qualsiasi Delib. dell’AEEG di segno contrario. Ne consegue, secondo il ricorrente, che non può interpretarsi in alcun modo l’art. 57, nel senso che tale norma sia applicabile solo all’ipotesi di una nuova fornitura intesa come fornitura riferita ad un’utenza mai prima di allora servita da altro contratto e/o altro operatore elettrico.
Il S. censura, inoltre, la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale – richiamando gli artt. 1337,1338,1366 e 1375 c.c. – afferma che il contratto avrebbe dovuto essere interpretato secondo buona fede; sostiene il ricorrente l’inapplicabilità del principio di buona fede ad un contratto nullo e/o inesistente in cui sussisterebbe soltanto la mala fede della controparte nel continuare a pretendere dall’utente il pagamento delle fatture relative ad un servizio mai richiesto nei termini predetti.
Quanto poi alla eccezione riconvenzionale della controparte, assume il ricorrente che, mancando una espressa domanda riconvenzionale di restituzione degli importi rimborsati in favore del cliente, anche a voler ammettere per assurdo l’applicabilità nella specie non del codice del consumo ma della normativa generale in tema di indebito oggettivo, sarebbe comunque fondata la sua domanda di ripetizione.
Il ricorrente contesta, infine, che il quantum dovuto sia pacifico, come affermato da Tribunale in base alla dichiarazione dal medesimo resa all’udienza del 24 novembre 2016, trattandosi di dichiarazione chiaramente subordinata alla denegata ipotesi in cui non fosse stato ritenuto applicabile nel caso di specie l’art. 57 e dettata dal fine di evitare inutili e dispendiose integrazioni istruttorie (c.t.u. antieconomica, dovendo, nell’ipotesi formulata dal Tribunale, restituire all’attuale controricorrente l’importo di Euro 463,84).
1.1. Il motivo è fondato in base alle considerazioni che seguono.
1.2. Il Tribunale ha ritenuto non applicabile l’art. 57 Codice di Consumo, nella formulazione ratione temporis vigente, sul rilievo che, nella specie, non sussisterebbe la fattispecie, regolata dalla predetta norma, della fornitura non richiesta dal consumatore in quanto non era la fornitura ad essere “non richiesta”, riferendosi peraltro a servizi essenziali, bensì “non richiesti” erano il nuovo fornitore e soprattutto le diverse e più gravose condizioni economiche imposte con la nuova tariffa. Afferma il Giudice di secondo grado che, dovendosi interpretare il contratto secondo buona fede, è evidente che l’interesse dell’utente non era quello di non beneficiare dei servizi in oggetto bensì quello di ricevere la fornitura dal precedente fornitore e di mantenere le condizioni contrattuali da questi accordate, tanto è vero che il S. non aveva chiesto l’interruzione della fornitura in questione ma aveva formulato l’istanza di tornare a ricevere la stessa dal precedente fornitore. Il Tribunale ha conseguentemente ritenuto che, pur ricorrendo la nullità dei contratti di fornitura elettrica e di gas, non si configurerebbe la fattispecie della “fornitura non richiesta” regolata dall’art. 57 citato e costituente il presupposto, ad avviso di quel Giudice, necessario per l’affermazione che nessun costo debba essere posto a carico del consumatore. Sulla base di tali considerazioni il Tribunale ha, quindi, ritenuto di accogliere l’eccezione riconvenzionale di indebito arricchimento proposta dall’attuale controricorrente, “nel senso che, stante l’inesistenza del titolo contrattuale, non può trovare giustificazione nell’ordinamento la sbilanciata locupletazione da parte dell’utente del totale risparmio dei costi che egli avrebbe dovuto comunque sostenere, in base alle condizioni contrattuali di maggior favore instaurate con il precedente gestore, per i quantitativi di corrente elettrica e di gas che in concreto e di fatto gli sono stati forniti dal nuovo gestore”.
Così decidendo il Tribunale è incorso in un vizio di sussunzione correttamente veicolato dal ricorrente con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare condivisibilmente che “quando il giudice di merito, dopo avere ricostruito la quaestio facti secondo le allegazioni e le prove offerte dalle parti individua i termini della c.d. fattispecie concreta e, quindi, riconduce quest’ultima ad una fattispecie giuridica astratta piuttosto che ad un’altra cui sarebbe in realtà riconducibile oppure si rifiuta di ricondurla ad una certa fattispecie giuridica astratta cui sarebbe riconducibile o a qualunque fattispecie giuridica astratta, mentre ve ne sarebbe una cui potrebbe essere ricondotta, la valutazione così effettuata e la relativa motivazione, non inerendo più all’attività di ricostruzione e, dunque, di apprezzamento dei fatti storici, bensì all’attività di qualificazione in iure di essi e, dunque, ad un giudizio normativo, è controllabile e deve essere controllata dalla Corte di Cassazione nell’ambito del paradigma del n. 3 dell’art. 360 c.p.c..
In tal caso, infatti, fa parte del sindacato di legittimità (alla stregua del) detto paradigma secondo la specie cui il legislatore allude con la nozione di “falsa applicazione di norme di diritto”, il controllare se la fattispecie concreta (assunta così come ricostruita dal giudice di merito e, dunque, senza che si debba procedere ad una valutazione diretta a verificarne l’esattezza e meno che mai ad una diversa valutazione e ricostruzione o apprezzamento ricostruttivo), è stata ricondotta a ragione o a torto alla fattispecie giuridica astratta individuata dal giudice di merito come idonea a dettarne la disciplina oppure al contrario doveva essere ricondotta ad altra fattispecie giuridica oppure ancora era iràèonducibile ad una fattispecie giuridica astratta, sì da non rilevare in iure, oppure ancora non è stata erroneamente ricondotta ad una certa fattispecie giuridica cui invece doveva esserlo, essendosi il giudice di merito rifiutato expressis verbis di farlo (c.d. vizio di sussunzione o di rifiuto di sussunzione)” (Cass. 31/05/2018, n. 13747; Cass., ord., 29/08/2019, n. 21772).
Nel caso all’esame, infatti, deve ritenersi che la fattispecie concreta, come accertata dal Giudice del merito, deve essere ricondotta alla fattispecie giuridica disciplinata dall’art. 57 del Codice di consumo, rubricato “Fornitura non richiesta”, nella versione applicabile ratione temporis (il contratto con firma contraffatta e di cui si discute in causa pacificamente è datato 25 gennaio 2010, v. ricorso p. 2 e controricorso p. 2), secondo cui:
“1. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso l’assenza di risposta non implica consenso del consumatore.
2. Salve le sanzioni previste dall’art. 62, ogni fornitura non richiesta di cui al presente articolo costituisce pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 21, 22, 23, 24, 25 e 26”.
Nella specie risulta evidente che si è in presenza di “fornitura non richiesta”, nei termini indicati dalla norma richiamata, trattandosi di fornitura erogata da soggetto diverso in base ad un contratto pacificamente non sottoscritto dal consumatore e recante firma falsa, nè rileva la circostanza che l’esecuzione materiale della fornitura, per esigenze tecniche, non possa che essere la stessa e che trattasi di servizi essenziali, rimarcandosi che il consumatore, che è venuto a conoscenza di siffatto contratto dalle fatture, non poteva restituire o impedire la fornitura non richiesta (se non, a tale ultimo riguardo, come in effetti fatto, denunciando, una volta resosene conto, la contraffazione della sottoscrizione e chiedendo di ricevere la medesima fornitura dal precedente gestore).
Se dunque, la norma applicabile nella specie è quella di cui all’art. 57 citato, occorre stabilire se tale normativa, oltre ad escludere qualsiasi prestazione corrispettiva a carico del consumatore, escluda ogni sorta di “ripetibilità”, da parte del fornitore, della “prestazione” resa sine causa, perfino nel caso in cui quest’ultimo faccia valere l’arricchimento senza causa, ai sensi dell’art. 2041, sia in via d’azione che – come nel caso all’esame – di eccezione riconvenzionale, proposta al solo scopo di paralizzare la domanda dell’attore.
Ritiene il Collegio che la questione vada risolta tenendo conto della ratio della norma di cui all’art. 57, già più volte citato, che è chiaramente norma volta a tutelare il consumatore e ad esonerarlo da oneri conseguenti a pratiche commerciali scorrette, anche alla luce delle direttive CE sulle pratiche sleali e ingannevoli (v. direttive 1997/7/CE, 2002/65/CE e 2005/29/CE) e della disciplina, non applicabile direttamente al caso di specie ratione temporis (essendo applicabile ai contratti conclusi dopo il 13 giugno 2014, come disposto dal D.Lgs. 21 febbraio 2014, n. 21, art. 2, comma 1) ma a cui può farsi riferimento ai fini meramente interpretativi, dell’art. 66-quinquies Codice di consumo, norma inserita con il D.Lgs., appena indicato e volto a dare attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori.
In tale prospettiva, l’espressione “Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta” contenuto nell’art. 57 citato, ad avviso del Collegio, deve essere intesa come comprendente anche le obbligazioni restitutorie e indennitarie da indebiti solutio e/o da ingiustificato arricchimento rivendicate dal professionista.
Se è pur vero che il consumatore abbia comunque tratto vantaggio dalla fornitura non richiesta o – come nel caso all’esame – addirittura imposta, tenuto conto delle peculiari modalità di erogazione della fornitura in questione, in base ad un contratto con sottoscrizione falsificata, tuttavia deve ritenersi che il legislatore abbia inteso far prevalere gli interessi della parte debole del contratto a discapito di professionista che abbia scelto unilateralmente e illecitamente di procedere alla fornitura, di tal chè sul professionista debbono ricadere, in ogni caso, le conseguenze derivanti da tale comportamento.
Ben potendosi riconoscere, per quanto sopra esplicitato, all’art. 57 citato anche una valenza latamente sanzionatoria, nell’ambito delle “prestazioni corrispettive”, da intendersi richiamate dal legislatore in senso atecnico, ritiene il Collegio debba rientrare anche l’indennizzo di cui all’art. 2041 c.c..
Pertanto, risultando il contratto illecito in questione ascrivibile comunque ad Enel Energia S.p.a. ed alla luce della interpretazione data dell’art. 57 citato, ritiene il Collegio che all’appena indicata società non spetti alcunchè per la fornitura in parola, neppure a titolo di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c., non avendo il consumatore prestato alcun consenso al riguardo, il che è pacifico.
Ogni ulteriore questione pure prospettata con il mezzo all’esame resta assorbito da quanto precede.
2. Con il secondo motivo si lamenta “Violazione e falsa e/o erronea applicazione dell’art. 2059 c.c., ed erroneo rigetto della domanda di risarcimento dei danni per totale mancanza dell’illecito dedotto”.
Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali di natura morale, per ritenuta totale mancanza dell’illecito dedotto.
Il S. rappresenta che, essendo venuto a conoscenza, grazie ad una fattura di Enel Energia S.p.a., ricevuta nell'*****, di non essere più cliente del mercato di maggior tutela e avendo scoperto, chiedendo copia del presunto contratto con la società da ultimo indicata, che la firma ivi apposta era palesemente contraffatta, aveva presentato denuncia, in sede penale, aveva contestato l’accaduto all’odierna resistente ed aveva richiesto, a Enel Servizio Elettrico S.p.a., il rientro nel mercato di maggior tutela, sottoscrivendo un nuovo contratto con ulteriori indebiti esborsi; a seguito della presentata denuncia la controricorrente e il D.G., quale legale rappresentante della Zerocorp, ed altri collaboratori di questi erano stati rinviati a giudizio per truffa contrattuale. Pertanto, sostiene il ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, sussisterebbe, nella specie, l’illecito comportamento di dette parti e comunque la violazione di diritti costituzionalmente qualificati da parte di queste e deduce di aver allegato e provato il danno in parola, peraltro dimostrabile anche con presunzioni e da liquidarsi equitativamente.
2.1. Il motivo è fondato e va, pertanto, accolto.
Osserva il Collegio che erroneamente il Tribunale ha rigettato, “per totale mancanza dell’illecito dedotto, la domanda di risarcimento per i danni non patrimoniali di natura morale”, atteso che è pacifico tra il ricorrente e la controricorrente che vi sia stata contraffazione della sottoscrizione del contratto del 25 gennaio 2010, in base al quale la controricorrente ha effettuato la fornitura, e ciò è penalmente sanzionabile, ai sensi degli artt. 485 e 489 c.p.. Risulta, altresì, che al riguardo il ricorrente abbia presentato denuncia ai c.c. di Fasano, denuncia, secondo quanto rappresentato in ricorso, poi sfociata in rinvio a giudizio per truffa contrattuale nei confronti, tra gli altri, della controricorrente e del D.G., legale rappresentante dell’agenzia intimata.
A quanto precede va poi aggiunto che il fatto doloso dell’agente non esclude, nella specie, il nesso di occasionalità necessaria che fonda, ex art. 2049 c.c., la responsabilità di Enel Energia S.p.a. per il danno morale, in base ai principi già enunciati da questa Corte di legittimità (arg. ex Cass., sez. un., 16/05/2019, n. 13246).
3. Con il terzo motivo si deduce “Omessa pronuncia in ordine alle responsabilità della Zerocorp di D.G.L.A.”.
Con il mezzo all’esame il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia in ordine alla responsabilità di Zerocorp di D.G.L.A., pur avendo Enel Energia S.p.a. espressamente proposto domanda di manleva e di risarcimento dei danni nei confronti della chiamata in causa, e contesta la tesi dell’attuale controricorrente secondo cui quest’ultima sarebbe estranea all’operato dell’agente con il quale intercorreva un rapporto di agenzia, evidenziando che la predetta società elettrica avrebbe violato precisi doveri di controllo e verifica sull’attività dell’agente.
3.1. Il motivo è inammissibile per difetto interesse, in relazione alla denunciata omessa pronuncia, non risultando proposta alcuna domanda di S. nei confronti dell’attuale intimata, mentre quanto dedotto con riferimento alla responsabilità di Enel Energia S.p.a. può essere considerato quale mera integrazione di quanto esposto nel secondo mezzo.
4. Con il quarto motivo si sostiene “Errata applicazione delle tariffe forensi in ordine alla condanna alle spese”, per essere state le spese liquidate in misura ben superiore agli importi di cui alle tabelle previste dal D.M. n. 55 del 2014.
4.1. L’esame di tale mezzo resta assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi.
5. In conclusione, vanno accolti il primo e il secondo motivo, va dichiarato inammissibile il terzo motivo e assorbito il quarto; la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al Tribunale di Brindisi, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
6. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi, dichiara inammissibile il terzo e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Brindisi, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021
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