Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.7192 del 04/03/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28977/2019 proposto da:

ZURICH INSURANCE PLC, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Roma Via Monte Zebio 28, giuseppeciliberti.ordineavvocatiroma.org;

– ricorrente –

contro

ARVAL SERVICE LEASE SPA,

– intimata –

e contro

B.F., P.F.V., P.V., rappresentati e difesi dagli avvocati IGNAZIO FILI’, e GIANCARLO MARINIELLO, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma Viale Mazzini 55;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4631/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/11/2021 da Dott. MOSCARINI ANNA.

CONSIDERATO

che:

1. B.F., in proprio e in qualità di esercente la potestà genitoriale sui figli minori P.V.F. e P.V., a seguito di incidente stradale occorso al marito P.G., investito da una Mercedes condotta da S.S., di proprietà della società Arval Service Lease Italia S.p.A (di seguito Arval) e assicurata con la Zurich Insurance Plc (di seguito Zurich), convenne i predetti responsabili davanti al Tribunale di Roma per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni patiti dal congiunto, colpito da lesioni gravissime, entrato in coma e deceduto dopo 22 mesi di agonia.

Si costituirono in giudizio la Zurich e la Arval, le quali, pur non contestando la responsabilità del conducente dell’autovettura nella causazione del sinistro, eccepirono il concorso di colpa del P. e, precisato di aver offerto ai sensi del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 148, delle somme a titolo di provvisionale, chiesero al Tribunale di accertare che null’altro fosse dovuto agli attori.

2. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 18851/2013, ritenuto il concorso di colpa del S. e del P. nella causazione del sinistro e dato atto che, in sede stragiudiziale, la Zurich aveva corrisposto agli attori la somma di Euro 750.000,00, dichiarò che questi ultimi erano già stati interamente risarciti e condannò le società convenute, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite, compensate nella misura della metà.

3. A seguito di appello della B., nel quale si costituì la sola Zurich, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza dell’8/7/2019 in accoglimento del gravame e per quanto ancora qui di interesse, statuì quanto segue:

a) dichiarò l’esclusiva responsabilità del S. nella causazione del sinistro, per aver tenuto una velocità non consona allo stato dei luoghi e per non aver osservato l’art. 191 C.d.S., non consentendo al pedone, che aveva iniziato l’attraversamento in un luogo sprovvisto di attraversamenti pedonali, di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza;

b) ritenne essersi formato il giudicato interno sulla quantificazione del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale e sul danno biologico terminale per un ammontare, comprensivo delle spese funerarie, di Euro 499.370,97, quale derivante dall’abbattimento del 50% dovuto alla concorsualità;

c) calcolò il danno differenziale per lesione del rapporto parentale raddoppiando quello già liquidato in primo grado, in ragione dell’accertata responsabilità esclusiva del S. nella produzione del sinistro e dunque del venir meno della concorsualità;

d) quanto al danno da perdita della capacità di lavoro specifica, accertato che il P. era disoccupato al momento del sinistro, liquidò una somma per ciascuno degli attori prendendo a base il triplo della pensione sociale, ai sensi dell’art. 137, comma 2 del Codice delle Assicurazioni, ed applicando un coefficiente di capitalizzazione corrispondente, per la moglie, all’età della vittima (essendo i coniugi coetanei) e, per i figli, agli anni in cui avrebbero usufruito del reddito paterno prima di rendersi indipendenti;

e) liquidò una somma a titolo di danno biologico iure proprio in favore di tutti i congiunti, e una somma differenziale a titolo di spese mediche e funerarie;

f) condannò i convenuti in solido alle spese del doppio grado.

4. Avverso la sentenza, la Zurich ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.

B.F., P.V. e P.V.F. hanno resistito con controricorso.

5. La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, in vista della quale parte resistente ha depositato memoria ex 378 c.p.c..

RITENUTO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si censura l’impugnata sentenza nella parte in cui, pur dando atto della statuizione del primo giudice in ordine all’avvenuto pagamento in sede stragiudiziale di Euro 750.000,00, avrebbe poi omesso di decurtare tale somma dalla quantificazione complessiva del danno.

2. Con il secondo motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si deduce l’erroneità dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto che, in difetto di specifico gravame da parte della compagnia di assicurazioni, si fosse formato giudicato interno sulla seguente statuizione del primo giudice “poiché l’assicurazione ha già pagato agli attori la superiore somma di Euro 750.000, compresi Euro 100.000 erogati in data 7/3/2013, la quale deve essere attualizzata calcolando gli interessi e la rivalutazione monetaria…gli attori sono stati integralmente risarciti”.

Ad avviso della ricorrente non si sarebbe formato alcun giudicato interno in quanto l’affermazione del giudice di primo grado era stata impugnata dagli attuali resistenti chiedendo la riforma della sentenza sia in punto di responsabilità sia in punto di quantum.

La Corte territoriale, provvedendo al nuovo accertamento sia in ordine all’an sia in ordine al quantum, non essendosi formato alcun giudicato interno, avrebbe dovuto ricalcolare l’intero danno, provvedendo sì al danno differenziale, ma decurtando dal totale ottenuto dalla sommatoria dei diversi importi, quello già versato a titolo di provvisionale.

1-2 I motivi possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione e sono entrambi fondati nei sensi di cui in motivazione. Ragioni di priorità logico-giuridica impongono di soffermarsi innanzitutto sugli aspetti di natura procedurale scaturenti dall’affermazione secondo cui, non essendosi specificamente impugnata la statuizione “gli attori sono stati integralmente risarciti”, sul punto si sarebbe formato il giudicato interno. Al riguardo, occorre dare conto che, come emerge dalla sentenza impugnata, nella quale vengono trascritti ampi brani della decisione di primo grado, il Tribunale di Roma, dopo aver quantificato il danno da risarcire in complessivi Euro 499.370,97, aveva affermato che, poiché l’assicurazione aveva già pagato agli attori la superiore somma di Euro 750.000,00, questi ultimi dovevano considerarsi integralmente risarciti.

La tesi sostenuta nell’impugnata sentenza, secondo cui, non essendovi stata impugnazione da parte della Zurich su tale specifico aspetto, sul punto si sarebbe formato il giudicato, va disattesa perché, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, il giudicato interno può formarsi solo su un capo non impugnato della decisione, capace di comportare una parziale soccombenza della parte, con conseguente necessità della relativa impugnazione, e non già su un argomento, sia pure di rilievo, posto nella sentenza impugnata a sostegno della decisione: e, invero, costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato, anche interno, quello che risolva una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente; la suddetta autonomia non solo manca nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verta in tema di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorra a formare un capo unico della decisione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. I, sent. n. 21566/2017).

Avuto riguardo ai complessivi aspetti della vicenda in esame, il pagamento in sede stragiudiziale costituisce una mera premessa logica della statuizione relativa alla liquidazione del quantum risarcitorio, ragion per cui, essendo stata detta statuizione specificamente appellata dai congiunti del P., non si era formato alcun giudicato su detta premessa, non configurabile di certo come un capo autonomo della decisione; peraltro, sul punto nemmeno era ravvisabile alcuna soccombenza, ancorché parziale, della Zurich, la quale si era limitata a dare conto dell’avvenuto pagamento della somma di Euro 750.000,00, chiedendo soltanto che tale somma fosse dichiarata integralmente satisfattiva (richiesta poi accolta dal Tribunale, il quale, nel dispositivo della sentenza di primo grado, aveva, infatti, espressamente dichiarato “gli attori già integralmente risarciti”).

1-2.2 Una volta chiarito come sul punto non si fosse formato giudicato interno, in ordine al primo motivo di ricorso deve osservarsi che, in effetti, qualora, prima della liquidazione definitiva del danno da fatto illecito, venga versato un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio, attraverso un’operazione che consiste, preliminarmente, nel rendere omogenei entrambi (vuoi devalutandoli alla data dell’illecito, vuoi rivalutandoli alla data della liquidazione), per poi detrarre l’acconto dal credito e infine calcolare gli interessi compensativi – finalizzati a risarcire il danno da ritardato adempimento – sull’intero capitale, per il periodo che va dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, e solo sulla somma che residua dopo la detrazione dell’acconto rivalutato, per il periodo che va dal suo pagamento fino alla liquidazione definitiva (cfr., da ultimo, Cass., Sez. I, sent. n. 24539/2016).

Nel caso in esame, la Corte territoriale ha, invece, omesso di considerare il menzionato versamento, documentato agli atti e neppure contestato dall’interessata, sicché si sono poste le premesse per una mera duplicazione del risarcimento, in contrasto con il principio indennitario che regola la materia de quo, per il quale l’illecito subito non può costituire occasione di profitto e locupletazione indebiti.

1-2.3 Tanto premesso, e previa riqualificazione delle suddette censure sub art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deve quindi constatarsene la fondatezza nel senso esposto: la corte di merito, in sede di rinvio, dovrà calcolare il danno differenziale, rispetto a quanto liquidato in primo grado, detratto l’acconto e, su tale somma calcolare gli accessori nel senso esposto.

3. Con il terzo motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 e 2056 c.c. e R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si deduce l’erroneità dell’impugnata sentenza, assumendo che la Corte territoriale abbia proceduto alla liquidazione del danno futuro nei riguardi di P.V. e V.F. adottando un criterio puramente equitativo, senza tenere conto del coefficiente di capitalizzazione anticipata ovvero, in alternativa, del cd. montante di anticipazione.

4. Con il quarto motivo di ricorso – violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si invoca la nullità della sentenza per carenza di motivazione in ordine al criterio adottato per la liquidazione del danno futuro in favore dei figli, con riferimento alla mancata applicazione della capitalizzazione anticipata.

3-4 I suddetti motivi possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione e sono fondati nei limiti di quanto di seguito indicato.

Con essi la società ricorrente lamenta la sovrastima del danno patrimoniale da lucro cessante liquidato ai due figli della vittima.

Sostiene che tale danno è un danno futuro e che, all’atto di liquidazione all’attualità di un danno futuro, la Corte d’Appello avrebbe dovuto tener conto del c.d. montante di anticipazione, e cioè del vantaggio finanziario che il creditore realizza nell’incassare oggi il risarcimento di un danno che egli avrebbe patito soltanto fra n anni.

Il danno permanente futuro, consistente nella necessità di sostenere una spesa periodica vita natural durante (nella specie, per assistenza domiciliare), non può essere liquidato attraverso la semplice moltiplicazione della spesa annua per il numero di anni di vita stimata della vittima, ma va liquidato o in forma di rendita, oppure moltiplicando il danno annuo per il numero di anni per cui verrà sopportato, e, quindi, abbattendo il risultato in base ad coefficiente di anticipazione, ovvero, infine, attraverso il metodo della capitalizzazione, consistente nel moltiplicare il danno annuo per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie. (Sez. 3, Sentenza n. 7774 del 20/04/2016, Rv. 639495 – 01; Sez. 3 -, Sentenza n. 13881 del 06/07/2020 (Rv. 658310 – 02) Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17735 del 2019.

La Corte d’Appello ha applicato il primo dei due criteri solo per la moglie ma li ha, invero, del tutto disattesi quanto ai figli.

La scelta della Corte territoriale di liquidare il danno de quo senza tenere conto del coefficiente di capitalizzazione anticipata ovvero del cd. montante di anticipazione deve, pertanto, essere censurata, con la conseguente cassazione, in parte qua, dell’impugnata sentenza e rinvio della causa per nuovo esame.

5. Con il quinto motivo di ricorso – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043,2056,2059 e 2697 c.c., il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si deduce l’erroneità dell’impugnata sentenza laddove ha ritenuto ricorressero le condizioni per far luogo alla personalizzazione del danno biologico iure proprio: invero, i ricorrenti non avrebbero fornito alcuna prova circa il carattere eccezionale e anomalo del pregiudizio subito in conseguenza dell’evento dannoso, essendosi esclusivamente limitati ad allegarlo nel giudizio di primo grado, e la sentenza, limitandosi ad affermare apoditticamente i presupposti per la personalizzazione, avrebbe violato le norme indicate in epigrafe e contrastato il consolidato orientamento di questa Corte.

6. Con il sesto motivo di ricorso – violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si invoca la nullità della sentenza per carenza di motivazione in ordine all’applicazione della personalizzazione a ciascun danneggiato. La sentenza, presentando una motivazione apodittica e meramente apparente, contrasterebbe con il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale il giudice può procedere alla personalizzazione e incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio solo con motivazione analitica e non stereotipata.

5-6 Il quinto e il sesto motivo possono essere trattati congiuntamente, per connessione e sono fondati nei sensi di seguito specificati.

Va premesso che, in presenza di un danno permanente alla salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico e di un’ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale: ovverosia il danno dinamico-relazionale).

Pertanto, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale ed affatto peculiari, ovverosia in presenza di menomazioni che non sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, ma sono state patìte solo dal singolo danneggiato nel caso specifico, a causa delle peculiarità del caso concreto.

Non rileva, quale aspetto della vita della vittima sia stato compromesso, ai fini della personalizzazione del risarcimento, ma rileva, invece, che quella conseguenza sia straordinaria e non ordinaria, perché solo in tal caso essa non sarà ricompresa nel pregiudizio espresso dal grado percentuale di invalidità permanente, consentendo al giudice di procedere alla relativa personalizzazione in sede di liquidazione.

Al riguardo, questa Corte ha altresì chiarito che, soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali, tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, mediante motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (cfr., da ultimo, Cass., 6-3, n. 5865 del 4/3/2021).

Nel caso di specie, la menomazione concreta è rappresentata da un disturbo depressivo maggiore cronico, che ha determinato postumi permanenti nella misura del 20% a carico di B.F., nella misura del 10% a carico di P.V. e nella misura del 15% a carico di P.V.F.: su tali presupposti, la Corte territoriale ha riconosciuto una personalizzazione del 39% nei confronti di B.F. e del 49% sia nei confronti di P.V. che di P.V.F..

Deve rilevarsi come la Corte territoriale abbia fatto luogo alla massima personalizzazione del danno in difetto di una specifica motivazione, che avrebbe dovuto essere adottata sulla base dei principi espressi in premessa, al fine di giustificare, in primo luogo, la ragione per la quale quel pregiudizio non risultava già assorbito nel punto percentuale del danno biologico e, in secondo luogo, i criteri sottesi ad una personalizzazione così significativa.

Di ciò dovrà farsi carico il giudice del rinvio, il quale dovrà tenere in conto che le circostanze di fatto che giustificano la personalizzazione del risarcimento del danno non patrimoniale integrano un fatto costitutivo della pretesa e devono essere allegate in modo circostanziato e provate dagli originari attori (con ogni mezzo di prova, e quindi anche attraverso il ricorso al notorio, alle massime di comune esperienza e alle presunzioni semplici, come già ritenuto Cass., Sez. U., sent. n. 26972/2008), senza potersi risolvere in mere enunciazioni generiche, astratte o ipotetiche.

Il giudice del rinvio, inoltre, nel valutare le circostanze di fatto, sanerà le carenze motivazionali da cui è affetta la sentenza impugnata e, quindi, ove intenda personalizzare il risarcimento del danno non patrimoniale, indicherà analiticamente le circostanze che giustificano la personalizzazione, spiegando per quali ragioni esse non ricorrano nei casi consimili di invalidità dello stesso grado.

7. Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione, la sentenza va, in parte qua, cassata e la causa rinviata, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa, in parte qua, l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 29 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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