La regola posta dall’art. 1337 c.c. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale e che la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell’altrui comportamento scorretto.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11113-2016 proposto da:
C.C.P., C.C.P., C.E.;
– ricorrenti –
contro
UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GARIGLIANO 11, presso lo studio dell’avvocato NICOLA MAIONE, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 232/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 10/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;
udite le conclusioni del Procuratore Generale nella persona della Dott.ssa Dott. Ceroni Francesca.
FATTI DI CAUSA
1. L’Avv. C.C.P., con citazione notificata il 7.6.2010, convenne in giudizio l’Unicredit Credit Management Bank s.p.a. per sentirla condannare al risarcimento dei danni nella misura di Euro 214.434,79.
1.1. L’attore espose di aver curato, sin dal 1997, il contenzioso del Banco di Sicilia e di aver sottoscritto, dopo la fusione per incorporazione da parte dell’Unicredit s.p.a., in data 19.3.2008, una nuova convenzione con la società incorporante, con la quale venivano regolati i rapporti in corso. Con il nuovo accordo, l’Avv. C.C. si impegnò a trasferire, in formato digitale, tutto il materiale cartaceo relativo al contenzioso in corso in modo da permettere alla banca un costante monitoraggio della sua attività, valutandone l’efficienza, anche attraverso l’attribuzione di un punteggio.
1.2. La convenzione del 19.3.2008, nel prevedere una nuova regolamentazione dei rapporti, modificò il tariffario, riducendo l’importo delle voci dovute al professionista.
1.3. L’attore espose che l’Unicredit s.p.a. aveva tenuto degli incontri con i legali del Banco di Sicilia ed aveva inviato ulteriori comunicazioni, con le quali prospettava una futura collaborazione ma, nonostante egli avesse il punteggio più alto in graduatoria degli avvocati nella Provincia di Ragusa, non aveva ottenuto nessun altro incarico.
1.4. L’Unicredit s.p.a. si costituì per resistere alla domanda. 1.5. Il Tribunale di Ragusa accolse, per quanto di ragione, la domanda dell’Avv. C.C. e condannò l’Unicredit s.pa al risarcimento deì danni, per violazione dell’art. 1337 c.c., nella misura di Euro 25.000,00 oltre interessi.
1.6. Interpose appello l’Avv. C.C., resistito dall’Unicredit s.p.a., che propose appello incidentale.
1.7. La Corte d’appello di Catania, con sentenza del 10.2.2016, rigettò l’appello principale e l’appello incidentale, confermando integralmente la decisione di primo grado.
1.8. La Corte di merito escluse che la corrispondenza antecedente alla stipula della convenzione e, segnatamente la nota del 7.3.2008, obbligasse l’Unicredit s.p.a. a conferire all’Avv. C.C. ulteriori incarichi in quanto con tali missive veniva offerta soltanto la mera possibilità di una maggiore affluenza del contenzioso qualora il professionista si fosse dotato di un sistema operativo in grado di colloquiare costantemente con la banca. La circostanza che l’Unicredit s.p.a. non avesse conferito ulteriori incarichi non costituiva inadempimento contrattuale ma integrava un’ipotesi di responsabilità per violazione del principio di buona fede, che doveva improntare la condotta delle parti oltre che nella fase della trattativa individuale, anche per il tempo successivo alla conclusione del contratto e per tutto il periodo di esecuzione dello stesso.
1.9. La Corte distrettuale aderì quindi all’orientamento giurisprudenziale che ravvisa un’ipotesi di responsabilità precontrattuale non solo nell’ipotesi di rottura ingiustificata delle trattative ma anche nell’ipotesi in cui il contratto concluso, benché valido, sia pregiudizievole per la vittima del comportamento scorretto.
1.10. Tale domanda era stata regolarmente proposta dall’Avv. C.C. nell’atto di citazione.
1.11. Nel caso di specie, l’Unicredit s.p.a., con numerose note inviate al professionista, aveva espresso apprezzamento per il rating dell’Avv. Criscio Cassì, il più alto tra i professionisti nella Provincia di Ragusa, generando la legittima aspettativa circa la concreta possibilità di ricevere ulteriori incarichi. In vista di una collaborazione futura, l’Avv. C.C. aveva infatti accettato condizioni meno favorevoli in relazione al contratto in corso.
1.12. In ordine al quantum debeatur, la Corte liquidò equitativarnente il danno nei limiti dell’interesse negativo, pari alla metà del fatturato delle prestazioni riscosse nel biennio 2005-2007, pari ad Euro 49.334,25, tenuto conto del minor rating per le pratiche già assegnate, dell’aggravio dell’attività professionale per il raggiungimento del miglior rating e del mancato realizzo reddituale conseguente alla legittima aspettativa del conferimento di nuovi incarichi mai conferiti.
1.13. La Corte rigettò la richiesta di rimborso delle spese necessarie per l’adeguamento dell’organizzazione dello studio, trattandosi di spese collegate all’esecuzione dell’accordo convenzione.
2. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso l’Avv. C.C.P. sulla base di quattro motivi.
2.1. Ha resistito con controricorso l’Unicredit Credit Management Bank s.p.a., che ha svolto ricorso incidentale sulla base di cinque motivi, di cui uno svolto in via principale e quattro in via subordinata.
2.2. Il Pubblico Ministero nella persona della Dott.ssa Francesca Ceroni ha chiesto, in via principale, la remissione degli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite in ordine alla questione, avente rilevanza nomofilattica, dell’applicabilità deil’art. 1337 c.c. quale clausola generale applicabile in ogni ipotesi di lesione della libertà contrattuale e non soltanto nell’ipotesi di rottura ingiustificata delle trattative; in subordine, ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.
2.3. In prossimità dell’udienza, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1366 e 1371 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte di merito valutato, nell’ambito dell’attività di interpretazione del contratto, anche la documentazione antecedente l’accordo – convenzione del 19.3.2008. In particolare, la Corte avrebbe erroneamente ritenuto che non fosse parte integrante dell’accordo contrattuale la missiva del 7.12008, con cui l’Unicredit, allegando il nuovo “accordo-convenzione” avrebbe assicurato al professionista un “trend duraturo di soddisfazioni”. Il ricorrente si duole quindi dell’errata interpretazione delle intenzioni dei contraenti, anche in considerazione del comportamento successivo alla conclusione del contratto, avuto particolare riguardo alle rassicurazioni, da parte della banca sul conferimento di “nuove pratiche” che avrebbe ricevuto in futuro, alla necessità di prestare attenzione ai cosiddetti “warnings” relativi alle schede informatizzate, che avrebbero bloccato le nuove assegnazioni ed alla richiesta, contenuta nella missiva del 17.11.2009, con cui era stato richiesto ai professionisti un ribasso dei compensi in vista della collaborazione futura. Detta corrispondenza, inoltrata dalla banca nel corso del rapporto contrattuale, sarebbe espressione di un chiaro vincolo contrattuale in relazione all’impegno di un conferimento di incarichi futuri e non costituirebbe una mera promessa, prive di contenuto negoziale.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza, con riferimento all’art. 132 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte di merito mal interpretato le conclusioni contenute nell’atto di citazione, con le quali non sarebbe stata chiesto l’accertamento degli obblighi di lealtà nelle trattative e di buona fede e correttezza nel corso del rapporto sicché la sentenza sarebbe priva di motivazione in relazione in relazione al contenuto della documentazione in atti, integrativa dell’accordo – convenzione.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1126,1223 e 1218 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; il ricorrente sostiene di aver sottoscritto l’accordo del 19.3.2008, modificativo dell’accordo in corso non per la prosecuzione degli incarichi già assegnati ma per l’ottenimento di ulteriori incarichi. In considerazione del grave inadempimento contrattuale, la Corte avrebbe errato nel non riconoscere il danno da lucro cessante, per avere il professionista perso altre opportunità di lavoro. Anche in caso di accertamento della responsabilità precontrattuale, la corte avrebbe commesso errori di calcolo nella determinazione del danno.
4. Con il primo motivo del ricorso incidentale, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1337 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il riconoscimento della responsabilità precontrattuale non sarebbe ipotizzabile in caso di conclusione del contratto per violazione del principio di buona fede. Si sottolinea che la giurisprudenza di questa Corte non è pacifica nel ritenere applicabile l’art. 1337 c.c. anche nell’ipotesi di contratto concluso, valido ed efficace, come chiaramente affermato da Cass. 5273/2007, che esprime un principio di diritto diametralmente opposto da quello affermato nella sentenza impugnata ovvero che la stipulazione del contratto preclude la configurabilità della responsabilità precontrattuale. Nel caso in cui le trattative abbiano condotto alla conclusione di un contratto valido ed efficace, le obbligazioni avrebbero origine unicamente dal contratto mentre la responsabilità precontrattuale sarebbe limitata alla violazione dell’obbligo di buona fede nelle trattative.
5. L’Unicredit s.p.a. ha proposto, in via subordinata, altri quattro motivi di ricorso.
5.1. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 costituito dall’errata valutazione del contenuto dei messaggi inoltrati dalla banca all’Avv. C.C., con i quali il professionista sarebbe stato avvertito che, in caso di mancata implementazione del fascicolo elettronico, non sarebbe stato possibile l’affidamento di eventuali nuovi incarichi. Detti avvisi conterrebbero mere raccomandazioni dalle quali non deriverebbe alcuna chance di ottenere ulteriori incarichi ma costituirebbe una mera aspettativa di fatto non tutelabile.
6. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si deduce l’erronea determinazione del danno, con violazione dell’art. 1337 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 che avrebbe dovuto essere liquidato nei limiti dell’interesse negativo e non secondo i criteri dettati per la lesione dell’interesse positivo.
7. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. perché l’attore non avrebbe fornito la prova del danno da lesione dell’interesse negativo, non essendo a tal fine sufficiente la documentazione attestante il corrispettivo ricevuto nel triennio 2005-2007.
8. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’ammissibilità della liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell’art. 1337 c.c., che avrebbe dovuto comprendere la perdita subita ed il mancato guadagno purché in relazione immediata e diretta con la lesione dell’affidamento e non del contratto sicché la prova avrebbe dovuto riguardare le spese sostenute, le occasioni di lavoro mancate mentre, nel caso di specie sarebbe stato risarcito il danno da inadempimento contrattuale.
9. I motivi del ricorso principale ed incidentale vanno trattati congiuntamente per la loro connessione in quanto vertono sulla configurabilità della responsabilità precontrattuale in caso in cui il contratto sia stato concluso in violazione del principio di buona fede nelle trattative e della liquidazione del danno da responsabilità precontrattuale.
8.1. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale sono infondati. 8.2. L’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c., e segg., o di motivazione inidonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione. L’interpretazione data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178) sicché quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 7500/2007; 24539/2009).
8.3. Per far valere una violazione delle regole di interpretazione, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma altresì precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; è conseguentemente inammissibile il motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).
8.4. Nel caso di specie, non è ravvisabile una violazione delle norme interpretative, né, tanto meno il vizio di apparenza della motivazione in quanto nell’indagare sulla comune volontà dei contraenti, la Corte non ha violato il criterio dell’interpretazione letterale ed ha tenuto della documentazione antecedente e successiva all’accordo ma non ha reputato che essa costituisse parte integrante del vincolo contrattuale, spiegando le ragioni per le quali la banca non si fosse obbligata a conferire all’Avv. C.C. ulteriori incarichi.
8.5. Secondo la plausibile interpretazione adottata dalla Corte di merito, l’accordo convenzione costituiva unicamente lo strumento necessario per l’eventuale affidamento di successivi incarichi da espletare secondo le formalità individuate dall’istituto di credito.
8.6. La Corte ha esaminato la nota del 7.3.2008, richiamata dal ricorrente, antecedente alla sottoscrizione dell’accordo ravvisandovi non un atto integrativo dell’accordo ma la mera prospettazione della possibilità di ricevere nuovi incarichi attraverso l’adeguamento alle direttive operative fornite dalla banca; parimenti, le note successive, secondo l’apprezzamento del giudice di merito, non determinavano alcun vincolo contrattuale, integrativo dell’accordo- convenzione.
8.7. Detti comportamenti erano contrari all’obbligo della banca di comportarsi secondo buona fede perché idonei ad ingenerare nel professionista l’aspettativa di poter ricevere ulteriori incarichi.
8.8. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione dell’art. 1337 c.c., estendendo il principio della buona fede non solo alle condotte antecedenti all’accordo, e quindi ai casi di rottura ingiustificata delle trattative o all’ipotesi in cui il contratto si fosse rivelato invalido, ma anche alle condotte successive che si innestano nella fase di esecuzione del contratto.
8.9. Secondo l’impostazione tradizionale della dottrina, che aveva avuto largo seguito nella giurisprudenza di questa Corte, non era ravvisabile un’ipotesi di responsabilità precontrattuale nelle ipotesi in cui l’accordo tra le parti si fosse formato, sia pur a condizioni diverse da quelle che si sarebbero avute se la parte non avesse tenuto un comportamento contrario alla buona fede, in quanto si riteneva che la configurabilità della responsabilità precontrattuale fosse preclusa dalla intervenuta conclusione del contratto (tra le tante Cass. 16.4.1994, n. 3621, Cass. 11 settembre 1989, n. 3922 e, più di recente Cassazione civile sez. II, 05/02/2007, n. 2479, richiamata dall’Unicredit s.p.a.).
8.10. La responsabilità ai sensi dell’art. 1337 c.c. era concepibile solo in presenza del mancato perfezionamento dell’accordo, ovvero nel caso di contratto invalido, previsto dall’art. 1338 c.c. mentre, una volta concluso il contratto, l’unica forma di responsabilità configurabile era quella contrattuale ed eventuali scorrettezze precontrattuali potevano rilevare solo se si traducevano in inadempimento.
8.11. La giurisprudenza successiva ha cambiato indirizzo e può dirsi consolidata – tanto che il collegio non reputa necessaria la rimessione alle Sezioni Unite – nell’estendere la responsabilità precontrattuale anche nelle ipotesi in cui il contratto si sia concluso, attraverso un’applicazione generalizzata dell’art. 1337 c.c.
8.12. Il cambiamento di indirizzo ha colto le riflessioni di autorevole dottrina e le innovazioni derivanti dalla legislazione e dalla giurisprudenza comunitaria.
8.13. In primo luogo, è stato osservato che il dato letterale dell’art. 1337 c.c. ” le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede” non preclude l’applicabilità della norma alla fase successiva alla conclusione del contratto ed a tutto il periodo di esecuzione dello stesso.
8.14. E’ stata sottoposta a rimeditazione la ripartizione e la regola di non interferenza tra regole di comportamento e regole di validità: secondo l’impostazione tradizionale, la violazione dei doveri di comportamento ha conseguenze esclusivamente sul piano risarcitorio e non può incidere sulla validità dell’atto mentre le regole di validità attengono alla struttura dell’atto e l’assenza dei requisiti di validità impedisce all’atto di produrre effetti giuridici.
8.15. Si è superato il principio di non interferenza tra regole comportamento e regole di validità, osservandosi come nella legislazione di matrice comunitaria in tema di contratti venga individuata, tra i requisiti di validità, l’osservanza di norme comportamentali, come accade per i contratti del consumatore o tra imprese con abuso di posizione economica dominante, in cui sussiste una asimmetria del potere contrattuale delle parti.
8.16. In tale ottica, una parte della dottrina ha ravvisato nell’art. 1337 c.c. una norma di chiusura rispetto alle regole di validità nel senso che conferisce rilevanza a scorrettezze non considerate da tali norme, assumendo una funzione correttiva dell’equilibrio economico risultante da un contratto valido.
8.17. Con la sentenza della I Sezione Civile del 29/09/2005, n. 19024 viene definitivamente superato il filone giurisprudenziale per il quale la configurabilità della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. è preclusa dalla intervenuta conclusione del contratto e tale orientamento, salvo occasionale oscillazione di segno contrario (tra cui proprio Cassazione civile sez. II, 05/02/2007, n. 2479) è divenuta dominante.
8.18. La Corte ha affermato in modo chiaro che la “contrarietà” a norme imperative, considerata dall’art. 1418 c.c., comma 1 quale “causa di nullità” del contratto, postula che essa attenga ad elementi “intrinseci” della fattispecie negoziale, che riguardino, cioè, la struttura o il contenuto del contratto (art. 1418 c.c., comma 2). I comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l’esecuzione del contratto rimangono estranei alla fattispecie negoziale, sicché la loro eventuale illegittimità, quale che sia la natura delle norme violate, non può dar luogo alla nullità del contratto a meno che tale incidenza non sia espressamente prevista dal legislatore (ad es., art. 1469 ter c.c., comma 4, in relazione all’art. 1469, quinquies, comma 1 cit. codice).
8.19, L’ambito di rilevanza della responsabilità contrattuale non è quindi circoscritto alle ipotesi in cui il comportamento non conforme a buona fede abbia impedito la conclusione del contratto o abbia determinato la conclusione di una contratto invalido ovvero inefficace.
8.20. La Corte ha chiarito che l’ambito di rilevanza della regola posta dall’art. 1337 c.c. va ben oltre l’ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative e assume il valore di una clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in maniera precisa, ma certamente implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto.
8.21. L’esame delle norme positivamente dettate dal legislatore pone in evidenza che la violazione di tale regola di comportamento assume rilievo non solo nel caso di rottura ingiustificata delle trattative (e, quindi, di mancata conclusione del contratto) o di conclusione di un contratto invalido o comunque inefficace (artt. 1338,1398 c.c.), ma anche quando il contratto posto in essere sia valido, e tuttavia pregiudizievole per la parte vittima del comportamento scorretto (1440 c.c.).
8.22. Da tale ultimo orientamento deriva il convincimento che la disposizione dell’art. 1337 c.c. sia, al pari di quelle degli artt. 1175 e 1375 c.c., norma meramente precettiva o imperativa positiva, dettata a tutela ed a limitazione degli interessi privatistici nella formazione ed esecuzione dei contratti, e non può, perciò, essere inclusa tra le “norme imperative”, aventi invece contenuto proibitivo, considerate dall’art. 1418 c.c., comma 1 la cui violazione determina la nullità del contratto. Fuori dell’ipotesi di responsabilità precontrattuale (che si ha quando una parte receda dalle trattative dopo aver determinato nell’altra l’affidamento sulla conclusione del contratto), la violazione dell’obbligo generico di comportarsi secondo buona fede non implica né responsabilità civile, né invalidità del contratto, ove il comportamento scorretto non integri una determinata ipotesi legale cui sia connessa quella specifica sanzione civilistica, come confermato anche dalla disciplina dettata, in tema di dolo, dagli art. 1439 e 1440 c.c.
8.23. Per quanto riguarda la determinazione del danno, in caso di comportamenti precontrattuali od esecutivi illegittimi, qualora esso derivi da un contratto valido ed efficace ma sconveniente, il risarcimento deve essere ragguagliato al minor vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle partì, salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto.
8.24. Sul solco della citata pronuncia, si pone Cass. N. 2497/2005 che consolida la tesi della compatibilità tra validità del contratto e responsabilità ex art. 1337 c.c. Anche in tale decisione, si afferma che, in caso di comportamenti scorretti, il risarcimento va ragguagliato al minor vantaggio o al maggior aggravio economico determinato dal comportamento scorretto (Cassazione civile sez. III, 08/10/2008, n. 24795).
8.25. Successivamente, le Sezioni Unite, sia pur in un obiter dictum, hanno consolidato l’orientamento che estende la responsabilità precontrattuale anche all’ipotesi della conclusione di un valido contratto (Cass. 19.12.2007, n. 26724).
8.26. Si è giunti, quindi, in tempi più recenti ad affermare funditus che la regola posta dall’art. 1337 c.c. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale e che la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell’altrui comportamento scorretto (Cassazione civile sez. I, 23/03/2016, n. 5762; Cassazione civile sez. VI, 21/10/2013, n. 23873).
8.27. Può dirsi quindi assodato che la responsabilità precontrattuale non viene più considerata come un insieme chiuso di ipotesi sanzionatorie rigidamente predeterminate bensì come uno strumento flessibile per sanzionare comportamenti scorretti anche in presenza di un contratto valido ma svantaggioso, concluso a causa di una condotta sleale che non si traduce in dolo ma in un comportamento non conforme a buona fede.
8.28. Attraverso tale ricostruzione, vengono abbattuti i limiti dell’interesse negativo sicché il risarcimento va commisurato al “minor vantaggio o al maggior aggravio economico rispetto alle condizioni diverse a cui sarebbe stato stipulato il contratto, senza l’interferenza del comportamento scorretto di una delle parti e comunque avendo riguardo a tutti i danni collegati a tale comportamento da un rapporto conseguenziale e diretto.
8.29. E’ rimesso al giudice di merito l’accertamento in fatto della responsabilità della parte alla quale sia imputabile il comportamento scorretto o l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso.
8.30. Nel caso di specie, la corte di merito ha accertato che l’Istituto di credito, con ripetute note trasmesse all’indirizzo dell’avvocato prospettò l’ipotesi di una crescita del fatturato e si complimentò con il professionista per i risultati raggiunti nel sistema di indicatori di rating, che erano i più alti nel foro di appartenenza, creando nel professionista una ragionevole aspettativa di ricevere ulteriori incarichi.
8.31. In particolare, con la corrispondenza antecedente alla stipula della convenzione e, segnatamente con la nota del 7.3.2008, l’Unicredit s.p.a. prospettò all’Avv. C.C. che l’adesione alla convenzione avrebbe potuto determinare una prospettiva di maggiore affluenza del contenzioso affidato dall’istituto bancario. Del medesimo tenore erano le note trasmesse dopo la stipula dell’accordo- convenzione sicché, secondo l’apprezzamento della corte di merito, non era ravvisabile in nessuno di tali documenti un atto di integrazione dell’accordo che obbligasse la banca a conferire ulteriori incarichi né tale obbligo era rinvenibile nel testo del contratto. L’accordo -convenzione era uno strumento operativo che consentiva al professionista di colloquiare costantemente con la banca sicché la circostanza che l’Unicredit s.p.a. non avesse conferito ulteriori incarichi non costituiva inadempimento contrattuale.
8.32. Nondimeno, il comportamento dell’istituto di credito integrava un’ipotesi di responsabilità precontrattuale per violazione del principio di buona fede, in quanto con ripetute note indirizzate all’avvocato veniva prospettata una crescita del fatturato e, dopo la sottoscrizione dell’accordo, veniva riconosciuto l’ottimo risultato raggiunto secondo gli standard previsti dall’istituto di credito, che dispensava elogi al professionista per il rating raggiunto.
8.33. Detti comportamenti, anteriori e successivi all’accordo, erano idonei a generare una concreta aspettativa di collaborazione e, quindi, di opportunità di lavoro, grazie ad una riorganizzazione dello studio professionale sicché la mancata assegnazione di ulteriori pratiche, senza alcuna plausibile giustificazione e nonostante le ripetute promesse, possono dirsi idonee ad integrare la violazione dell’art. 1337 c.c.
8.34. Furono i comportamenti scorretti dell’Unicredit Management Bank s.p.a. ad indurre l’Avv. C.C. alla riduzione dei compensi professionali in relazione agli incarichi affidati in vista della promessa di conferimento di nuovi incarichi, giustificati dal raggiungimento degli standard richiesti dall’Istituto e dal più alto rating del foro di appartenenza.
8.35. Alla luce di tale accertamento, è irrilevante che la violazione del dovere di buona fede sia intervenuto cronologicamente a valle e non a monte della conclusione per escludere la responsabilità, anche in caso di comportamenti scorretti in costanza o in epoca successiva alla conclusione del contratto.
8.36. Corretta è stata altresì la determinazione del risarcimento del danno nei limiti dell’interesse negativo, tenendo conto del contenuto più oneroso dell’accordo-convenzione stipulato in seguito al comportamento scorretto della banca e dell’aggravio dell’attività professionale richiesta in vista del raggiungimento del rating migliore.
8.37. La liquidazione del danno è avvenuto sulla base del criterio equitativo ed è stato parametrato alla metà del fatturato delle prestazioni riscosse negli anni 2005-2007, considerando il minor reddito rinveniente dalle pratiche già assegnate ed il mancato realizzo reddituale conseguente alla legittima aspettativa del conferimento di nuovi incarichi.
8.29. La corte di merito si è quindi conformata al principio secondo cui, in tema di responsabilità precontrattuale, qualora il danno derivi da un contratto valido ed efficace ma sconveniente, il risarcimento deve essere ragguagliato al minor vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti, salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto.
9. Con il quarto motivo del ricorso principale, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 relativo al rimborso della somma di Euro 20.000,00 per trasformare gli atti dei fascicoli in files informatici anche sotto il profilo dell’indebito arricchimento.
9.1. Il motivo non è fondato.
9.2. La corte di merito ha motivato sulla domanda relativa alla richiesta di rimborso delle spese sostenute per trasformare gli atti dei fascicoli in files informatici, ritenendo che si trattasse di un obbligo rientrante nella convenzione, sicché non è ravvisabile alcun vizio motivazionale, neanche sotto il profilo dell’indebito arricchimento, escluso dall’esistenza di un accordo negoziale.
10. Vanno quindi rigettati sia il ricorso principale che il ricorso incidentale”.
11. Attesa la reciproca soccombenza, le spese di lite vanno interamente compensate tra le parti.
12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 27 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022
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