Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.38467 del 06/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15133-2020 proposto da:

T.G., S.N., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ACQUA DONZELLA 27, presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

C.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7207/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Gli avvocati T.G. e S.N. hanno proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza 21 novembre 2019, n. 7207/2019, resa dalla Corte d’Appello di Roma.

L’intimata C.E. non ha svolto attività difensive.

La Corte d’Appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dagli avvocati T.G. e S.N. avverso l’ordinanza ex art. 702-bis resa in data 11 dicembre 2017 dal Tribunale di Tivoli in composizione monocratica, trovando applicazione il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 con conseguente inappellabilità della pronuncia.

L’unico motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 161 c.p.c., del D.Lgs. n. 150 del 2011 e degli artt. 702-bis e 702-quater c.p.c., nonché la “omessa valutazione di una circostanza determinante”, avendo il Tribunale di Tivoli qualificato la domanda come ricorso ex art. 702-bis c.p.c. e deciso la causa in composizione monocratica, anziché collegiale, secondo il rito sommario regolato dal codice di procedura civile e non quello speciale di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 ciò rendendo appellabile l’ordinanza decisoria secondo il “principio di apparenza”.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il ricorso è manifestamente fondato.

A seguito, infatti, dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 come sostituito dal D.Lgs. cit., può essere introdotta:

a) con un ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dagli artt. 3, 4 e 14 del menzionato D.Lgs.; oppure: b) ai sensi degli artt. 633 ss. c.p.c., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’art. 702 bis segg. c.p.c., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648,649,653 e 654 c.p.c. (Cass. Sez. U, 23/02/2018, n. 4485). La controversia L. n. 794 del 1942, ex art. 28 introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta comunque soggetta al rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all’an debeatur, salvo che il cliente convenuto non ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale (Cass. Sez. U, 23/02/2018, n. 4485).

Resta, invece, esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito di cognizione ordinaria e sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico, di cui agli artt. 702-bis e segg. c.p.c..

Ove tuttavia, come avvenuto nella specie, il ricorrente abbia introdotto il giudizio per la liquidazione degli onorari e diritti di avvocato ex art. 702 bis c.p.c. e il giudice di primo grado abbia proceduto in composizione monocratica nelle forme del rito sommario ordinario, senza che risulti una scelta consapevole dello stesso di seguire le forme del rito speciale di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 il provvedimento di primo grado deve essere impugnato con l’appello, ai sensi dell’art. 702-quater c.p.c., non potendo essere proposto ricorso per cassazione “per saltum” se non nel caso di accordo delle parti, e ciò in ragione del principio di ultrattività del rito che – quale specificazione del più generale principio per cui l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice – trova fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo è erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice (Cass. Sez. 1, 08/01/2019, n. 210; Cass. Sez. 2, 05/10/2018, n. 24515).

La Corte d’appello di Roma avrebbe dovuto, pertanto, valutare l’ammissibilità dell’impugnazione accertando quali forme processuali in concreto fossero state seguite dal Tribunale di Tivoli, in quanto la parte soccombente deve proporre, rispettivamente, l’appello o il ricorso per cassazione, in ragione del rito (art. 702-bis c.p.c. o D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14) effettivamente applicato in sede di trattazione e decisione della causa dal giudice di primo grado, benché erroneo.

Va dunque accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che procederà a nuovo esame della causa uniformandosi all’enunciato principio e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2021

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