Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1223 del 17/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4653/2014 R.G. proposto da:

***** s.r.l. in fallimento, in persona del curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Ugo De Carolis n. 31, presso lo studio dell’avv. Vito Sola, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Errichiello giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 135/01/13, depositata il 25 febbraio 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 ottobre 2021 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 135/01/13 del 25/02/2013 la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR), pronunciando in sede di rinvio, ha accolto l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate e respinto l’appello incidentale proposto da ***** s.r.l. in fallimento (di seguito Fallimento) nei confronti della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP) n. 167/36/05, che aveva accolto i ricorsi riuniti della curatela fallimentare avverso l’avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 1999 e il diniego di rimborso di un credito IVA concernente il medesimo anno d’imposta;

1.1. come si evince anche dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento nei confronti della società era stato notificato a seguito di rettifica del reddito operata con accertamento analitico-induttivo ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, e art. 40, mentre il diniego di rimborso era motivato con la notificazione del predetto accertamento;

1.2. la sentenza della CTR n. 49/17/07 del 22/03/2007 aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate ma la era stata cassata con rinvio da Corte di cassazione n. 5572 del 09/03/2011 su ricorso del Fallimento;

1.3. la CTR, adita in sede di rinvio, accoglieva nuovamente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate evidenziando che “il curatore fallimentare non ha prodotto alcuna documentazione per consentire a questo Collegio di verificare la coincidenza quantitativa e qualitativa dei beni risultanti dall’inventario fallimentare e quelli inventariati dalla ditta fallita alla data del *****”; nel contempo, la CTR rigettava l’appello incidentale del Fallimento, avente ad oggetto la compensazione delle spese;

2. avverso la sentenza della CTR il Fallimento proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso il Fallimento deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 53 e 54, degli artt. 2697,2700,2702,2703,2727,2728 e 2729 c.c., nonché degli artt. 99,112,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

1.1. in buona sostanza, nella prospettazione del ricorrente Fa CTR avrebbe errato: 1) a non ritenere assolto l’onere probatorio gravante in capo al contribuente, diversamente da quanto riconosciuto anche dalla Suprema Corte in sede di cassazione con rinvio; 2) a non verificare la reale consistenza dei beni, applicando, se del caso, la presunzione di cessione solo per i beni eventualmente mancanti e non in ragione delle sole differenze di valore; 3) a ritenere la necessità di una prova contraria da parte del Fallimento sebbene non trovi applicazione la presunzione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53;

1.2. con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di due fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, costituiti dall’inventario redatto in sede fallimentare e dal contratto di locazione stipulato con C & C s.r.l., dai quali si evincerebbe il possesso, da parte del Fallimento, di semilavorati e merci erroneamente ritenuti ceduti dall’Agenzia delle entrate;

1.3. con il quinto motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza impugnata per motivazione omessa, apparente o contraddittoria ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la CTR ha ritenuto di accogliere l’appello dell’Agenzia delle entrate concernente l’avviso di accertamento;

2. i motivi che, riguardando la medesima questione, possono essere esaminati congiuntamente;

2.1. il quinto motivo di ricorso, il cui esame riveste carattere pregiudiziale, è infondato;

2.2. la motivazione con cui la CTR ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate è certamente succinta ma non può dirsi né omessa, né apparente, né contraddittoria, in quanto il giudice del rinvio chiaramente riconnette al mancato assolvimento dell’onere probatorio ritenuto gravante sul Fallimento la conferma dell’avviso di accertamento;

2.3. in realtà, la predetta motivazione è errata in diritto, con conseguente accoglimento del primo motivo di ricorso;

2.4. la S.C. ha cassato la sentenza di appello in ragione della erronea applicazione della presunzione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53, nella formulazione applicabile ratione temporis: posto che il Fallimento ha fornito la prova dell’esistenza dei beni in base alla produzione dell’inventario redatto dal curatore, che è pubblico ufficiale, non si sarebbe potuto presumere che tali beni siano stati ceduti senza che ci sia stato un analitico e fisico riscontro degli stessi, atteso che la differenza di valore evidenziata non era idonea, di per sé, a giustificare l’operatività della menzionata presunzione di cessione;

2.5. la CTR, affermando che “il Curatore fallimentare non ha prodotto alcuna documentazione per consentire a questo Collegio di verificare la coincidenza quantitativa e qualitativa dei beni risultanti dall’inventario fallimentare e quelli inventariati dalla ditta fallita alla data del *****” ha sostanzialmente eluso il principio di diritto di cui alla sentenza della S.C.;

2.6. invero, poiché è l’Amministrazione finanziaria che ha ritenuto di potere applicare la presunzione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53, ai fini dell’accertamento del reddito della società fallita, gravava sull’Agenzia delle entrate l’onere di provare la sussistenza dei presupposti applicativi della presunzione medesima;

2.6.1. in altri termini, la CTR avrebbe dovuto verificare, sulla base dell’avviso di accertamento e degli altri atti prodotti dall’Agenzia delle entrate, se quest’ultima abbia effettuato i dovuti riscontri tra i beni dichiarati e quelli effettivamente esistenti ed indicati nell’inventario redatto dal Fallimento;

2.6.2. la CTR ha, dunque, da un lato, gravato il Fallimento di un onere probatorio inesistente e, dall’altro, omesso di compiere la verifica alla stessa richiesta dalla Corte di cassazione ai fini dell’applicazione della presunzione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53, in ciò consistendo gli errori di diritto compiuti e in ragione dei quali la sentenza impugnata va cassata;

2.7. l’accoglimento del primo motivo implica l’assorbimento del quarto motivo, al cui esame il ricorrente non ha più interesse;

3. con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, dell’art. 132, comma 2, n. 4 e dell’art. 274, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e, con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, anche con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

3.1. in buona sostanza, si contesta che la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi o di motivare in relazione alla questione concernente il diniego di rimborso dell’IVA;

4. i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati;

4.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, il carattere “chiuso” del giudizio di rinvio, come delineato dall’art. 394 c.p.c., preclude di sollevare in esso le questioni effettivamente rilevabili, e non rilevate, in sede di cassazione, non anche quelle la cui rilevabilità sia rimasta su un piano meramente potenziale, ove i motivi del ricorso per cassazione inerenti alla domanda stessa siano stati considerati assorbiti dalla sentenza di annullamento con rinvio (Cass. n. 10972 del 10/12/1996);

4.2. pertanto, incorre nel vizio di omessa pronuncia la sentenza emessa dal giudice di rinvio che non decida sulla questione che, essendo stata espressamente dichiarata assorbita dalla sentenza di cassazione, sia stata ritualmente sottoposta al suo esame” (Cass. n. 19015 del 02/09/2010; Cass. n. 10493 del 01/06/2004; Cass. n. 90 del 08/01/2007; Cass. n. 10567 del 04/07/2003; si vedano, altresì, Cass. n. 30184 del 22/11/2018; Cass. n. 24093 del 24/10/2013);

4.3. nel caso di specie, la sentenza della Corte di cassazione che ha cassato con rinvio la sentenza della CTR n. 49/17/07 del 22/03/2007 ha espressamente dichiarato assorbito il terzo motivo di ricorso proposto dal Fallimento e concernente il diritto al rimborso dell’IVA;

4.4. il ricorrente ha dimostrato di avere sottoposto nuovamente la questione al giudice del rinvio, il quale non la ha affatto affrontata e, comunque, non ha motivato sul punto, limitandosi ad accogliere integralmente l’appello dell’Ufficio;

4.5. la sentenza e’, pertanto, nulla in parte qua e va cassata;

5. in conclusione, vanno accolti il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigettato il quinto, assorbito il quarto; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigettato il quinto, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472